Taglio sconsiderato di alberi: la ‘Morta’ devastata e i suoi profumi d’Egitto

4 Marzo 2024

Profumi d’Egitto a guardare la Morta devastata. Il riferimento all’Egitto in realtà è accidentale e marginale, ma molto suggestivo, sebbene non privo di insidie. E’ la devastazione della Morta (foto 1 centrale e 2)  il Colatore che raccoglie le acque a sud est della città di Cremona, occupando un vecchio alveo abbandonato del Po, che m’interessa prioritariamente, perché paradigma di un generalizzato modo erroneo di intendere l’approccio ai fiumi rispetto al rischio alluvione.

L’idea di parlarne mi venne in mente quando ne vidi casualmente distruggere la sponda arborea. Andai da chi di dovere a “denunciare” la  malefatta, ma con mia grande sorpresa mi sentii rispondere che “avevano fatto bene a tagliare quelle piante, perchè in caso di piena ,una volta abbattute e trascinate via dalla corrente, avrebbero potuto fare da tappo e danneggiare abitazioni, strade, ponti circostanti..Giusto anche rendere la sponda più liscia e scorrevole possibile,per favorire un più rapido deflusso delle acque in piena”.

Rimasi allibito, ma subito mi venne in mente una geniale idea: allora perché non togliere tutte le piante da tutte le sponde d’Italia, comprese quelle dei laghi e perchè no, anche dei mari?? Così avremo risolto  il problema!!  

Insomma, se ancora non s’era capito, la colpa dei danni alluvionali è degli alberi!! (?)

Chissà poi come sarà bella e in salute l’Italia senza di loro! E poi perché mai la natura avrà deciso, nel corso della sua evoluzione, di selezionare piante sempre più  adatte a vivere presso le rive? E guarda caso adatte a starci più delle case? Mah, sarà una strana, enigmatica coincidenza.

Bastavano queste considerazioni per convincermi che quei signori avevano preso un grosso abbaglio, che la loro era una malintesa idea di tutela, confermata dal fatto che così  ragionando avevano permesso la distruzione di un habitat arboreo, indebolendone la sponda, nota la funzione di consolidamento del terreno da parte della vegetazione ripariale, in particolare delle radici dei salici, le piante maggiormente implicate nell’occasione funesta, e che hanno anche la grande capacità di imbrigliare l’acqua in piena, rallentandone il flusso. Questo vale in genere per tutte le piante di ripa.

Non solo, per rendere più scorrevole l’acqua, avevano lastricato parte della sponda con delle grosse pietre (foto 3,4 ) cavate da qualche montagna e quindi distruggendo un altro habitat, costi a parte. Ma è proprio vero che a rendere la corrente veloce si riduce il rischio di danno alluvionale? In realtà è vero esattamente il contrario, come dimostrano i video di tante alluvioni recenti. I canali, ben lisciati e dalle pareti impermeabilizzate, costituiscono  una pista da corsa per l’acqua in piena che andrà poi a schiantarsi violentemente a valle.

L’impermeabilizzazione/cementificazione dei corsi d’acqua ne impedisce il naturale sfogo e quindi l’assorbimento dell’acqua stessa dai terreni circostanti che ne potrebbero usufruire in caso di siccità, per poi restituirla gradualmente alle radici delle piante circostanti. 

Quindi, essendo la siccità e le alluvioni nient’altro che le due facce della stessa medaglia, per cui l’intervento che va bene per l’una va bene anche per le altre, ne deriva che le canalizzazioni in realtà si rivelano un duplice problema ambientale. 

Che si trattasse allora di salici vetusti, a rischio imminente di crollo?  Gravemente malati non mi risulta, ma vetusti si, e il fatto che lo fossero aumentava il loro valore ambientale, perché rappresentavano un habitat  ben più grande rispetto a tante piccole pianticelle, e con l’ampio sviluppo delle loro radici contribuivano notevolmente a proteggere la sponda da frane ed erosioni e a rallentare il flusso della piena, rispetto alla cui violenza sono piante ben adattate, in quanto dotate di rami e tronchi molto flessibili e di una resistenza eccezionale alla trazione per cui si piegano ma non si spezzano facilmente, a differenza di altre piante con fusti rigidi e poco elastici.

Pertanto le piante ideali a stare presso i corsi d’acqua e addirittura al loro interno, anche perché le loro radici possono stare a lungo immerse nell’acqua, senza marcire. Dunque dove stava il problema? ” Ma anche ad essere trascinate in acqua mi disse un esperto , era difficile che ostruissero il deflusso delle acque nel Po.

Un’altra grave distorsione percettiva della tutela ambientale, è quella per cui  i corsi d’acqua vanno assolutamente ripuliti anche nel loro alveo, togliendo quanta più vegetazione possibile vi alloggia, e scavandone anche il fondo, rimuovendo i sedimenti, ghiaie sabbie, che sono sempre ritenute troppe, e che sono invece così vitali non solo per l’economia fluviale, ma anche delle coste marine contro l’erosione e quindi la penetrazione del mare con le sue acque salate. Sono queste ghiaie che arrivano a mare a costituire le coste!!

Il problema della pulizia dei corsi d’acqua, che andrebbe limitata alla rimozione dei detriti derivati dalle lavorazioni umane.. ovvero di piante rinsecchite e cadute nel corso stesso, va a braccetto con quello degli sbarramenti di cui per vari scopi si è abusato ampiamente in Italia e rispetto a cui l’Europa sta imponendo di fare marcia indietro, per restituire ai fiumi i loro sfoghi naturali, tutelandone fauna e flora ma rispetto a cui l’Italia, forse più di tutti gli altri Paesi europei, sta facendo orecchie da mercante, o meglio sta andando in direzione completamente opposta.

Ma quello degli sbarramenti è un tema che rimando ad altra occasione.

Il contributo delle Salicacaee  contro la siccità, deriva anche dal fatto che le loro ampie fronde fogliose  creano un grande ombreggiamento che  protegge le specie animali dai raggi solari, limita la dispersione termica, e quindi la perdita di acqua per evaporotranspirazione, proteggendola dal riscaldamento, limitando anche l’eccesso di produzione di alghe e  favorendo un adeguato tenore di ossigeno.

Non solo, queste piante sono chiamate anche freatofite perché sono a stretto contatto con la falda freatica che nei corsi d’acqua risale notevolmente, contribuendo alla sua ricarica.

Inoltre hanno modalità di riproduzione e di crescita velocissime che consentono loro di fronteggiare i diversi ritmi stagionali delle acque, e alla cui base sta anche una grande capacità fotosintetica dovuta al fatto che il continuo ondeggiamento delle foglie, permette l’illuminazione anche degli strati fogliari sottostanti. Per queste proprietà straordinarie di crescita, tali piante sono state definite un vero e proprio motore biologico turbo

Quindi ,se non ci fosse questa vegetazione, compresa quella erbacea e arbustiva che cresce nell’alveo, le nostre sponde sarebbero veramente dei canali nudi e desolati che ricordano i torrenti dalle pareti franose dei canyon dell’America ,dove la violenza dell’acqua “avrebbe eroso scavato e desertificato tutto l’immediato intorno”.  A questi risultati vogliono condurci i gestori delle acque con i loro tagli indiscriminati?  Ma hanno piantumato qualcosa attorno, sotto la sponda. (foto 5). Vuol dire che non avranno un domani la scusa di togliere anche quelle piante per lo stesso motivo dei salici, unica consolazione!

Va aggiunta la funzione depurativa idrica da parte della vegetazione riparia: blocca gli inquinanti circolanti, i metalli pesanti derivati dall’erosione dei terreni circostanti da cui vengono rilasciati; arricchisce di elementi nutritivi l’ambiente, favorendo lo sviluppo di diverse specie e quindi dando uno spiccato impulso alla biodiversità per cui questi luoghi sono ritenuti la nostra Amazzonia

Quanto danno pertanto fanno i tagli indiscriminati, a raso, delle sponde.

Si interviene generalmente in maniera invasiva tagliando o asportando di tutto ogni tot anni, cedendo il legno che poi viene venduto alle centrali a biomasse o per altri usi, facendolo seguire dall’incuria totale per altri tot anni per poi intervenire nuovamente con un altro taglio drastico, anzichè invece svolgere una manutenzione costante dell’alveo e delle sponde.

Per ultimo, prima di arrivare all’arcano egiziano, vorrei citare la perdita di suolo a cui porta la cementificazione selvaggia delle sponde: un suolo ricchissimo di vita, anche se si trattasse di una sottilissima fascia, e che l’ISPRA  ha stimato in Italia tra il 2006 e il 2021 pari a circa 1153 chilometri quadrati.

Molto altro ci sarebbe da dire, ma avevo accennato ai profumi  d’Egitto: dove? cosa? 

Zoomiamo la seconda  foto e vediamo nell’acqua tanti uccelli, segno che del pesce c’è ancora . Tra i vari, con mia grande sorpresa, mi accorsi che c’erano degli Ibis sacri , Threskiornis aethiopicus (Latham, 1790) uccello originario dell’Africa subsahariana e tipico nell’antichità dell’Egitto e del suo grande fiume, il Nilo, ma dove attualmente sarebbe estinto. 

Da noi, invece, sarebbe diventato specie invasiva e particolarmente nociva per l’avifauna autoctona per la sua propensione a mangiarsi le uova e i pulcini di altre specie. Nei pressi ne sono stati contati fino a 500.

Insomma, se non ci pensa l’uomo, ci pensa qualche altro ospite più o meno desiderato a fare danni ai nostri ambienti naturali già così tanto limitati e fragili.

Ci sarà mai una salutare inversione di rotta? A quanto pare neppure i tristi e recenti disastri alluvionali della Romagna e delle Marche  sono serviti a illuminare le menti. 

Sarà allora come dice il Vangelo di Giovanni: ” E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce”…

 

Stefano Araldi

9 risposte

  1. Articolo veramente molto interessante e utile per la comprensione e l’evidenziare l’ignoranza dell’uomo che, ahimè, distrugge beni come gli alberi preziosi per la nostra vita e delle future generazioni.

    Grazie al Dott. Araldi che ci regala questi articoli che ci aiutano a riflettere.

  2. Forse il nome La Morta ha tratto in inganno i decisori di non eccelsa sagacia, la cui Falce – da te instancabilmente denunciata- gode nel massacrare verde pubblico con l’ imperdonabile colpa di essere ancora vivo e capace di germogliare .

  3. Ringrazio anch’io Stefano Araldi e mi associo ai commenti e agli elogi pubblicati.
    Vorrei però dissentire quando nel commento della signora Ilaria Grande si legge genericamente dell’”ignoranza dell’uomo”.
    E’ troppo benevola e non precisa. A mio parere diventa sempre più urgente specificare, quando, come in questo caso, se ne ha una conoscenza diretta, quali sono le fonti scritte o orali, di tali castronerie portate a giustificare “atti vandalici”. Tutti devono sapere nome e cognome di chi ha deciso questo intervento e chi ha eseguito gli “ordini” senza fiatare. Come più volte ebbi a dire, oltre a tagliare gli alberi e a tagliare nastri ad ogni inaugurazione … dalla piantumazione di tre alberelli a interventi ben più distruttivi per la città come avverrà con la costruzione del nuovo ospedale, e’ educativo mettere in evidenza con targhe celebrative e a perpetua memoria chi ha voluto questa scelta e sotto quale “regno” sono stati accreditati cotanto “esperti”.

  4. Complimenti al dottor Araldi per i suoi articoli che rivelano sempre conoscenza e amore per la natura nonché, come in questo caso, capacità di operare originali collegamenti.
    Grazie. …in attesa di una prossima lettura!

  5. L’analisi del dottore è sempre puntuale ed efficace.So che l’Europa ha proprio previsto una quantità enorme di piantumazione per tutti gli stati e che l’Italia, virtuosamente,ne possiede già una quota superiore a quanto la legge europea prevede.Pertanto,non possedendo io,un’approfondita conoscenza del luogo e della specifico “caso Po'” auspico che “l’uomo si diriga sempre verso verso la luce piuttosto che versi le tenebre”

  6. Articolo interessante e molto ben argomentato che fa riflettere su quanto inadeguate e dissennate siano certe politiche ambientali.

  7. Un’obiezione ricevuta è che quelle pietre in realtà servono a tappare i danni delle nutrie. Ma la soluzione è inefficace perché tappi di qua e loro bucano di là. Quindi il problema di fondo è sempre quello. Val la pena distruggere una montagna per tappare un problema senza risolverlo?

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