Poggiani: ‘Area Donna oscura il destino dell’ospedale’

21 Marzo 2022

Tutto previsto: il dibattito sul destino dell’Ospedale di Cremona, vero macigno che incombe sulla città e sul territorio, viene di fatto oscurato dalla mobilitazione per il ‘problema Area Donna’. Il tutto, visto dall’esterno, sembra il tentativo di utilizzare la legittima preoccupazione di alcune donne e associazioni per garantire il mantenimento di alcune attuali rendite di posizione. Se le motivazioni addotte per sostenere l’attuale  struttura sono infatti quelle relative ad una condizione psicologica più favorevole (il “nido”), allora andrebbe ricordato che un nido vero e proprio ce l’avevamo, si chiamava TIN (Terapia Intensiva Neonatale) e ce lo siamo lasciato scippare. Di più, la TIN non era solamente un ‘nido’ ma era riuscita ad raggiungere risultati oggettivi importanti: la sopravvivenza dei neonati critici superiore alla media nazionale oppure gli effetti, misurabili, sugli esiti dei piccoli pazienti (morbidità) in linea con gli standard internazionali. A proposito, che fine han fatto le “regole” regionali visto che in Lombardia, contro una legge che dovrebbe essere uguale per tutti e non solo per l’Oglio Po, operano tuttora diversi centri nascita ampiamente sotto la soglia minima di 500 nati/anno?

La domanda reale è quindi quali risultati in termini di salute sia in grado di fornire  l’attuale “Area Donna”, se si tratti insomma di un’eccellenza basata su dati oggettivi oppure solamente percepiti. Perché, al di là del concetto di “nido”, in ospedale si va di solito  per guarire e comunque per essere curati al meglio delle possibilità, non per ammirare una struttura edilizia certificata. A questo proposito pare opportuno chiarire che ogni certificazione di qualità garantisce che la procedura per la produzione di un prodotto rispetta le norme redatte dall’organizzazione internazionale, ma non che il prodotto finale sia qualitativamente elevato. La Certificazione di qualità non certifica quindi l’esito finale delle prestazioni (quante guarigioni o quanti decessi). In campo sanitario/ospedaliero un reparto dotato di certificazione garantisce che tutte le procedure assistenziali siano  conformi agli standard richiesti, non l’esito della cura. Vale per tutte l’esperienza di un Laboratorio specialistico ospedaliero in possesso di numerose certificazioni di eccellenza che ha clamorosamente confermato il fatto che la certificazione di qualità è cosa ben diversa dalla qualità del risultato finale. Spiace dover ribadire alcuni concetti, ma in assenza di riscontri oggettivi (ATS, se ci sei batti un colpo) è davvero molto difficile ricondurre i problemi, presenti e futuri, della sanità cremonese alle motivazioni della mobilitazione attuale. Anche perché l’attuale palcoscenico, calcato ormai da troppi protagonisti, sta alzando un sacco di polvere che rischia di nascondere le vere intenzioni

regionali: sorge il dubbio che  continueremo a goderci un’area donna (con personale ridotto, con poca attività e outcome incerti) felicemente collocata in un ospedalino di campagna, nuovo, destinato a smistare pazienti in altre strutture (magari private).

 

Carlo Poggiani

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