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«Sventurata la terra che ha bisogno di eroi» (Vita di Galileo, Bertolt Brecht). E perché no, sventurata la provincia che ha bisogno dei comitati spontanei. Se questo è vero, nel nostro territorio non siamo messi bene. I comitati abbondano e sono molto attivi.  Si trovano nel capoluogo, nel Cremonese, nel Cremasco e nel Casalasco.  Tra i più recenti spiccano  i comitati contro la realizzazione del nuovo ospedale di Cremona, contro il biometano di Soresina, contro gli insediamenti logistici di Picenengo e di Castel Gabbiano. Tra i più stagionati, sono da ricordare  il comitato contro l’autostrada Cremona-Mantova e il Coordinamento cittadini e cittadine per l’ospedale Oglio Po.

L’elenco sarebbe più lungo, ma lo spazio è tiranno.

E’ diventato un modello di efficienza ed efficacia il comitato contro la costruzione del biometano di San Rocco guidato dalla coppia Michel Marchi e Luigi Lipara.  Strategia, organizzazione e comunicazione le loro armi vincenti. Poi ci sono i comitati di lunga data. Strutturati, si occupano prevalentemente di salvaguardia ambientale. Spesso svolgono una funzione di consulenza, di tutor ai fratelli minori e ai neonati.  Cartina di tornasole dei tempi di oggi, questi movimenti segnalano una frattura nel rapporto tra amministratori e amministrati. Rappresentano il dissenso dei cittadini. Amplificano la difficoltà di dialogo. Certificano lo scollamento tra istituzioni e popolo. Testimoniano il fallimento della politica e della mediazione. Della dialettica. Del confronto. 

J’accuse a logiche di potere obsolete, indirettamente invitano al pensionamento i rappresentanti di un ancien régime che non vuole abdicare. Riluttanza favorita dalla scarsità di alternative valide, con i giovani sulla rampa di lancio già impastoiati nel sottobosco della politica, terra di nessuno. Un posto privo di ideali e di etica, legittimato con il ricorso al pragmatico fine che giustifica i mezzi.   Appena svezzati sono già esperti di camarille e di opachi accordi sotto banco. Furbi e muscolosi, sono già assuefatti e integrati in un sistema gridato e ballerino, pronti a modificare opinione in funzione dei sondaggi e dello pseudo capo di turno. 

Virgulti, invecchiati prima di sbocciare, più interessati alla carriera, si spendono più per se stessi che per la cosa pubblica. Attenti alla direzione del vento hanno sostituito il «Personale è politico» slogan delle femministe, ma valido anche per altre categorie con il  più attuale  «Personale è economia» e con le relative conseguenze. 

 Non sono cinici e spietati come Frank Underwood di House of Cards, ma non è peregrino il dubbio che abbiano dimenticato la capacità e il piacere di essere giovani.  Di sognare, sperare e immaginare.  «Nessun inferno sotto di noi. Sopra solo il cielo» (John Lennon) non si trova nella cassetta dei loro arnesi.

Troppi sono apprendisti stregoni con maestri non degni di tale qualifica. Troppi, nei fatti, anonimi impiegati della politica. Troppi eterodiretti e ventriloqui.   

I comitati spontanei nascono per scelte pubbliche non condivise da una parte di cittadini alle quali si aggiunge il rifiuto o la resistenza del Comune, o di altre istituzioni, di accettare un confronto sereno e scevro da pregiudizi. Oppure per interventi promessi e mai realizzati o da esigenze contingenti e parzialmente affrontate.

Non mancano le eccezioni. La più eclatante è la chiamata alle armi per l’opposizione alla discarica di materiale ferroso prevista a Grumello. Sulle barricate Pro Loco, cittadini e tre sindaci: Maria Maddalena Visigalli (Grumello Cremonese ed Uniti), Luca Moggi (Pizzighettone) e Oreste Daniele Bricchi (Acquanegra). Azione sinergica e condivisa tra Comuni e amministrati, pone un interrogativo: perché azioni di questo tipo non succedono nel capoluogo?

I comitati spontanei non sono una novità.  Il più famoso è quello del referendum contro l’inceneritore, vinto dai contestatori e tradito dall’Amministrazione comunale. Con il passare degli anni qualcosa però è cambiato.  A differenza del passato, oggi sono più numerosi. Godono di visibilità, peso e seguito notevoli. Il decadimento dei corpi intermedi contribuisce a questa età dell’oro della lamentela organizzata. Con i partiti ripiegati su se stessi, preoccupati a garantirsi la propria sopravvivenza, è naturale che i cittadini si organizzino autonomamente e si rivolgano in prima persona alle istituzioni. 

La discesa agli inferi dei corpi intermedi trova conferma in un segretario provinciale del Pd mai presente sui temi caldi della Pubblica amministrazione e nel commissariamento del circolo di Fratelli d’Italia di Crema.  Non ultimo il feeling sotto il Torrazzo tra Pd e Fratelli d’Italia. Ricorda la storia di Pretty Woman, con l’incognita di chi sia Edward e chi Vivian.  Chi sia Richard Gere e chi Julia Roberts. Chi il corteggiato e chi il cascamorto.  

L’illusione della democrazia diretta esplosa con i social, l’informazione digitale, lo sgretolamento del monopolio della stampa di regime, le divisioni sempre più sfumate tra maggioranza e opposizioni, l’affievolirsi della disciplina di partito, favoriscono la nascita delle aggregazioni spontanee.

La retrocessione del bene comune e il contemporaneo aumento dell’interesse verso gli stakeholder nella priorità delle confraternite dei pubblici amministratori, incoraggiano il fai da te dei cittadini, che contestano l’ente pubblico responsabile della decisione finale.

Tra le cause di conflitto non è da sottovalutare l’urbanistica contrattata. Pratica legittima, concede la facoltà a pubblico e privato di pianificare insieme il destino di un’area. Una negoziazione che in alcune circostanze è solo un apparente vantaggio per la comunità.  Qualche volta è una mezza fregatura e sale  il malcontento  dei residenti  nella zona interessata e viene gettato il  seme per la costituzione di un comitato.  Raramente l’urbanistica contrattata è richiesta dal singolo cittadino, bisognoso di un mutuo per un bilocale in periferia. Più spesso è praticata da soggetti finanziariamente potenti per interventi milionari.

Tra i fattori scatenanti delle aggregazioni spontanee la depoliticizzazione in atto della società svolge un ruolo rilevante.  Anfetamina socio-culturale, esalta la scelta di stare sulle barricate e di sentirsi protagonisti. Catalizzatore sociale,  agevola  la protesta corale. I comitati scombinano le carte. Le sparigliano. Modificano equilibri e prassi consolidate e incistate. Intaccano i canoni del fare politica nel terzo millennio.  Si formano e vivono per un’inadeguata propensione all’ascolto delle Amministrazioni pubbliche. Qualche volta per ingenuità.  Altre per opportunismo politico. Nascono su questioni specifiche. Si sciolgono a missione compiuta. Trasversali per colorazione politica e censo, sono guidati da uno o più leader. 

Per il nostro territorio cresciuto e contemporaneamente castrato da un dirigismo di tipo sovietico, imposto con l’alibi di un futuro migliore, i comitati sono indigesti.  Per i capi branco, perseguitati dalla fissa del maschio alfa, cromosoma  assente nel loro Dna,  i comitati  sono la variabile incontrollata e destabilizzante entrata nella loro monade.

Per il teatrino della politica locale i comitati sono un’emergenza da tamponare senza ricorrere al dialogo, bensì con la ragione di stato che è superiore a tutto. Anche al buon senso e alla logica. 

I comitati non sono il  People Have The Power di Patti Smith, ma è tanta roba per la nostra provincia.  Fortunato il territorio con molti comitati. Dieci, cento, mille per cambiare. Per una politica diversa. Più dialogante e meno arroccata sulle proprie decisioni. Più umile e meno autocelebrativa. Un’utopia? Mai dire mai.

 

Antonio Grassi

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