‘Mostarda e cotognata in un ricettario del 1800’

8 Ottobre 2023

In occasione del nono festival della mostarda esce il terzo volumetto della collana “La mostarda un cibo culturale”. Il primo riporta interventi di Giovanni Ballarini, Giancarlo Corada e di Carla Bertinelli Spotti; nel secondo Roberto Fiorentini illustra il felice rapporto tra la mostarda e la musica nei banchetti rinascimentali; nel terzo  Bertinelli Spotti trascrive ricette di mostarda e cotognata tratte da un ricettario di pasticceria del 1800 attribuito ad Andrea Ratti. È raccolto in tre quaderni e alcuni fogli sparsi conservati in un fondo librario donato alla Biblioteca Statale e Libreria Civica di Cremona da  Giuseppe Speranzini (Pesaro 1889-Cremona 1976), una figura di studioso, pubblicista, giornalista e politico antifascista, il quale ha lasciato  scritto, e noi gli crediamo, che l’autore del ricco materiale è Andrea Ratti “ch’ebbe la più antica fabbrica di torrone in Cremona.”

 

IL RICETTARIO

È un ricettario di famiglia, scritto a più mani, ricco soprattutto di ricette per dolci e liquori. Sono più di 200 che insegnano a fare pasticcini, biscotti, torte, marzapane, sorbetti e gelati, liquori, l’Ippocrasso (il vino speziato dei banchetti rinascimentali), rosoli e ratafià. Nei “Dolci al fornello” incuriosisce la ricetta del “Salame o mondiole di zucchero” per cui si prende un vero budello, lo si lava bene con spirito di vino, lo si riempie con pasta di mandorle rossa e bianca, infine lo si lega con un  “bindello” cercando di imitare il vero salame. Interessante è anche  la ricetta per fare il sorbetto di torrone (“con caraffe due di fior di latte stemperi 12 gialli d’ova e faeli lentamente cuocere con libra una di zucchero e dopo si passerà per setaccio. Quando il tutto è raffreddato e messo a neve li devi mettere una libra di mandole pelate e ben sutte al forno che siano tagliate sottilissime. Con un poco di pistacchio il sorbetto sarà fornito”).

 Suggerisce inoltre come preparare medicamenti e come usarli  per curare, ad esempio, varie infermità con il Balsamo di China di cui scrive la ricetta, insegna  a dare acidità all’aceto “ponendo le midolla dell’edera nel vino bianco o nero”, a profumare le stanze con un “potporri” di erbe aromatiche e fiori (“violette, solo il fiore netto dal gambo, garofolini di maggio, foglie di rose odorifere, garofani a quattro foglie, fiori di arancio levandoli il bottone di mezzo, fiore di salvia, santoregia, timo gentile, majorana, rosmarino o pure fiori di rosmarino, lavandula, e qualche erba odorifera, se vi sono. Tutte le sudette erbe vanno amortite al ombra”) . Le date premesse ad alcune ricette ci aiutano ad attribuirle ad Andrea Ratti (1820-1885) o al suocero Pietro Tedaldi che è sempre ricordato come “il papà di tutti gli odierni torronai cremonesi”.

Il Ricettario è interessante ma l’interesse maggiore è per la figura del Ratti, un personaggio davvero straordinario nella Cremona dell’Ottocento

 

ANDREA RATTI, UN PRODUTTORE ALL’AVANGUARDIA

Di lui ci parlano numerose fonti (articoli del Corriere Cremonese, relazioni della Camera di Commercio, Guide statistiche…).Dopo aver imparato l’arte da Luigi Tedaldi, nel 1840 ne sposò la figlia assumendo la conduzione del negozio di droghe coloniali, della fabbrica di torrone e mostarda continuandone lo spirito di promozione e di innovazione. L’incarto del torrone, prima avvolto in carta azzurra comune e poi in carte colorate, fu da lui completamente trasformato “facendo delle vignette e delle carte d’involto la delizia massima dei bambini. Le vignette di ciascuna tavoletta di torrone portarono per lui svariatissimi disegni di figure e di cose a colori ed anche a rilievo, e le carte dell’involto furono applicate con colori smaglianti corrispondenti ai vari sapori e lavorati in oro con splendidi disegni a simiglianza di veri ricami… Nel 1848 le vignette del torrone Andrea Ratti rappresentavano i più valorosi propugnatori del nostro patrio riscatto…e ricordo ancora quando nel 1853, nella tema di una perquisizione austriaca, si dovette in tutta fretta abbruciare parecchie migliaia di Pio IX le quali non si potevano smerciare sotto il governo austriaco  massime per la scritta: ”Dio benedica l’Italia e che si erano tenute nascoste nella speranza di poterle, con molta soddisfazione, smerciare a tempi migliori”.(Dai ricordi di un discendente riportati in uno scritto del 1908).  L’anno dopo un suo bravo apprendista, per sottrarsi al servizio militare austriaco, emigrò a Buenos Aires dove aprì una fabbrica di torrone cremonese e raccontando il fatto, con una grande apertura mentale per i tempi, il Ratti affermava: “Vogliono parecchi, in forza di una vecchia superstizione campanilesca, che la preminenza del merito alla specialità cremonese sia dovuta all’aria e all’acqua di Cremona. Ma son baje!! Il merito è frutto di una buona lavorazione” dovunque lo si faccia.

Il 4 novembre 1863 il Corriere Cremonese diede notizia  del trasferimento del negozio nella nuova sede di corso Garibaldi…” e propriamente nell’antico locale dei Tedaldi, i quali, come noto, furono per tanti anni i decani dei produttori di torrone e mostarda …in tutti e due gli emisferi. Il nuovo negozio, ora assai più vasto per eleganza e per ricchezza, può andar del paro con quello di qualsiasi città capitale…Risponde alle delicature zuccherine e alle golosità dei tempi e aggiunge decoro alla nostra città la quale, non a caso, dai forestieri la si va dicendo un bello e dolce soggiorno.” Nel 1867, in un altro articolo dello stesso giornale, si legge: “…il nostro Ratti è il Biffi del torrone”, celebrato cioè per il torrone come il Biffi, a Milano, lo è per il panettone.

Era un patriota, un fervente ammiratore di Garibaldi a cui aveva fatto omaggio di torrone e mostarda e di cui conservava religiosamente il biglietto di ringraziamento;  aveva ricevuto molti premi alle principali esposizioni del tempo ed era diventato fornitore della Real Casa. Continuò da solo nella sua industria fino al 1882 “nel qual anno, avendo assunto un socio nella sua fabbrica questa cominciò a esercitarsi sotto la ragione Andrea Ratti e C”. L’attività continuò poi con i figli e nel 1931 la ditta era ancora ricordata tra le migliori di Cremona insieme alla Vergani e alla Sperlari. 

LE RICETTE 

Tra tutte ho scelto di trascrivere dal Ricettario solo le ricette relative alla mostarda, alla canditura della frutta e alla cotognata. Il tema ci appassiona dopo ben otto festival, molto seguiti, dedicati a questo nostro prodotto 

  1. Mostarda e canditura della frutta

La più interessante è la ricetta che descrive il “Metodo di fabbricar la mostarda sopraffina di tutto zuccaro che si lavora dalli confettieri in Cremona” perché ci fornisce un lungo elenco dei frutti che si possono candire. 

Angelo Peri, nel 1847, alla voce Mostarda del suo ”Dizionario cremonese-italiano” ne aveva elencati molti che il Ratti riporta tutti, anzi ne aggiunge qualcuno in più come le mele appie, i napolini, le animelle o manine di Salò (un limone sparito a forma delle dita di una mano…una degenerazione mostruosa di tutte le altre varietà). È una ricetta importante anche per l’indicazione precisa delle dosi e del rapporto tra frutta e zucchero (una libbra di frutta, g 309, due libbre di zucchero, g 618) e la quantità della senape necessaria per insaporire il tutto (2 once, 50 g di senape per 1 libbra, 309 g di frutta). Proporzioni che vengono ancor oggi rispettate nelle produzioni artigianali con una differenziazione: oggi non si usa più la senape in polvere per la difficoltà di farne uscire il piccante, ma solo olio essenziale di senape naturale o sintetico. Il nostro Ratti sottolinea che non vuole dare indicazioni precise per candire la frutta, sarebbe inutile perché il bravo confetturiere sa che le regole variano di frutta in frutta e sta alla sua sensibilità e competenza stabilirne le modalità. In realtà però non si trattiene, è più forte di lui, e nel testo si leggono numerosi consigli e suggerimenti da seguire. L’ultima considerazione da fare è relativa all’uso dello zucchero che, da quando il suo costo è diminuito, è da preferire al miele: migliorerà così la qualità del prodotto perché il miele lasciava i frutti opachi e uno sciroppo denso e non gradevole alla vista.

  1. Cotognata

Sei le ricette che il Ratti suggerisce per fare la cotognata, “una conserva o confettura di mele cotogne con zucchero e miele” come si legge nel Peri. Le ho trascritte perché la cotognata è un prodotto tipico di Cremona, noto e apprezzato fin dal XVI secolo. Faceva parte dei doni  (“albarelli di codogni in zuccaro” insieme a mostarda, torrone e salame) che, in occasione del Natale, la Magnifica Comunità di Cremona inviava alle autorità spagnole di Milano per facilitare i rapporti e i negoziati politici. Inoltre il consumo della cotognata, insieme al torrone, era permesso dalle Leggi Suntuarie del 1572 perché, essendo un prodotto locale, era meno costoso, mentre si vietavano confetti, marzapane e “pignocate”.

Le ricette sono molto simili, avendo ognuna un particolare che la diversifica e la caratterizza. In una, ad esempio, si suggerisce l’asciugatura al sole, insaporita “con qualche fragranza”. Per quelle con il miele poi si raccomanda che l’asciugatura duri più a lungo perché il miele contiene più umidità dello zucchero… Per ognuna si indicano le quantità degli ingredienti e il peso del risultato finale.

 

Carla Bertinelli Spotti

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