Cremona, Provincia alla faccia della solidarietà

11 Aprile 2021

Polo, un buco con la menta intorno. La pubblicità è datata, ma ha funzionato a meraviglia e le caramelle sono state un successo. Oggi sono quasi introvabili, ma lo slogan con un piccolo aggiornamento può essere riciclato.
Provincia, un buco con il nulla intorno. Non profuma di menta, ma odora di polvere e di muffa. Di vecchio e stantio. Di abbandono.
La legge Del Rio ha provato a distruggerla senza riuscire a raderla al suolo, ma lo scampato pericolo, a Cremona, non ha innescato l’orgoglio della ricostruzione. Al contrario, ha sviluppato l’impulso al completamento del lavoro dell’ex ministro. E’ un dubbio, non una certezza e neppure un pregiudizio. E’ una constatazione.
La Provincia ha perso la bussola e la stella polare è coperta dalle nuvole. Naviga a vista. Improvvisa e promette. Non sempre mantiene. Sbaglia rotta, s’incaglia. Rischia di schiantarsi contro gli scogli.
Spera che Dio – o chi per lui – la mandi buona, ma si scorda che nessuno lavora gratis e un minimo di collaborazione anche la fortuna lo pretende.
Al «furore di vivere per difendersi dalla scomparsa del futuro» (rapporto Censis 2019) la provincia di Cremona ha sostituito il furore di morire. E’ nichilista. Forse depressa. Arruffona e disorientata. E’ un’opinione, non la verità.
La nostra provincia non possiede le stimmate del vincente. Appare sulla stampa cartacea e digitale. Promuove e partecipa a incontri e tavoli di confronto. Si agita. Produce poco. Traccheggia. Cincischia. S’impegna, ma non arriva prima. Neanche seconda o terza. E’ ricca di buone intenzioni, che sono l’anticamera del peccato. E’ una valutazione, non la pistola fumante.
Alla fine di marzo l’ultimo harakiri.
L’amministrazione provinciale invia ai Comuni la proposta per la costituzione di un’associazione temporanea di scopo e mandato collettivo speciale con rappresentanza mirata a promuovere il territorio in relazione al Masterplan 3C. Un titolo impegnativo che un sindaco ci mette un paio di minuti per capire l’argomento. Ma non è il caso di sottilizzare.
L’idea, ottima e condivisibile, si trasforma in un condensato di errori da raccogliere in un bigino utile ai pubblici amministratori. Un promemoria da consultare per evitare situazioni imbarazzanti.
Paradigma di pressapochismo e superficialità, l’iniziativa divide il territorio, invece di unirlo. Inverte il principio secondo il quale i più grandi aiutano i più piccoli. E’ la solidarietà al contrario. In alternativa, è un esempio di arroganza, ma è da escludere perché concederebbe ai protagonisti un’importanza eccessiva e non corrispondente alla realtà.
Si è trattato di una banale ingenuità da archiviare con un movimento della testa e un lasciamo perdere che sega la speranza di una progettualità lungimirante e concreta. Una leggerezza che affossa ogni scampolo di ottimismo, induce a ripiegare su se stessi, a badare ai fatti propri, a curare il particolare e a dimenticare ogni ideale.
La proposta, improvvisa e inaspettata, giunge ai Comuni alle 12,32 di venerdì 26 marzo accompagnata dalla richiesta di aderire con risposta scritta entro il 2 aprile. Sette giorni. D’accordo, per creare il mondo il Padreterno ne ha impiegati sei e il settimo si è riposato, ma appartiene ad un’altra categoria, diversa da quella dei sindaci e la Provincia dovrebbe saperlo. Oppure vive nello spazio virtuale dei cloud e allora il suo comportamento è più che comprensibile, ma non giustificabile.
Sette giorni per capire, valutare, convocare la giunta e approvare. Sette giorni per discutere di un argomento che pochi sindaci conoscono. Masterplan 3C chi è costui?
Nel documento da sottoscrivere viene precisato che l’adesione comporta una quota di mille euro per i Comuni al di sotto dei 5mila abitanti. Di 2mila per quelli compresi tra i 5mila e 10mila abitanti. Di 3mila per enti superiori ai 10 mila abitanti.
Quattro calcoli bastano e avanzano per scoprire che un Comune di mille persone deve contribuire con 1 euro pro capite. Uno di 10 mila con 0,20 euro. Uno di 20 mila 0,15 euro.
Crema, che conta 34.600 anime, si ferma 0,086 euro pro capite. Cremona con 71.400 cittadini scende a 0,042 euro.
Un Comune di mille cittadini pagherebbe pro capite 11,6 volte in più di Crema e 23,8 più di Cremona.
Che altro si vuole ancora dai piccoli Comuni? I dischi di Little Tony, direbbe Iannacci: «Gli han portato via la casa, il cascinale, la mucca, il violino, la scatola di kaki, la radio a transistor, i dischi di Little Tony».
Dal 2 aprile sono trascorsi una decina di giorni e nessuno ha comunicato quanti Comuni abbiano aderito alla nuova associazione.
Un fatto è incontrovertibile, parecchi sindaci, soprattutto del Cremasco, non hanno firmato l’accordo. Forza Italia ha dissentito, Fratelli d’Italia non si è mostrata entusiasta. La Lega non si è espressa ufficialmente. Del Pd non è dato a sapere. Ancora una volta il territorio si è mosso in ordine sparso, il modo migliore per scendere all’inferno.
Il cerino è in mano alla Provincia. Cosa fa? Prosegue con i fedelissimi o rivede la questione?
E’ stata un’occasione persa. Una delle tante.
Questo passa il convento. Inutile e ipocrita meravigliarsi. Sterile deprecare sottovoce e rimanere al palo. Il cambiamento fa rima con movimento. Non c’è evoluzione senza azione. Essere insoddisfatti, ma restare muti e inerti merita lo stesso mitico giudizio di Fantozzi per La corazzata Potemkin. E’ l’aspetto scatologico della politica. Quello che fa dire: la nostra provincia è un buco con intorno il nulla. Purtroppo.

3 risposte

  1. Qualche anno fa in occasione di un incontro fra Ascom CR è il prescindente CCIA Auricchio avevo suggerito di cedere l’autonomia della Camera di Commercio aggregando Cremona a Brescia alla luce del fatto che tutta la provincia di CR confina con BS. L’allora presidente della CCIA di BS era Bettoni Francesco, cremonese di Scandolara R.O. Neanche presa in considerazione si sta cercando tuttora un’alleanza con MN per conservare poltrone inutili. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

  2. Non sempre concordo con Grassi, in questo caso non ha torto: serve che lo sforzo sia quanto più condiviso possibile e per questo serve più coinvolgimento. Indubbiamente la questione pandemia e attività “a corollario” hanno aggiunto cose da presidiare ma è indubbio che la volontà di tenere insieme tutti ci deve essere. La questione delle date così stringenti, credo dipenda dagli uffici e non da una volontà politica però è anche con questo tipo ti accogimenti, giustamente, che si può creare più o meno “consenso” rispetto all’iniziativa. Detto questo si può provare a “starci” e a stare insieme? Vediamo chi e come è disposto a prendersi in carico questo sforzo che può essere solo che “condiviso”, corale. Sarebbe interessante aprire un confronto serrato anche a distanza senza la paura di esporsi, visto che ci sarebbe solo da guadagnarci o recuperare il terreno perso. Poi, ci starebbero tante cose e tanti limiti che ha mostrato la politica e chi la fa. Io sono ben disposto a prendermi il mio carico ma da solo non andrei da nessuna parte: serve ancora che lo si faccia tutti? Questa è la domanda che pongo.

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