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Dopo i recenti “movimenti tellurici” della politica internazionale, penso che ognuno di noi dovrebbe fare qualche riflessione sul mondo cui apparteniamo: l’Occidente. Sull’argomento sono stati versati  fiumi d’inchiostro, soprattutto da parte di maîtres à penser convinti di possedere  doti divinatorie che li spingono alternativamente ad amare o, più spesso, a detestare la nostra cultura. 

Fortunatamente non appartengo a questa nutrita schiera di gente infatuata del proprio pensiero. Mi limiterò a qualche breve considerazione che non sconvolgerà l’animo di nessuno, ma che mi aiuterà a chiarirmi le idee. 

Federico Rampini, con  onestà intellettuale, considera l’argomento “Occidente” sotto più di un aspetto, compreso il rapporto fra la nostra cultura  e le altre, sorte a latitudini diverse. I  detrattori ad oltranza della nostra focalizzano l’attenzione sui delitti commessi in passato – si allude in particolare allo schiavismo e al colonialismo -,  come se l’Occidente fosse l’unico responsabile del male planetario; bisogna invece ricordare che prima che arrivassero gli europei, nell’Africa pre coloniale lo schiavismo era diffusissimo, così come bisogna tenere presente che in seguito nel continente nero sono arrivati gli arabi, i mercanti di uomini  più grandi della storia. 

Anche nella Cina imperiale gli schiavi erano una presenza “normale” e, parlando di colonialismo, ancora oggi la Cina comunista considera “province” la Mongolia interna e il Tibet che poco o punto hanno da spartire in termini storici e culturali con la repubblica di Xi Jinping

Non è giusto tuttavia pensare che i peccati  degli altri bastino a consolarci o, peggio, ad assolverci dai nostri. 

Colonialismo,  invasione e sfruttamento di vaste aree del pianeta e altre amenità  del genere hanno alimentato in noi un forte senso di colpa che ancora oggi inquieta. E che in parte ci ha fatto scordare che l’Occidente ha prodotto  cultura e tecnologia straordinarie di cui il mondo intero ha potuto beneficiare. In proposito basti ricordare il Rinascimento, i vaccini, le rivoluzioni sociali e le tecnologie agroalimentari. Queste ultime hanno permesso di affrontare la fame in molte aree del pianeta; mi riferisco in particolare all’India che oltre mezzo secolo fa versava in condizioni disastrose e che oggi è uno dei maggiori esportatori di prodotti agricoli.

L’Occidente è stato il primo ad abolire la schiavitù nel 1862, l’Arabia ha fatto lo stesso, ma esattamente  un secolo dopo, nel 1962.

Montanelli nella pagina conclusiva del suo libro La storia di Roma scrive: “Mai città al mondo ebbe più meravigliosa avventura, la sua storia è talmente grande da far sembrare piccolissimi anche i giganteschi delitti di cui si è macchiata...” Belle parole che per analogia con la nostra storia più recente inducono alla tentazione di minimizzare i nostri delitti  in un maldestro tentativo di auto assoluzione.

L’Occidente contemporaneo è molto diverso dalla Roma dei Cesari:  le malefatte vecchie e nuove (soprattutto queste ultime), sono state compiute in nome del progresso – cioè miglioramento morale e materiale – ,  ma che è stato volutamente confuso  con la crescita tecnologica a scapito della cultura.

Questo, a mio parere, è l’equivoco che ognuno di  noi  dovrebbe chiarire. Penso sia necessario fare leva sull’etica individuale, perché caricarsi sulle spalle le colpe dei padri non serve proprio a niente, anzi serve a dare spazio a quegli intellettuali che scagliano sprezzanti anatemi contro una cultura che non ha uguali e di cui godono impunemente tutti i benefici.  

 

Giuseppe Pigoli

L'Editoriale

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