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Le indiscrezioni parlavano di una riapertura dopo l’estate, ma ad oggi il bar ristorante del Museo del Violino resta inesorabilmente chiuso. Sembra paradossale, ma una delle principali attrazioni di Cremona in ambito museale non ha un punto di ristoro per i turisti da cinque mesi.

Il precedente esercizio, “La Chiave di Bacco”, ha chiuso i battenti nel mese di luglio di quest’anno, con un laconico cartello che recava la scritta “Chiuso per rinnovo locale”.

Adesso, come si vede dalle foto, il cartello è sparito e le vetrate del bar ristorante sono coperte da pannelli raffiguranti violini e archi. Per chi visita la struttura, dunque, non c’è nemmeno la possibilità di bere un caffè, fermarsi per un aperitivo o pranzare.

Si è appurato che dovranno essere effettuati dei lavori di sistemazione dell’area che era adibita a bar ristorante ma non è dato sapere se i lavori siano già partiti o meno.

Il dato di fatto è che la tanto decantata attrazione turistica di piazza Marconi rimane probabilmente uno dei pochi musei italiani di un certo livello del tutto privo di un punto di ristoro. Tra le voci raccolte già nei mesi scorsi, quella che puntava sulla “gestione diretta”, ossia sulla riapertura del bar ristorante curata dalla Fondazione Museo del Violino, composta dal sindaco Andrea Virgilio in qualità di presidente, da Giovanni Arvedi (presidente onorario), dal vice presidente Umberto Cabini e dal direttore generale Virginia Villa, affiancati dal Cda. Sarebbe in altre parole la Fondazione a occuparsi di trovare un nuovo gestore, ma allo stato attuale niente sembra muoversi.

Va ricordato che il locale già in passato ha visto un avvicendamento nella gestione, cambiata una prima volta e successivamente cessata.

Resta pertanto il paradosso di una delle principali strutture culturali locali completamente sguarnita di un servizio di ristoro a beneficio di turisti e visitatori. E all’orizzonte non si vedono ancora soluzioni. Solo quei pannelli che oscurano del tutto l’area un tempo adibita allo scopo.

Nel frattempo, cinque mesi sono trascorsi.

Federico Centenari

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