Spot tv, quelle indossatrici così lontane dalla realtà

22 Maggio 2022

Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. E’ vero, vecchio adagio incontestabile che ci ricorda il valore del giudizio soggettivo. Ma di fronte al Bello, anche la più sincera soggettività è destinata a soccombere. E’ il caso dello spot Intimissimi 2022: bella location, refrain suadente, belle mannequin. Bello tutto. E il prodotto da vendere? Devo dire con franchezza che Pollicino ha scoperto solo da poco che quello spot commercializza una nota marca di intimo per signora. E’ sempre lei, la Piera, che me lo ha fatto notare quando ha visto che mi stavo ingrifando… “Ti faccio una bella camomilla” – dice la Piera – “così ti metti un po’ tranquillo. E poi la devi smettere di guardare quelle cose, che ti fanno male”. E’ vero, ha ragione la Piera. Dopo una certa età restano solo gli occhi per guardare, ma il dolore è sempre molto forte… Gli occhi, noi maschi dobbiamo arrenderci alla sincerità, in quello spot scivolano oltre l’intimo. Così che al termine della pubblicità (trenta secondi sono troppo pochi) di quel prodotto ce ne siamo dimenticati. Come se il prodotto fosse stato ammantato da un velo d’ombra. Ci ricordiamo fin troppo bene delle graziose mannequin che la natura ha gratificato con generosità, ci ricordiamo le calde note musicali e la location. Ma null’altro.

Sarebbe interessante conoscere ciò che accade in un negozio di intimi. Andiamo per campione.
1. Se è il maschio che fa questo genere di acquisto (di solito, non destinato alla moglie…) quando
arriva in negozio ha l’aria di chi è imbarazzato; e, per farsi capire, avendo vergognosamente
rimosso il nome del marchio commerciale, arriva a spiegarsi con la commessa dicendo solo che si
ricorda bene di “quattro gnocche” viste in tivù. La commessa, comprensiva e navigata, ammicca,
capisce, ricorda il prodotto e accontenta il cliente.
2. Se il cliente fosse una donna se ne fregherebbe totalmente sia dello spot in tivù, sia delle “quattro gnocche” e andrebbe dritta al problema: col nome e cognome di quell’intimo. Se poi la commessa non avesse ancora capito bene a cosa la cliente si riferisca, potrebbe essere necessario un ulteriore dettaglio: “No, mi dispiace, quel prodotto è andato benissimo e non ne abbiamo più in negozio” – risponde con cortesia la commessa – “però se vuole posso farle vedere un prodotto simile. Quello che ha comprato suo marito non era di suo gradimento?”. Ormai il danno è fatto. Povero marito.
3. Se il regalo è destinato alla giovane morosa di turno, potrebbe nascere qualche piccolo problema perché in tanti casi prodotto e target possono essere distanti anni luce. Cerchi un intimo ma poi ti accorgi che si adatterebbe meglio a tua mamma… “Non si lasci prendere dallo sconforto – lo rincuora la commessa – “mi dica solo a quale delle quattro “signorine” dello spot potrebbe
assomigliare la sua morosa, così potrei indicarle il prodotto più adatto”. Dopo qualche minuto di
silenzio la commessa riprende: “Perdoni, non c’è nessuna che assomigli alla sua morosa?”. “No” –
risponde sicuro il giovane cliente – “è la mia morosa che non assomiglia a nessuna di quelle,
purtroppo”. Viva la sincerità.

Potenza della pubblicità. E anche di qualcos’altro. Il cosiddetto sesso “debole” vende sempre bene. Anzi, benissimo. Alla faccia del “debole”.

Pollicino

PS: Pollicino dichiara di non avere conflitti di interesse con il marchio Intimissimi® (e, sfortunatamente, neppure con nessuna delle graziose maniken).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *