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Sparare al Presidente sport nazionale negli Usa, la storia lo insegna

14 Luglio 2024

Donald Trump è stato oggetto di una raffica di colpi d’arma da fuoco durante un discorso in Pennsylvania. Per la cronaca The Donald è veramente stato mancato per un pelo…un centimetro più a destra e il proiettile (anche se il calibro non è ancora noto a chi scrive) avrebbe potuto spaccargli la testa in due come un’anguria: quell’orecchio sanguinante ne è la prova indiscutibile. Ed è anche in sé la prova che quasi certamente non si tratta di un finto attentato né di un attentato professionale.

Parlo di attentato professionale perché il mio primo pensiero è andato alla cara vecchia CIA, che dai tempi dei Clinton e poi con Obama si è totalmente schierata a favore dei Democratici e che ha per Trump un odio abbastanza conclamato, anche perché The Donald da presidente si è sempre tenuto strettissimi i militari non fidandosi per nulla della CIA e dell’FBI obamiani, e causando uno scontro ferocissimo di poteri ai vertici della sicurezza interna che non ha molti precedenti nella storia americana. Certo che un uomo qualunque possa arrivare così vicino a sparare a un big circondato da un cordone di sicurezza incredibile fa pensare, ma diceva lo stesso John Kennedy che quando uno è disposto a scambiare la sua vita con la tua c’è poco da proteggere. Fatto sta che l’attentatore giace stecchito sul tetto da cui ha sparato, e vedremo nelle prossime ore chi è.

Si tratta molto probabilmente (o almeno spero) di uno dei tanti balordi da Far West che da sempre sono protagonisti della storia dei presidenti americani, e che le campagne di odio politico prima o poi scatenano sempre nelle folle, specialmente nel paese dei cowboys dove sparare è quasi un pezzo di Dna, sopratutto contro il capo.

Si perché il tiro al bersaglio al Presidente è uno degli sport preferiti degli americani, da che ben si comprende anche la paranoia totale che li circonda ovunque vadano e che ha fatto storia perfino nel cinema.

Dalla limousine presidenziale blindata perfino contro i missili anticarro ai presunti razzi nucleari sull‘Air Force One, fino alle parate di decine di energumeni in giacca e cravatta con braccia finte che nascondono mitraglie, la leggendaria protezione dei Presidenti è stata affidata da Hollywood ad attori del calibro di Clint Eastwood, Michael Douglas, Bruce Willis e perfino Kevin Costner.

Ora si faranno fior di ipotesi su quanto questo possa incidere a favore di Trump, ed ecco perché ho accennato a un finto attentato: sopravvivere agli spari in politica è l’anticamera della beatificazione, e sicuramente in molti parleranno di bluff o attentato organizzato dallo stesso Trump.

I più stanno già reagendo dicendo che l’America è alla frutta e sull’orlo di una nuova guerra civile, ma personalmente sarei molto meno catastrofico.

Andrew Jackson fu il primo presidente degli Stati Uniti vittima di un attentato:  il 30 gennaio 1835, mentre stanziava sul portico orientale della Casa Bianca, fu bersaglio di due colpi di pistola inceppata per mano di un disoccupato di nome Richard Lawrence, al quale andò malissimo perché Jackson da gran soldato quale era rispose con la pistola che teneva sempre con sé e azzerò la minaccia in un lampo.

Ben più sfortunato fu il grande Abraham Lincoln, che dopo aver subito un attentato con un carretto fu assassinato da John Wilkes Booth il 14 aprile 1865, durante una rappresentazione teatrale al Ford’s Theatre a Washington, pochi giorni dopo aver vinto la guerra e abilito la schiavitù: pagò di persona i 700.000 morti della guerra che aveva condotto.

Nel XX° secolo William McKinley,  presidente dal 1897, venne ucciso da Leon Czolgosz il 6 settembre 1901, durante un evento pubblico a Buffalo, New York. Molti ebbero a commentare che farsi sparare fu la migliore decisione della sua presidenza, perché gli successe uno dei più amati presidenti di sempre, quel Theodore Roosevelt che fu egli stesso ferito da un attentatore il 14 ottobre 1912, mentre faceva un discorso a Milwaukee.

Perfino il divino Franklin D. Roosevelt  fu oggetto di tiro al bersaglio a Miami, in Florida, il 15 febbraio 1933. L’attentato fallì ma venne colpita a morte una persona che si trovava vicino e che ovviamente non entrava nulla.

Le due vittime più celebrate e famose del 900 americano sono però state ovviamente i due fratelli Kennedy JFK ed RFK, uno ucciso a Dallas nel 1963 da presidente e l’altro da candidato nel 1968 a Los Angeles.

Piccola notazione: gli unici due presidenti uccisi nel 900, Kennedy e McKinley, erano anche gli unici due non massoni …coincidenza sibillina? Il terzo presidente non massone era Richard Milhouse Nixon, che non venne ucciso ma costretto a dimettersi. Coincidenze assai macabre, la strada alla Casa Bianca per Nixon fu spianata da ben due attentati, quello già citato al suo avversario democratico RFK e quello al suo competitor repubblicano Wallace, ridotto in sedia a a rotelle da un folle di nome Bremer. Racconta David Frost che durante le riprese della mitica intervista a Nixon scoppiarono delle luci e tutti si buttarono a terra terrorizzati credendo fossero spari mentre Nixon rimase in piedi serafico come un gatto…

Ronald Reagan fu ferito il 30 marzo 1981 da un colpo di arma da fuoco sparato da John Hinckley Jr, a pochi mesi dall’inizio del suo mandato. Anni dopo fece storia un comizio durante il quale dei botti causati da palloncini fecero spaventare tutti meno che lui, che con incredibile freddezza chiuse la cosa con una battuta a caldo dal palco “Mancato!”.

Insomma la Storia come sempre ci ricorda che tutto più o meno è già successo, che non vale la pena di farsi prendere dal panico ma anche che le campagne di odio prima o poi qualche effetto lo producono e che sarebbe molto meglio andarci piano.

Ma in fondo è pur sempre il Grande Paese dei Sentieri Selvaggi e delle colt fumanti…e auguri a Trump di pronta guarigione, anche se temo che a parecchi non farà piacere che gli abbiano solo beccato un orecchio…

 

Francesco Martelli

sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

docente di archivistica all’Università degli studi di Milano

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