Tanti saluti dal passo del Maloja

24 Febbraio 2023

Alto 1815 metri, nel cantone dei Grigioni, mette in comunicazione la Valchiavenna e la Val Bregaglia con l’Engadina e divide, nelle Alpi Retiche, le Alpi del Bernina dalle Alpi dell’Albula. Collega Chiavenna a Sankt Moritz: è il Passo del Maloja. Una montagna dalla forma insolita perché verso la Val Bregaglia precipita con una parete rocciosa fino al fondovalle e la strada vi si arrampica con mille tornanti, mentre dall’altro lato, aprendosi con l’ampio pianoro dell’alta Engadina, la strada non presenta neppure una curva. Qui la località di Maloggia ospita una piccola ma attrezzata stazione turistica con negozietti, alberghi, ristorantini e un parcheggio di dimensioni notevoli, a conferma della forza attrattiva che questa zona esercita sugli amanti della montagna.

Nella piazza del parcheggio, Monica, una signora che faceva il medico a Pavia, diede appuntamento a Marco, un collega che lavorava come lei al Policlinico, per un incontro lontano da occhi indiscreti. La loro storia sentimentale durava da un paio d’anni, con incontri piuttosto rari per la difficoltà di far collimare il loro poco tempo libero e per la presenza del marito, il quale era lontano dal sospetto che la moglie lo potesse tradire. Appassionati di distese innevate, Monica e il consorte erano soliti frequentare località sciistiche dell’arco alpino non soltanto durante l’inverno, ma anche quando restava da sfruttare l’ultima neve di primavera. Avendo ferie arretrate da smaltire, lei partiva qualche giorno prima e, durante il fine settimana veniva raggiunta dal marito. Quale occasione migliore per un incontro, lontano da casa e con zero probabilità di incontrare qualche viso conosciuto? L’idea cominciò a risuonarle nella testa verso la metà di febbraio del 1977, quando decisero di andare a sciare al Maloja ai primi di marzo. Fu il marito a indicare il programma: lei sarebbe partita il mercoledì e il venerdì successivo l’avrebbe raggiunta. Ricevuta la convocazione, Marco chiese ai colleghi di sostituirlo, ma invano. Soltanto un vecchio amico fu disposto a sostituirlo in corsia per un solo giorno, il giovedì. L’amore clandestino non conosce razionalità e piuttosto di niente meglio piuttosto – si disse – e Monica acconsentì, a malincuore, all’incontro di poche ore.

Non potendo rischiare di farsi notare con un estraneo nello stesso albergo dove poi sarebbe arrivato il marito, quel che si poteva fare lo si sarebbe consumato in macchina, operazione eseguita non poche volte per via dell’impossibilità di conservare l’anonimato varcando la soglia della camera di un albergo a ore. Ogni particolare venne preso in esame, a partire dal luogo dell’appuntamento, fissato per le ore dieci del giovedì nel parcheggio di Maloggia, dove, tra tante macchine in sosta, vi erano scarse probabilità che la targa PV della sua BMW classe C potesse essere notata. Alle sette precise Marco uscì dal cancello della sua villetta. Al pieno di carburante aveva provveduto la sera prima. Entrato in autostrada, imboccò poi la superstrada per Lecco e, mentre il traffico si stava intensificando, arrivò a Chiavenna in orario secondo la sua tabella di marcia che prevedeva l’arrivo a Maloggia per le nove e mezza. L’orario venne rispettato nonostante la sosta per una multa di 220 franchi svizzeri che gli venne elevata per  avere sorpassato in prossimità di un incrocio. Alla polizia elevetica non si sfugge – constatò – proseguendo il viaggio. La mente rivolta all’incontro con l’amante non gli fece rimpiangere la somma sborsata.

Era la prima volta che vedeva l’abitato che sorge al Passo del Maloja. Le spiegazioni che Monica gli aveva dato si rivelarono talmente particolareggiate che trovò il parcheggio come se di quella località fosse stato un abituale frequentatore. Con l’autoradio e qualche musicassetta cercava di ingannare l’attesa, ma vennero le dieci, poi le dieci e trenta, poi le undici: dell’amata nessun segno. Era sceso un paio di volte dalla macchina per vedere se fosse in arrivo, ma invano. Vide una cabina a due passi dal parcheggio e fu tentato di chiamarla, ma si rese conto che telefonarle sarebbe stato una imperdonabile imprudenza, per di più non conosceva il numero né il nome dell’albergo.

Le canzoni che venivano trasmesse non erano di buon auspicio, con titoli come “Lontano dagli occhi” o “L’appuntamento”, ma continuava a sperare di vedere spuntare tra le macchine parcheggiate quegli occhi verdi che gli trasmettevano sensazioni morbose. Verso le undici e mezza ruppe gli indugi e imboccò la strada principale su cui si affacciavano numerosi alberghi, sperando di vederla. Aveva atteso parecchio prima di decidersi a partire per non correre il rischio che lei, arrivando all’appuntamento, non trovasse la macchina. Percorse in su e in giù un paio di
volte quella via, quando sulla porta di un albergo vide un viso che gli sembrò di conoscere. Era proprio lui, il marito di Monica.

 

Sperangelo Bandera

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