Sulle tracce di Annibale e delle truppe cartaginesi in Val Boreca

12 Marzo 2024

A viaggiare per mari e per monti,alla ricerca delle magiche suggestioni della natura e della storia, dei luoghi più selvaggi e incontaminati, si fanno delle belle scoperte: dalla testa di…al paese di… Era l’ormai lontano 2013,quando decisi di fare un’escursione in val Boreca, una piccola valle laterale della val Trebbia, stretta e incassata tra i monti, dalle pareti ripide e fittamente boscate. Perciò luoghi spopolati nel tempo, che si ravvivano un po’ d’estate, con qualche turista: presenze discrete, rispettose,che non ne turbano la purezza. Qualche rara festa.

Ben altri “turisti” vi arrivarono circa 2200 anni fa, nel terzo secolo a.C. : le armate cartaginesi di Annibale.  La loro presenza culminò nell’epica, vittoriosa battaglia della Trebbia (18 dicembre 218 a.C.) , sull’esercito più forte al mondo, quello di Roma e a ricordo della quale (foto 1 centrale) nel 2010 presso il ponte di Tuna, in località Canneto di Gazzolo, vi è stata eretta la statua di un elefante con due guerrieri sopra (foto 1). Cio nonostante, la presenza dei cartaginesi è poco documentata, vuoi anche perchè, presumibilmente, chi occupò il territorio al loro ritiro ne distrusse le testimonianze o le trafugò.

Il loro ricordo perciò è stato affidato principalmente alla tradizione orale , sviluppandosi due ipotesi. La prima, quella sostenuta da Carmen Artocchini, secondo cui  i Cartaginesi rifugiati in questa alta e impenetrabile  valle fossero dei disertori; l’altra, invece, sostenuta dal bobbiese Colombano Leoni  nel libro ” Val Boreca un “angolo alpino” custode della storia , secondo cui la zona era stata colonizzata da Magone,  fratello minore di Annibale, e sfruttata per l’addestramento di truppe da inviare al fratello nell’assalto a Roma.  

Qualcos’altro tuttavia si trova  e che non si spiega altrimenti se non in riferimento alla discesa di Annibale, e cioè la toponomastica di paesi e luoghi di origine cartaginese o  correlati a quegli eventi e talmente numerosi che ,secondo Leoni, e io mi trovo d’accordo con lui, non giustificavano una colonizzazione del genere da parte di un gruppo di disertori.

A partire dal sentiero (strada) di Annibale, che porta dal Passo del Brallo alla cima del Lesima, uno dei monti più alti della zona. (foto 2) ; al nome del monte stesso, che deriva da lesa manu, cioè la mano di Annibale che si ferì  durante l’ascesa al monte. Da Zerba , dalla cui croce (foto 3) si vede il paese di Belnome incastrato nella montagna, e che richiama l’isola di Djerba , isola tunisina già sotto il controllo di Cartagine; a Tartago, paese e monte omonimo, che si riferisce chiaramente a Karthago, Cartagine appunto. Da Barchi , paesino appena al di fuori della cinta della val Boreca, derivato da Barak il fulmine, soprannome di Amilcare padre di Annibale che divenne poi Barca, il nome di famiglia i cui membri erano chiamati Barcidi; a Cartasegna, in una valle piemontese  vicina, la val Borbera , che si riferisce a Cartagena, la capitale del Regno Barcide in Spagna. E poi ancora il monte Ebro , dal fiume Ebro in Spagna che i cartaginesi attraversarono per venire in Italia;  Artana , paesino dal nome di una città della Spagna alleata dei cartaginesi, quindi Suzzi, che richiama il porto di Sousse in Tunisia, dove Annibale approdò richiamato in patria per combattere la battaglia di Zama, e Bogli, dal punico Bougie, altro porto cartaginese, ma in Algeria. quindi Vesino, di cui non è stata trovata alcuna indicazione,ma che ha una straordinaria similarità linguistica col nome Lesima del monte che lo domina da vicino. Leoni cita anche Negruzzo, appena al di fuori della val Boreca e in provincia di Pavia, che fa pensare a persone non molto alte e scure di carnagione quali potevano essere i cartaginesi; quindi il paesino di Pizzonero che richiama un mento ornato da una barba molto scura, e Pian dell’Arma’, dall’inequivocabile significato bellico.

Infine il paese di Belnome. (foto 4) Ma cosa c’entra  Belnome con tutti questi toponimi cartaginesi? Assolutamente niente. Anzi no; c’ entra, c’entra eccome!!

C’entra?  Sì, e per scoprire l’arcano dovetti scendere in paese, ma la strada per arrivarci, Dio mio!! Al limite della transitabilità, talmente stretta ripida e piena di tornanti, da farsi il segno della croce, sperando di non incrociare altre macchine,se no dovevo accostare. Ma dove? Non certo dal lato del burrone, che peraltro offriva scorci molto suggestivi (foto 5). E se poi incrociavo un camion? Ma quale camion da queste parti, visto che non ci sono né bar né ristoranti, che la prima farmacia è a 20 chilometri, l’ospedale a 40, il primo negozio di alimentari a 10. Ma se proprio doveva passare, era da mettere in conto una bella retromarcia: quanto di meglio si possa desiderare da queste parti..!

Un bel cartello  turistico (foto 6)  mi avvisava che finalmente ero arrivato, e  indicava anche la quota (890 s.l.m.), Alla chiesa di S.Fermo (XVII sec.) , che subito si presenta all’ingresso del paese (foto 7) , una sosta per una preghiera di ringraziamento era d’obbligo, ma anche di raccomandazione per il ritorno. L’antico lavatoio di S.Marco a due arcate (foto 8) informava del prezzo del manufatto all’epoca (1912) di L.7120. Non male! Chissà a cosa corrisponderebbe adesso, inflazione compresa?  

Ma finora di persone neanche l’ombra. Che fosse un paese fantasma? No, vi abitavano stabilmente 6 persone, che diventavano 150 d’estate, ma solo ad agosto. E poi queste ortensie ( Hydrangea ssp )  ( oto 9)  mi confermavano  che  non solo ci abitava qualcuno, ma che ci si prendeva cura anche della natura, per quanto possibile, perchè qua il mondo selvaggio stava prendendo il sopravvento, venendo sempre meno la presenza umana. 

Poi trovai questa grande ruota in pietra (foto 10) e subito mi vennero in mente i Flintstone, gli antenati dei cartoni animati, con i loro veicoli dalle ruote di pietra. E se fosse servita invece per portare fin quassù (quale coraggio!) gli elefanti feriti dopo la battaglia della Trebbia, per curarli? Molto improbabile, ma si sa che anche gli elefanti, ahimè, benchè utili ai cartaginesi per spaventare e sbaragliare le legioni romane, perirono tutti in quella guerra. Già fecero una faticaccia a valicare le Alpi, e poi  i giavellotti dei nemici diedero loro il colpo di grazia. Surus, l’ultimo, rappresentato in un affresco del 1510 al Museo Capitolino di Roma nientemeno come la cavalcatura di Annibale, perì durante la discesa in Etruria. 

Dicono che in vino veritas (foto 11) . Che fosse questa la via giusta per risolvere l’arcano? Attaccarmi a quella damigiana  che trovai sul cammino ad uso e consumo dei turisti e finirla lì? Ma, non lo esclusi, finchè un cane (foto 12) sbucò improvvisamente da un vicolo e mi venne incontro  come un inviato del cielo, e col suo sguardo ammonitore sembrava invitarmi a non desistere, e con quel pelo così nero e quella barba lunga e folta  mi  ricordava  qualche toponimo: che fosse un discendente dei cani al seguito di Annibale? 

Incoraggiato da questa apparizione, ripresi allora la ricerca.

Venendo meno la presenza umana, dicevo, la natura tende a invadere il territorio, tanto i vegetali quanto gli animali. Cinghiali lupi ma soprattutto caprioli, daini, istrici sono ormai di casa. 

E anche le talpe. 

Sì, le talpe, lo si capisce da questa pianta, l’Euphorbia lathyris L ,  (foto 13) usata negli orti come deterrente per le talpe grazie al suo lattice velenoso. In relazione all’argomento trattato, il riscontro di questa pianta, fotografata quasi casualmente, rappresentava  però in assoluto la cosa più sorprendente. Essa infatti è data come tipicamente spontanea delle zone desertiche e subdesertiche del bacino del Mediterraneo.. Analizzando le sue denominazioni nelle varie lingue, scoprii che in Spagna è chiamata Tàrtago, come il paese ed il monte omonimo già citati della Val Boreca, e fu la Spagna che Annibale conquistò durante la seconda guerra punica, e poi attraversò per venire in Italia. 

Una coincidenza talmente straordinaria che fa pensare che di coincidenza non si tratti. Vuoi vedere allora che questa pianta è arrivata in Italia proprio grazie ad Annibale? 

Fatta questa incredibile scoperta, il mistero del nome del paese però non era  stato ancora svelato.

Finchè, aggirandomi per i suoi vicoli, incontrai una persona che mi raccontò una storia.

Un bel giorno, un vescovo giunse in paese e chiese ai suoi abitanti come si chiamasse. Dopo un po’ di apparentemente  inspiegabile titubanza,uno di loro gli rispose: “Ma è proprio sicuro di volerlo sapere? ” Il Vescovo stupito replicò: “Ma che domanda mi fa? Perchè mai non dovrei sapere come si chiama questo paese? Non capisco.! ” D’accordo Sua Eccellenza “, rispose quello, ” se proprio insiste, ebbene il paese si chiama Merda, si proprio Merda! Questo è il paese di Merda.” ” Ah, bel nome” esclamò il Vescovo con un improvviso sussulto. E da allora quel paese è stato chiamato proprio Belnome .

Risolto l’arcano, ma per metà. Perché mai era stato chiamato Merda? In realtà quella cosa che noi intendiamo non c’entrava per niente, perché da ricerche fatte, quel termine non era altro che l’abbreviazione di Medjerda, che è nientemeno che il fiume più lungo della Tunisia, la patria di Annibale.

Quanto frutto della fantasia umana, di leggende tramandate oralmente per secoli o di fatti veri, non è dato sapere per certo;  ma se, come dice Leoni, diversi indizi costituiscono una prova, di indizi della presenza cartaginese in questa valle ce ne sono talmente tanti da dirimere ogni dubbio, anche riguardo alla singolare simpatica storiella sul bel nome di questo paese del nostro Bel Paese.

O no? Comunque sia, questo posto è straordinario di per sè, perchè è presumibilmente l’ unico caso in Italia  al confine di quattro province, Piacenza, Pavia, Genova e Alessandria, situate in quattro regioni diverse, rispettivamente Emilia Romagna, Lombardia, Liguria e Piemonte. 

 

Stefano Araldi

10 risposte

  1. Secondo qualcuno anche Gossolengo (osso lungo…come quello di un elefante) e Rottofreno (lì si era rotto il freno di un carro cartaginese).

  2. Bello questo articolo, è incredibile come questa valle riservi sempre nuove sorprese, che spesso ruotano intorno alla storia di Annibale e ai luoghi legati alla seconda guerra punica. Manca ancora purtroppo una prova archeologica che confermi tutto quanto, ma prima o poi qualcosa salterà fuori. Ancora complimenti, un saluto Colombano Leoni. M

  3. Articolo molto divertente, interessante e corredato da foto significative che aiutano l’immaginazione dei luoghi e della loro fantastica storia. Grazie all’autore per avermi fatto conoscere posti non troppo lontani, ma a me totalmente sconosciuti.

  4. Se non fosse per quella pericolosa strada stretta, mi verrebbe voglia di andare subito a farci un giro nell’interessante e Bel paesino di m. !

  5. Molto piacevole e interessante questo articolo per il connubio tra storia e fantasia, scienza e fotografia..!! Complimenti e grazie dott. Araldi!

  6. Premetto che la Storia mi ha sempre appassionato, ho trovato, quindi, l’articolo molto bello e interessante perché mi ha permesso di conoscere la storia di un Paese a me prima sconosciuto.

  7. Un altro bel lavoro e molto ben organizzato.Conosco la zona che mi piace molto ed è l’ ideale per chi vuole andare via dalla pazza folla.

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