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«Ieri, 29 settembre, seduto in quel caffè, io non pensavo a te …» (Equipe84)

Cremona capitale della politica della mutua. Della politica vuota e nuda, miope verso il bene comune, ma occhio vigile e orecchie drizzate per gli interessi di partito. Capitale della politica priva di bussola e rare idee proprie, ma sempre pronta a sposare quelle degli stakeholder. Cremona capitale della politica sofferente per l’endemica penuria di leader carismatici e di generali credibili e affidabili. Ricca di aspiranti stregoni, privi di numeri per arrivare alla meta, ingolfata da balabiott e barlafus.

Il riconoscimento di tutto questo mancava nei palmares del capoluogo e del territorio. Con le elezioni provinciali dello scorso 29 settembre la lacuna è stata colmata. La medaglia e il diploma di encomio ora figurano sul petto dei politici locali e nella bacheca dei partiti accanto all’attestato di città italiana con l’aria più inquinata d’Italia. Vicino al cameo per il referendum tradito, evento unico nella storia non solo locale, e inno alla vergogna. In compagnia della pergamena per il canale navigabile, imperituro monumento allo spreco di denaro pubblico. A fianco del certificato con la lode per la presenza di carne e latte di volpe nella dieta quotidiana di partiti e politici. Alimentazione che ha prodotto la cessione di Lgh ad A2a e l’accettazione della dittatura milanese e bresciana.

In un angolo, nascosta e poco visibile, una scritta su una lapide ammonisce Medico cura te stesso. Dedicata ai cittadini per avvertirli che è sterile lamentarsi se manca l’azione, il coraggio per promuovere il cambiamento.

«Ieri, 29 settembre, seduto in quel caffè, io non pensavo a te …».

Le polemiche intestine del centrodestra dopo la sconfitta elettorale e gli interventi maramaldi e spocchiosi del centrosinistra vittorioso, assegnano ai partiti il podio olimpico dell’insulsaggine e dell’inettitudine. Ad alcuni consiglieri comunali garantiscono invece un posto nella storia locale per il nobile sacrificio di essersi recisi volontariamente gli ammennicoli per fare dispetto al collega di cordata.

Il risultato delle elezioni provinciali certifica il trionfo della non politica. Del tanto fumo e del poco arrosto. Del niente, mascherato da roboanti promesse. Della smisurata vanagloria. Dell’autoreferenzialità suicida.

«Ieri, 29 settembre, seduto in quel caffè, io pensavo a te …».

È indubbio che qualcosa non abbia funzionato nella risibile macchina da guerra elettorale del centrodestra che, solo per assonanza e nient’altro, richiama alla memoria la scoppola rimediata nel 1994, trent’anni fa, dalla gioiosa macchina da guerra del Pds di Achille
Occhetto.

È comprensibile l’incazzatura dei dirigenti della coalizione di centrodestra per la sconfitta di Alberto Sisti, il loro candidato alla presidenza. Stupisce la reazione scomposta ed emotiva dei perdenti. Sorprende la scelta di buttarla in rissa di condominio con toni da social. Con stracci che volano per aria e panni sporchi lavati in piazza. Con accuse di lingue biforcute e di tradimento. Con fendenti e duelli all’arma bianca. Parole come coltelli e dichiarazioni in libera uscita. Nervi scoperti. Con il centrodestra trasformato in pollaio ingovernabile e Fratelli d’Italia nel tritacarne. Sbalordisce che nessuno abbia contato fino a dieci prima di aprire il fuoco. Che nessuno si sia avvalso del tradizionale suggerimento calma e gesso. Che nessuno sia ricorso al Lexotan. Che nessuno abbia applicato il saggio consiglio: se ti fottono non muoverti, se ti agiti fai il gioco del sodomizzatore.

«Ieri, 29 settembre, seduto in quel caffè, io non pensavo a te …».

In questa contesto il centrosinistra ne ha approfittato per apparire un gigante. Per fare un figurone. Per essere Cavour che invia le truppe in Crimea. Senza pietà, ha girato il coltello nella piaga. Cinico, ha ravanato dentro il fallimento del centrodestra.

Il trionfo di Roberto Mariani, il caposquadra, è assurto a manifesto e icona. A paradigma per sbaragliare i concorrenti nelle partite di risiko della politica locale. È diventato inno della capacità aggregativa del centrosinistra. Modello di destrezza nel mischiare a proprio favore il mazzo delle carte. Nuovo punto di riferimento della prestidigitazione politica.

«Ieri, 29 settembre, seduto in quel caffè, io pensavo a te …».

Luciano Maverick Pizzetti non aspettava altro. Campione nel cogliere debolezza e cazzate dell’avversario e utilizzarle per demolirlo, è salito in cattedra. Con voluttuosa ferocia ha prima impartito una lezione di politica al centrodestra, poi lo ha gratificato con un trattamento completo di barba e capelli.

«Se il centrosinistra si fosse presentato guardando solo all’interno del proprio perimetro, avrebbe perso. Invece ha avuto la capacità e l’intelligenza di restare unito guardando oltre i classici confini. Ha coinvolto sindaci e consiglieri comunali, parecchi politicamente collocati altrove. Diverse espressioni di liste civiche, altri del centrodestra. Lo ha fatto sui contenuti e sulla qualità della proposta, a partire dalla candidatura a presidente. Guardando agli interessi generali del territorio. Lo ha fatto senza boriosa autosufficienza
e con vero spirito unitario» (La Provincia, 1 ottobre).

Indirettamente, Maverick ha ribadito, forte e chiaro, che l’unico, vero, originale e inimitabile top gun della provincia è lui. Immarcescibile e inossidabile. Inflessibile, poco portato al perdono, all’ulivo preferisce la spada: Vae victis. Pizzetti come Brenno, più di Brenno. Può permetterselo, ma è alto il rischio di collocarsi sui coglioni del prossimo.

«Ieri, 29 settembre, seduto in quel caffè, io non pensavo a te …».

Poi c’è il fattore B, la variabile incontrollata del sistema. Il doping che permette di fare risultato. Il king maker delle elezioni provinciali. Il reale vincitore della partita. Tutti i politici lo conoscono, tutti lo nominano, tutti lo temono. Tutti lo criticano. Quasi tutti si avvalgono del suo aiuto. In segreto. Che segreto non è. È il segreto di Pulcinella. Fabio Bertusi, quarantenne soresinese è, piaccia o meno, uno dei rari politici sulla piazza. Uno dei migliori. E non è una battuta. . Se Pizzetti è Maverick, lui è Tom Iceman Kazansky. Distribuisce le carte, tira le fila. Decide il vincitore (Vittorianozanolli.it). Sta nel centrodestra, ma per i vertici della coalizione è un alieno. Il centrosinistra finge di ignorarlo, ma senza di lui Mariani non sarebbe presidente della provincia.Non è un appestato, ma pochi ammettono di essergli amico. Lui tira dritto per la sua strada. Caterpillar della politica locale spiana i suoi detrattori. Provoca attacchi d’ansia e incazzature storiche. Lo danno per finito. Lui è sempre lì.

Nel 1848 il comunismo era lo spettro che s’aggirava per l’Europa. Oggi Bertusi è lo spettro che s’aggira per la provincia. Il comunismo non è più uno spettro. Lui continua ad esserlo. Sdoganarlo e giocare con lui a carte scoperte potrebbe risultare la miglior scelta per iniziare a uscire dalla politica della mutua e passare a quella degli specialisti. E lui perderebbe l’alone dell’emarginato vincente. Dell’intrigante cavaliere solitario.

«Oggi 6 ottobre, seduto in quel caffè, io penso che nulla sia cambiato».

Cremona capitale della politica non politica. Di balabiott e barlafus. E con il fattore B che la tiene per le palle.

Antonio Grassi

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