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La politica può essere assimilata a un ecosistema? Perché no? Se è possibile, allora non sfugge alla regola che vede nella biodiversità un elemento che rafforza la produttività dell’ecosistema stesso. E qui sorge il problema.

La biodiversità nell’ecosistema politico provinciale è molto tenue, scarsa. Flebile.  Fioca luce di uno stoppino al termine del suo percorso. Negare questa evidenza è ficcare la testa sotto la sabbia. È miopia. Forse cecità.

La produttività politica locale, intesa come abilità di governare il territorio, di indirizzarne le scelte, di essere ascoltati a Milano e Roma tende allo zero. Intesa come carisma dei suoi rappresentanti tende a zero. Intesa come capacità di coagulare consenso e risorse e raggiungere decisioni condivise tende a zero. 

La biodiversità nell’ecosistema politico cremonese è utopia.  Asfittica, soffocata da un effluvio di parole, è omogeneizzata e omologata. Amalgamata. Indifferenziata. È piattume, linea retta con rare e minime incurvature, poche per inserire l’ecosistema politico locale tra quelli con spiccata biodiversità. È blob informe, fluido mortale per il futuro del territorio.

Non è biodiversità il magma pericoloso e ipocrita del vogliamoci tutti bene. Dell’unanimismo opportunistico e della coesione di facciata. Della confort zone per assenza di opposizione. Non è biodiversità la proposta, poi abortita, di una lista unica per le elezioni provinciali, minestrone per compiacere le associazioni di categoria, sostenitrici del progetto anche dopo il suo funerale.

Non è biodiversità l’appiattimento e l’adeguamento della politica alle esigenze e alle istanze degli stakeholder. Non è il rumore dei tacchi che battono ai loro comandi.  Non è l’essere ancelle al servizio di chi gestisce il convitto.

Biodiversità non è il pianto per il mancato abbraccio contro natura tra centrodestra e centrosinistra. Non è il dispiacere profondo, il tormento esistenziale, la sofferenza per il fallimento di una proposta antitetica al principio stesso di biodiversità. 

Non è il disappunto sincronizzato di Matteo Piloni, consigliere regionale Pd e di Renato Ancorotti,  senatore di Fratelli D’Italia, per l’affondamento dell’arca di Noè.  

«La ritengo – ha spiegato Piloni – un’occasione mancata, ma sono fermamente convinto che quanto non si è riusciti a costruire per questo appuntamento, si possa fare dopo» (Vittoranozanolli.it, 26 settembre). 

Dichiarazione da curato di campagna vecchio stampo, funziona per strappare applausi di benpensanti e moderati.  Per la pacca sulla spalla di ex democristiani.  Indigesta, invece, per gli oppositori dell’ammucchiata. Per i sostenitori della dialettica e del confronto. Per i tifosi della partecipazione. 

Spiace per l’angustia di don Matteo. Merita comprensione.  Ma, come si recita durante la messa, è cosa buona e giusta ricordare che, al di là di disquisizioni concettuali, il minestrone è saltato per la pretesa di Vittore Soldo, segretario Pd, di imporre un presidente con la casacca del proprio partito.

Comunque se don Matteo è fermamente convinto che l’ecumenismo trionferà e tutte le chiese cremonesi si uniranno sotto la bandiera provinciale, è probabile che così avverrà.  Ma sarà una sconfitta per l’ecosistema politico provinciale. Per la biodiversità.

A rafforzare l’auspicio unitario di Piloni ci pensa Roberto Mariani, candidato presidente del centrosinistra. 

Giovedì 26 settembre alle 18,54 ha inviato una mail ai sindaci e ai consiglieri della Provincia con la seguente nota di accompagnamento: «Buon giorno in allegato trovate l’elenco dei candidati, il programma elettorale e le istruzioni al voto relative alla lista Centrodestra per Cremona, relativamente alle elezioni provinciali del prossimo 29 settembre». Minchia, una rivoluzione.

Il testo è identico, virgole comprese, alla comunicazione inviata alle 12,35, poco più di sei ore prima, da Alberto Sisti, candidato presidente del centrodestra.  Particolare che fa pensare a un frettoloso fors’anche frenetico taglia-incolla operato dal condottiero del centrosinistra. Ma forse è un banale lapsus che evidenza l’inconscio desiderio di stare intorno a un desco comune.  Per ritrovarsi tutti seduti alla tavola del Padre e rendere felice don Matteo. 

L’ipotesi di un errore nel copia-incolla viene confermata il giorno successivo.  Venerdì 27, alle 8,08, Mariani invia agli stessi destinatari una seconda nota di accompagnamento con un leggera modifica. Il nome della lista è cambiato in Per una provincia Unita Mariani presidente.

Se Piloni è un curato di campagna, Ancorotti è un incazzatissimo e sbrigativo ispettore Callaghan. Sostiene la stessa tesi di don Matteo, ma è meno diplomatico e utilizza le parole come una Magnum 44.  

«Sono molto rammaricato, sarebbe servita una trasversalità per portare questa provincia fuori dal guado. Se non si è trovata la quadra, credo che – più che per i partiti – sia stato a causa degli interessi di persone che mirano a guadagnarsi una posizione. In politica ci sono mercenari e io con queste persone non voglio avere a che fare. Credo che dietro a tutto questo ci siano solo manovre per cercare qualche piccola prebenda, per dividersi piccoli poteri, come fosse nella bocciofila di turno» (Cremonaoggi, 26 settembre).

Sorprende che un navigato uomo politico scopra solo in questa occasione che il partito è anche un ascensore sociale.

Sorprende che il senatore indossati i panni del cavaliere della tavola rotonda e del moralizzatore, non citi i nomi dei mercenari.  Troppo facile sparare nel mucchio.

Sorprende che non abbia valutato la possibilità che la sua tirata possa essere intesa come una critica indiretta ai vertici di Fratelli d’Italia coinvolti nel fallimento della lista unica provinciale.

L’infatuazione per il tutti insieme appassionatamente, il rammarico di don Matteo e dell’ispettore Callaghan instillano il dubbio che, qualsiasi candidato vinca, esista già un accordo sulla spartizione dei posti. E anche questo non è biodiversità.

Ma non è biodiversità neppure la kafkiana storia del biometano a San Rocco e del possibile-probabile prolungamento della vita dell’inceneritore.

Non è biodiversità l’ingegneria genetica che ha spostato più in basso e dalla parta opposta della sua abituale collocazione la faccia di alcuni protagonisti della vicenda.  

Non è biodiversità l’amnesia che ha trasformato in un esercito di smemorati di Collegno, i sostenitori dell’impianto di biometano e che oggi lo rinnegano con impudenza (Vittoriano zanolli.it, 27 settembre). 

È biodiversità il comitato BiometaNo e l’opposizione al nuovo ospedale. Ma anche l’informazione non allineata.  E’ la schiera di chi milita per vivere e non per morire. 

Biodiversità è Pierangelo Bertoli, «guerriero senza patria e senza spada con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro».  

Biodiversità è un territorio un po’ più ribelle e meno ingessato.  Già, ribellarsi è giusto, migliora l’ecosistema politico e anche l’esistenza.

 

Antonio Grassi

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