Spuntano Mazze a Cremona: la follia di distruggere i funghi (e i parchi urbani)

20 Dicembre 2022

Il caso volle che ieri, 19 dicembre 2022, allungai l’occhio oltre il marciapiede che mi accingevo a salire per lavoro, e tra l’erba presso piante di platano, Hedera Lamium e Stellaria, vidi spuntare una testa di fungo. Mi avvicinai e scoprii una meraviglia, non molto comune e non ancora vista da me quest’anno, vuoi per la prolungata siccità autunnale, vuoi per il poco tempo disponibile da parte mia per la ricerca. Si tratta di una specie padana di Mazza di tamburo, adattata a crescere presso abitazioni (ruderale). A parlare di Mazze subito il pensiero corre alla loro presunta commestibilità, eppure non c’è modo peggiore per accostarsi al mondo fantastico dei funghi. Peggiore e deleterio, perché i funghi non solo non sono stati “creati” per essere messi nella pancia dell’uomo, ma anche perché il “pregiudizio” della commestibilità ha portato a gravi danni alla salute umana, di cui anche il fungo in questione è stato responsabile. Donde il nome scientifico Macrolepiota Venenata (Jacob Bon) ora sostituito da quello di Chlorophyllum Venenatum (Bon) C.Lange e Vellinga 2008. E’ evidente l’associazione nel nome di specie “Venenatum/ta” con la tossicità del fungo che acquista un significato preminente nel caso in questione, visto il rilievo che le è stato dato nella denominazione. Eppure siamo abituati a ben altre Mazze, la più famosa di tutte, la Macrolepiota Procera, dal cappello ampio e ricoperto di squame concentriche, e dal gambo lungo e tipicamente zebrato, pressoché esclusiva di ambienti collinari e montani. Questa, al contrario, ha un gambo liscio, che vira al rosso se manipolato, come la carne, ed una minor statura. Tipico anche il cappello ricoperto da una vistosa lanugine bianca che deborda dall’orlo e compare quando la superficie bruna che inizialmente lo ricopre interamente, come ben si vede nell’esemplare piccolo, man mano che il fungo cresce si dissocia in squame irregolari , che lasciano emergere la superficie bianca sottostante. Altro carattere del fungo è il bulbo basale del gambo, tipicamente marginato che è ritenuto peculiare della specie.

Perché parlare di questo fungo? Per stimolare un modo diverso di guardare, di capire la natura: i suoi intrighi, la sua poesia ed anche i danni associati dell’uomo. Già ho accennato al pregiudizio della commestibilità: il fatto di confonderlo con la Mazza classica, può portare incautamente ad assumerlo. Ne conseguono generalmente sindromi gastroenteriche solitamente a decorso benigno, caratterizzate da vomito, diarrea a poche ore dall’assunzione, ma in alcuni casi anche gravi con complicazioni epatorenali. Il pregiudizio della commestibilità può portare anche al danno opposto, e cioè a distruggere specie che si presume siano nocive, partendo dal presupposto che un fungo nocivo non abbia alcuna utilità in natura, o per prevenire altri da incaute tentazioni. Ma anche i funghi più velenosi, vedi l’Amanita Phalloides, hanno un’importanza fondamentale nell’interazione con le piante, favorendone ad esempio la crescita rigogliosa. Nulla nasce per caso.
I funghi, dunque, quando non raccolti per studio o per essere consumati, ma solo in modica misura e per specie certe, evitando raccolte da luoghi antropizzati per l’alta concentrazione di inquinanti, vanno rispettati. Spesso invece anche di questi tempi, in cui c’è stata una crescita particolarmente abbondante di prataioli (Agaricus ssp), mi sono trovato di fronte ad esecrabili devastazioni. Funghi scalciati e distrutti: segno di inciviltà ma anche di grande ignoranza in materia. A lasciarli stare, anche i più pericolosi; ad educare la gente, a partire dai bambini, a non toccarli salvo per scopi precisi, i funghi non fanno male a nessuno. Anzi!! Sono un segno di vitalità dell’ambiente, di buona salute del terreno, soprattutto per quelli simbionti, e quindi lasciarli proliferare è d’obbligo.

Molto altro ci sarebbe da dire: la loro bellezza ad es. I funghi sono delle opere d’arte, con specie
dall’aspetto assolutamente straordinario ed anche questa specie eccelle sia nella sua bellezza statica, sia in quella evolutiva per capire la quale bisogna accostare esemplari di diverse età, come nelle foto presentate. Stupisce anche il periodo. Siamo al limite invernale dell’autunno e la specie è di fatto estivo/autunnale, ma vista così allo scadere della stagione, a dicembre avanzato, grazie alle piogge degli ultimi tempi e alle temperature non particolarmente rigide, è un evento abbastanza sorprendente.

C’è infine un’ultima valutazione da fare. In un articolo precedente era stata presentata in foto aerea un’area parco cittadina, l’unica per quel che mi risulta con un andamento collinare e con stupende conifere pluridecennali che hanno favorito lo sviluppo di uno straordinario sottobosco tra cui specie fungine rare e di una incredibile bellezza. Ebbene, per dei calcoli umani quest’ area è destinata a scomparire con tutti i suoi tesori, che non sto neanche qua a citare per nome e cognome. Tanto non ne vale la pena, rispetto all’imperante indifferenza e alla frenesia dell’innovazione. Lasciamo allora il posto ad una melanconica mestizia: è quello che ci aspetta sempre di più d’ora in poi. Salviamo almeno il ricordo. Impareremo al loro posto ad ammirare i totem ed altre costruzioni futuristiche ed indefinite, esempio della nuova e senz’altro “migliore” civiltà che subentra. Da una parte si toglie, dall’altra si costruisce…Che differenza fa?

 

Stefano Araldi

6 risposte

  1. Preoccupante l’affacciata relazione fra scomparsa dei funghi e comparsa dei totem…proprio vero che ” una disgrazia tira l’altra”. Già, ma delle due qual’è la disgrazia peggiore?

  2. A separare le “disgrazie”, senz’altro la perdita dei funghi è la peggiore, perchè si collegherebbe ad una grave alterazione degli equilibri naturali, non so dire quanto compatibili con la sopravvivenza delle varie specie viventi. Ma per chi considera i totem simbolo di quell’appropriazione aggressiva dell’ambiente, che vale più che altro per le opere edilizie di grande portata, e molto meno per le “sculture”, ci può essere un rapporto causale tra le due. Sono decenni che si parla del “consumo di suolo”, ma quello che s’è fatto per ripararlo è equivalso a tentare di curare i tumori con l’acqua fresca. Il mio riferimento ai totem era soprattutto come visione alternativa alle meraviglie naturali perdute.

  3. Stefano devo farti i miei complimenti, sei stato bravissimo nelle tue descrizioni dei funghi, purtroppo siamo in pochi a conoscere il valore che ha in natura, il tuo articolo è sicuramente una lezione da memorizzare ……
    .

  4. Bravo Stefano, condivido tutto quello che hai scritto, purtroppo c’è ancora tanta gente che no sa rispettare e la loro preoccupazione è quella di mettere il fungo nel piatto

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