Volano farfalle

11 Agosto 2023

Susanna era una bambina “fragile”. Sono fragile, si ripeteva. A scuola mi danno le verifiche “differenziate”. Per me le P e le B, le T e le D sono la stessa cosa. Sonore e sorde si scambiano nella mia testa. Le sibilanti S e Z. Le nasali N e M. I loro suoni si confondono. Non capisco i vostri libri. Mi richiede una fatica immensa decifrarli. A volte scoppio a piangere, davanti ad una prova. Sono emotivamente instabile. Inglese e tedesco un disastro. Il tema per me è un foglio di protocollo a righe che mi rimbalza il vuoto che c’è nella mia testa. La matematica è uguale solo che il foglio è a quadretti. Scrivo male, sono disgrafica, scrivo perdendo il rigo. La mia scrittura si inerpica verso l’alto, sbava, sfugge, vola. È come una farfalla. Un giorno si era sfogata con la mamma. Il livello di consapevolezza era esattamente questo. Erano parole che aveva carpito. Erano parole difficili. Erano incise dentro di lei come coltelli. Le aveva vomitate come un nastro registrato. Seria, impettita, senza scomporsi, mentre un ciuffo fucsia di capelli le copriva l’occhio sinistro. La mamma era scoppiata a piangere e le aveva donato un cane: un cocker biondo, bellissimo, elegante, con lo sguardo dolce, affettuoso. Avevano deciso insieme di chiamarlo Joe, Joe Cocker. Susanna e Joe erano diventati inseparabili, o quasi.  

Una sola materia le dava un po’ di soddisfazione: arte. Aveva imparato a disegnare le piume. Glielo aveva insegnato la Sali: una professoressa molto empatica, bionda come il suo cocker. Indossava gonne zingaresche lunghe fino ai piedi e camicie in cotone vichy annodate sul davanti. I suoi capelli sciolti e lunghi ondeggiavano mentre si muoveva fra i banchi. Le piume servono per addestrare la manualità, diceva. Susanna ci passava le ore. Le disegnava con la bic nera, blu o verde. Chissà se dopo così tanto esercizio anche la sua scrittura si sarebbe adeguata al rigo. A 12 anni le lettere erano ancora segni indomabili che non sapeva addomesticare. Con le parole volava anche la sua mente. Voli pindarici verso mondi ignoti. Bastava una mosca e il pensiero si librava, staccandosi dai quaderni in uno spazio sognante e distratto. Solo sulle piume riusciva a mantenere la sua concentrazione. 

I suoi genitori avevano una casa vacanze a Milano Marittima. Era dei nonni. Si chiamava “La Caccia”. Era nata per ospitare i cacciatori. Ora offriva alloggio e prima colazione prevalentemente a famiglie in vacanza in estate e d’inverno ad operai che preferivano dormire sul mare, anziché in città. Per il pranzo e la cena “La Caccia” era convenzionata con un ristorante vicino. Il bed and breakfast di Susanna era una casa tutta bianca immersa in un parco dominato da un frondoso ginkgo biloba, da cespugli di rose gialle e rosa ai lati e bouganville maestose. C’erano anche ciuffoni profumatissimi di basilico, salvia, rosmarino e naturalmente dei pini, quelli che la proprietà inglobava del magnifico bosco secolare. C’erano anche un gazebo bianco e un’altalena antichi. Nel parco proprio al confine con la pineta c’era una casotta degli attrezzi. Quando il via vai di ospiti diventava insopportabile, Susanna si rifugiava con Joe nella baracca. C’erano pale, vanghe, rastrelli, rampini, un tavolo pieno di vecchie cianfrusaglie, una rete con un materasso sdrucito e un enorme frigorifero che conteneva bibite, pane, piadine e brioches surgelate. Ogni tanto Susanna scongelava un panino e pensava e disegnava piume e volava via con la testa.

Un giorno decise di avventurarsi in pineta con Joe. Camminò diretta verso il centro del paese, era una passeggiata abbastanza lunga perché la Casa vacanze era in XVIIa traversa, quasi all’inizio del paese al confine con Lido di Savio, prese la direzione opposta e arrivati alla canalina un’indicazione stradale comunicava che svoltando a destra in via Gora si poteva raggiungere La Casa delle Farfalle.  Non l’aveva mai vista, o meglio una volta c’era stata ma era troppo piccola per ricordare. Decise di proseguire sulla strada asfaltata e raggiunse la meta, non senza fatica perché a Joe friggevano le zampette e sembrava assetato. Arrivati al museo delle farfalle, l’amara scoperta: Joe non poteva entrare. Ritornò a casa ed escogitò di riprovarci il giorno dopo. I suoi genitori però non dovevano sapere. Voleva che quella fuga rimanesse segreta. I genitori in verità sapevano benissimo che Susanna si rifugiava nella casetta degli attrezzi e si nutriva di piadine surgelate prese dalla ghiacciaia, ma la lasciavano fare. Non avrebbero però mai immaginato che lei si allontanasse così tanto da casa, poi quell’anno avrebbero voluto dirle che avevano bisogno di una mano al bar. Ma aveva finito la seconda media così esausta e demotivata che avevano preferito lasciarla libera. Il giorno dopo, Susanna lasciò Joe a casa, con la scusa che doveva vedere un’amica che non amava gli animali. Sarebbero andate al mare, nella spiaggia libera accanto a Cala Zingaro.  

Partì alle nove di mattina, con l’ingombro dello zaino, che in realtà non le serviva, in cui aveva messo il telo da mare, una bottiglietta d’acqua e le Havaianas. Ripercorse la strada del giorno precedente in parte attraversando la pineta, che era il suo cuore di tenebra, inciampando nelle radici dei pini, sbucciandosi le ginocchia, e in parte sulla strada asfaltata. La casa delle Farfalle scoprì che è una realtà molto più articolata di quanto ricordasse. Non seguì l’ordine della visita, fece di testa sua, perché si lanciò immediatamente alla scoperta dell’attrazione principale della struttura, caratterizzata da un ambiente tropicale e rigoglioso in cui volano libere centinaia di farfalle colorate provenienti da Asia, Africa e America. Nella serra di 500 metri quadrati la temperatura oscilla tra i 28 e i 30 °C con un’umidità del 65-70%. Con queste condizioni è stato riprodotto l’habitat naturale delle farfalle tropicali per garantire loro ideali condizioni per la vita. Nella serra infatti compiono l’intero ciclo di vita, nascendo dalle crisalidi all’interno di due nursery. I custodi consigliano di indossare indumenti colorati, in particolare rossi o blu, se si desidera che una farfalla si posi sui visitatori. 

Susanna uscì con le ali sotto i piedi e galvanizzata decise di ricominciare la visita andando con ordine. Dopo aver trascorso dieci minuti in compagnia di un esperto che in modo poetico e suggestivo ha spiegato i fili invisibili che legano tutti gli esseri viventi, ha visitato il grande giardino esterno: un bosco botanico che racchiude, oltre a specie della pineta e piante adatte a favorire la biodiversità, alcune installazioni vegetali, un hotel delle farfalle e alcuni angoli nascosti dove perdersi nella natura. Poi un padiglione interamente dedicato agli insetti dei tre ambienti: aria, acqua, terra. Nei terrari, dentro un grande formicaio e in una vera arnia Susanna ha potuto osservare tante specie di insetti, sia locali sia specie stravaganti e mai viste provenienti da altri Paesi tra cui scarabei, blatte giganti, insetti foglia, mantidi e tanti altri.

Infine, rientrò di nuovo nella casa delle farfalle tropicali. Susanna rimase estasiata, vedere volare le farfalle fra la vegetazione rigogliosa, era una meraviglia. Indossava una maglietta rossa e una farfalla con ali di velluto di colore arancione, giallo e blu elettrico si posò sulla sua spalla. Aveva le farfalle persino nello stomaco per quel colpo di fulmine che la vita le stava regalando.

Quell’estate Susanna aveva fatto una scoperta. Da lì in avanti nulla sarebbe più stato più come prima. Decise di dare una mano al bar, dove oltre al caffè servivano i panini della ghiacciaia riscaldati su un fornetto, andava ancora a rifugiarsi nella baracca, per disegnare le piume, crebbe in altezza e si fece donna, ma soprattutto ogni tanto tornava a vedere volare quelle stupende farfalle coloratissime. Si era comperata un libro nel book shop e aveva letteralmente imparato a leggere. Era la sua una rinascita, la sua rivalsa sulla dislessia, nel segno del volo. Un volo concreto, epifanico, che apriva prospettive e proiettava un futuro non più da “fragile”, come si era definita rubando le parole agli adulti. Aveva anche acquistato un kit con accessori e attrezzi e aveva costruito un giardino delle farfalle nel parco della sua casa vacanze. Il suo migliore amico era Joe e aveva due genitori complici e solidi.

Il famoso detto cinese che il battito d’ali di una farfalla può causare uragani nell’altra parte del mondo era più che mai vero. Piccole cose possono generare grandi cambiamenti. Quell’uragano adolescenziale le era scoppiato fra le mani, mentre con la testa volava con le farfalle e con le piume. 

Susanna è diventata pilota di elicotteri. Fa servizio di elisoccorso a Ravenna. Ha ancora una grafia un po’ svolazzante: un vezzo di cui non si vergogna più. 

 

Francesca Codazzi

 

P.S. La Casa delle Farfalle è a Milano Marittima ed è un luogo incantevole, per il resto nomi, situazioni e luoghi sono di pura fantasia

 

29 risposte

  1. Proprio oggi, mentre passeggiavo nella mia soleggiata e ventosa campagna salentina, sono rimasta incantata ad osservare la grazia e la bellezza di due coloratissime farfalle che volteggiavano davanti a me come in una danza leggera. Nel tuo nuovo racconto ho trovato la stessa grazia e la stessa bellezza! 🦋😍

  2. Cara Francesca, il tuo stile narrativo è accattivante. Le storie dei tuoi protagonisti sono sempre reali e mai banali.
    Quanti ragazzi sui banchi di scuola si sentono inadeguati e poi nella vita si realizzano al meglio.
    Brava, coltiva la passione del narrare perché hai notevoli capacità. Un caro saluto ed abbraccio.

    1. Cara Maria Teresa, sono lusingata dalle tue parole. Hai colpito nel segno. Hai colto il messaggio. Grazie!

  3. Bellissimo anche questo racconto. Sei proprio brava Francesca. Riesci a cogliere l’ essenza delle cose e trasmettere messaggi di incoraggiamento a chi vive situazioni di fragilità come quelle della protagonista del tuo racconto. Il tutto con uno stile fantasioso e ricco di descrizioni. Grazie per le emozioni che riesci a regalare ai tuoi lettori. Scrivi ancora

  4. È sempre un piacere leggerti, Francesca. Ognuno di noi è fragile e forte al tempo stesso, solo le definizioni sociali stabiliscono i parametri. Davvero bello questo racconto in cui un battito d’ali di farfalla provoca un uragano nella vita di una ragazza che si affaccia alla vita adulta. Ed è proprio così, soprattutto a quell’età piccole cose provocano grandi mutamenti.

  5. Molto bello!!! Simona Vecchini ha scritto un libro “i bambini si rompono” che trovo molto bello e profondo. Me lo ha ricordato la protagonista…questa bimba che non riesce ad unire i pezzi della sua infanzia e poi ce la fa, credendo in se stessa, sostenuta dai genitori. Brava Francesca!!!

  6. Come sempre Francesca è meravigliosa nell ‘ esprimere i sentimenti nascosti.
    Si dice che quando una farfalla ci gira intorno sia un nostro caro che ha raggiunto la casa del PADRE.
    Francesca ti sto applaudendo.

  7. Adesso mi sono ripromesso di leggere tutti i suoi racconti pubblicati. Complimenti. Concordo pienamente con la signora Azzini. La vita, dopo la scuola, riserva molte sorprese. Molto, molto bello.

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