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Signor Direttore

ho letto un articolo di Cremona Oggi del 18 aprile.  In esso apprendo che una serie di associazioni cremonesi di volontariato (Accd, Admo, Articolo 32; Avis, Associazione Angeli Custodi, Cri, Donatori Tempo Libero, La Tartaruga, Occhi Azzurri, Futura) plaudono all’iniziativa regionale per la costruzione di un nuovo ospedale, “all’avanguardia tecnologica, con maggiore efficienza organizzativa e con una reale integrazione con le reti sanitarie e del territorio, che sia connesso alla rete della cronicità, ai servizi domiciliari e riabilitativi, soprattutto in vista dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle fragilità”. 

Come non essere d’accordo? “Bello, grande, mio!” Verrebbe da dire. 

Sorgono però spontanee alcune perplessità… 

In primo luogo, mi sfugge completamente il motivo per cui un edificio ospedaliero “vintage” non sia in grado di essere ben organizzato con efficienza e non possa connettersi a tutte queste belle cose: non è un problema di edilizia, semmai un problema di capacità organizzative e infrastrutturali che prescindono dal fatto che si usi il giocattolo nuovo o quello vecchio… In secondo luogo, abbiamo in Italia, cosa sotto gli occhi di tutti (o quasi), un gravissimo problema di sanità pubblica, ormai già sfasciata, in cui non è più possibile avere un equo accesso alle cure. Questo però è un problema legato in primo luogo alla scandalosa mancanza di figure professionali: mancano medici, infermieri, operatori sanitari; la cosa si trascina ormai da un po’ di anni, senza che nessuno tra coloro che sarebbero deputati a risolverla abbia fatto alcunché di realmente efficace. 

Ora, costruire un nuovo ospedale (come pure tante belle Case di Comunità), pur avveniristico, scintillante, cromato senza PRIMA risolvere il problema del personale che andrà ad operare al suo interno equivale a costruire una casa partendo dal tetto: un’assurdità. 

E uno spreco di denaro pubblico, aggiungerei. Ma a quello, tant’è, nessuno bada più. Trovo estremamente sensato, a questo punto, che le realtà che operano nella sanità cremonese si incontrino e si interroghino su cosa sia realmente necessario al territorio e su come realizzarlo. Una riorganizzazione non può prescindere dall’opinione e dai suggerimenti degli operatori del settore: a questi soggetti in primis ci si dovrebbe rivolgere. 

Invece si insiste sempre e solo a imporre soluzioni dall’alto, spesso portate avanti da chi non conosce (o finge di non conoscere) la realtà dei fatti. 

Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. 

 

Una sostenitrice del Movimento per la riqualificazione dell’ospedale di Cremona

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