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Colgo una lacuna per me dirimente nel giudizio con cui Alessandro Parmigiani (blog vittorianozanolli.it 26/ 04/25) plaude a 360 gradi all’impegno di papa Bergoglio in tema di pace, accoglienza, uguaglianza, rispetto dei diritti, chiosando che “nessuno potrà eguagliare la grandezza di Francesco, profeta di questi tempi, testimone potente del Vangelo, gigante della storia dell’umanità”.                                                                                                                                                     

E’ però un dato ineludibile quanto sia poco evangelico e profetico il niet di questo Papa e della Chiesa rispetto al riconoscimento e alla dovuta riabilitazione della dignità delle donne, di diritto figlie di Dio come ne sono figli gli uomini. La Chiesa storica come quella di Bergoglio è portatrice di una cultura fondata su un vieto patriarcato che riconosce in esclusiva all’umanità maschile quell’investitura di sacralità che ha maschilizzato la Chiesa da sempre.                                     

Questa non è solo un’ingiustizia mai sconfessata contro l’intera umanità femminile ma è anche la negazione di quei principi di uguaglianza, rispetto dei diritti, accoglienza di cui si dà merito a papa Bergoglio. Di fatto la maschilizzazione della Chiesa, saldamente innestata sull’intreccio tra sacralità del maschio e potere decisionale di una gerarchia al maschile, non solo ne contraddice i principi fondativi ma sancisce un disallineamento tra i generi che fa del femminile una sottospecie connotata da una minorità, stabilita ab aeterno e come tale ad esso consustanziata, che ha il suo pesante corrispettivo in una storia e in un presente di marginalità sociale che relega la donna nel ruolo di utile complemento colorato e distrattivo di cui sia ammesso il possesso e anche l’abuso.                                                                                             

Questa Chiesa, Papa compreso, tradisce il messaggio evangelico se rinuncia a quel ruolo profetico fuori dal quale è solo un’accolita terrena di maschi proni in nome della tradizione a venire a patti col Verbo che dovrebbero testimoniare. La pace nel mondo, che è pace tra gli uomini e implica giocoforza la pace tra i generi, non può che fondarsi sul rispetto dei diritti di ciascuno e su principi di eguaglianza. Fuori da questi binari c’è spazio solo per l’ipocrisia di chi sventola bandiere cui non corrispondono le azioni utili a dare sostanza ai principi affermati.                                                                                       

Che la Città del Vaticano per volontà di Bergoglio oggi sia governata da una donna è fatto insignificante. Lo snodo non è restituire piccoli spazi di potere a qualche donna ma riconoscere all’intera umanità femminile la partecipazione a quella sacralità che non può essere di genere ma che per secoli la Chiesa di questo e di ogni Papa le ha negato in ossequio a una tradizione frutto di un compromesso tutto terreno tra la città di Dio e la città degli uomini.

E reputerei non necessario l’intervento dello Spirito Santo a correzione di questo secolare errore e devianza. Basterebbe guardare al mondo cristianamente per rimediare ad una scandalosa ingiustizia che ha dato e dà ragioni anche teologiche ad una cultura di sopraffazione e subordinazione dell’umanità femminile a mai tramontate politiche di potenza e competizione (con i loro corollari di guerre in campo) che derubricano un intero genere a mezzo rispetto a fine con l’esproprio in capo alle donne del controllo del loro potenziale riproduttivo e del diritto di decidere dei propri destini e vocazioni.  Difende la pace non chi parla di pace ma chi denuncia e corregge ingiustizie, pretese primazie e squilibri a partire da quelli di casa, soprattutto se questa si chiama ‘Casa di Dio’, perché la pace è un modus vivendi.

Se la Chiesa ha definito l’aborto ‘disordine morale grave’ e Bergoglio è stato ancora più tranchant nel giudizio e nel linguaggio, lo stesso giudizio vale per una Chiesa che insiste nel negare all’intera umanità femminile il rispetto e il posto nel mondo che le spettano in nome della sua sacralità che non è ontologicamente diversa da quella riconosciuta all’umanità maschile.                                                                                                                                                        

Questa è la Chiesa di ieri e di oggi, questi sono i papi su cui, nessuno escluso, pesa un vulnus di proporzioni immani pervicacemente replicato e sottratto al giudizio di Dio e all’ammenda nella Storia. 

Chi darà al nuovo papa e a questa Chiesa, ancora succuba di poveri orizzonti molto terreni, “ali in guisa di colomba” così che “si alzino da Terra”, se lo Spirito ad oggi nulla ha potuto?  

 

Rosella  Vacchelli

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