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Mercoledì 5 marzo è una data che merita di essere ricordata. Promossa da Raffaele Leni, sindaco di Cappella de’ Picenardi, la riunione del Cantiere itinerante per la costruzione della zona Omogenea Cremona est si è tenuta a Pessina Cremonese. Presente il presidente della Provincia Roberto Mariani, all’incontro hanno partecipato una trentina di Comuni. «Non si tratta – ha precisato Leni – solo di un progetto teorico, ma di qualcosa che può davvero migliorare la qualità della vita dei cittadini» (La Provincia, 7 marzo). E, come Galilei, si può dire: eppur si muove. Si può affermare che la consolidata tradizione di Cremona mamma-padrona del territorio incomincia  a scricchiolare.

Ora è possibile sostenere, senza essere messi al rogo, che i tempi sono maturi per passare dalla centralità del capoluogo a quella del territorio. Rivoluzione copernicana, che nulla toglie alle prerogative dell’Amministrazione provinciale ma, al contrario, ne agevola il lavoro e la rafforza.     

Nessuno nega l’elevato peso specifico di Cremona nella politica provinciale. Nessuno nega l’importanza delle sue decisioni. Nessuno nega il suo stato di prima della classe. Nessuno pretende che diventi un Comune  primus inter pares.  Ma – per il bene e lo sviluppo della provincia – è innegabile la necessità  che il primo della classe sia un po’ meno primo e maggiormente disponibile al dialogo con i secondi e i terzi. Anche con i quarti. La riunione di Pessina Cremonese e le parole del sindaco Leni testimoniano che questa esigenza di interfacciarsi tra centro e periferia è forte. Sentita.  Probabilmente inarrestabile.  Cremona non può più essere, sempre e comunque la stella polare delle decisioni provinciali. La storia, l’evoluzione culturale, sociale e produttiva del territorio cassano la sua pretesa di rappresentare l’ombelico del territorio. E si può discutere anche la sua funzione di baricentro.

Cremona non possiede la forza di gravità per attrarre i Comuni limitrofi. Ancora meno quelli distanti. Non è il buco nero da cui nulla può fuggire, neanche la luce. 

Cremona è un colabrodo. Non trattiene, disperde. Lascia andare. Poco empatica, fatica a instaurare un feeling con gli amministratori pubblici fuori dai propri confini. Ma ogni regola ha le sue eccezioni. E nessuno come lei attrae i lanzichenecchi in cerca di terre da conquistare.

Cremona, signora un po’ âgé, s’illude d’essere un’irresistibile trentenne.  Crede alle promesse di qualsiasi bellimbusto giunto in città da Milano o da Roma a incassare il suo consenso. Poi, passata la festa, gabbato lo santo, l’amour fou, travolgente e cieco, puff, evapora. La favola finisce.  E a Roma e a Milano  Cenerentola scende dal cocchio e torna in cantina. Nessuno se la fila.  Non tocca palla.

Ma la questione è più complessa. Cremona manca di leader capaci di coagulare intorno a sé il territorio. E i pochi considerati tali sono sopravvalutati. Proclamati chief strategy officier  (fa più figo) per mancanza di concorrenza, di strategia, conoscono quella del tre sette e degli accordi sotto banco. Ofelè fa el to mester dice il saggio, ma in politica il suggerimento è spesso ignorato. 

Non s’intenda che tra i ciechi, gli orbi vedono. Questo no, però è consentito pensare che tra giocatori di serie C, anche quello di serie B appare un fenomeno e si convince d’esserlo. E allora succede che, se criticato, il campione prende cappello, offeso per lesa maestà. Ma non è re, né imperatore. E nemmeno generale. Forse sergente.

Ma a Cremona e anche in provincia – e questo è un ulteriore limite – sono rari, quasi introvabili i bambini che denunciano l’evidenza. I coraggiosi, capaci di gridare: il re è nudo. Ora, senza stracciarsi le vesti e imbastire processi sommari a presunti colpevoli, sarebbe cosa buona e giusta, equa e salutare per il territorio  rendere meno improvvisate, personali e più condivise le decisioni provinciali. Per migliorare questa situazione. Per uscire dal pantano. Per aiutare i piccoli e medi Comuni a superare difficoltà oggettive. Per creare una solidarietà leale tra gli amministratori pubblici. Per costruire una provincia più moderna, dinamica e coesa. Per ottenere questo risultato, lo strumento più efficace oggi è la costituzione di tre aree omogenee provinciali.  Non sono la panacea per risolvere i molteplici problemi del nostro territorio, ma possono essere un mezzo per evitare contrasti, sovrapposizioni. Per programmare meglio interventi e coordinare l’azione da Rivolta d’Adda a Casalmaggiore. Per risalire, almeno a Milano, dalla cantina al primo piano, senza la pretesa di giungere all’ultimo.

Le aree omogenee sono previste dall’articolo 9 dell0 statuto provinciale, adottato con delibera dell’Assemblea dei sindaci n. 1 del 23 dicembre 2014.  Esse «sono determinate secondo caratteristiche geografiche, storiche, culturali, sociali ed economiche. Costituiscono l’articolazione territoriale entro la quale promuovere lo svolgimento delle funzioni fondamentali della Provincia e le ulteriori funzioni eventualmente attribuite dalla legge».  Vengono costituite con delibera dell’Assemblea dei sindaci, su proposta del Consiglio provinciale.

Il Cremasco è stato il primo a cogliere l’opportunità. A battere questa strada. Un cammino lungo. Tortuoso.  Costellato da rallentamenti e rinvii. Permeato da sottile ostruzionismo. Estenuante.  Costituita da 42 Comuni, l’Area Omogenea cremasca è stata approvata all’unanimità (14 aprile 2017) dal consiglio provinciale, presidente Carlo Vezzini, detto the Rock.  

Sei anni dopo (26 aprile 2023), presidente Mirko Signoroni, ha ricevuto l’imprimatur dall’assemblea dei sindaci. «Tre sindaci vicini a Fratelli d’Italia (Annicco, Cappella Cantone e Pieve d’Olmi) si sono astenuti, i rappresentanti di Chieve e Monte Cremasco non hanno votato, mentre sono usciti i sindaci di Stagno Lombardo e Gerre Caprioli» (Cremonasera, 26 aprile 23). 

I cremaschi brindano, ma a metà.  I casalaschi non restano indifferenti.  Nell’occasione Stefano Belli Franzini, sindaco di Gussola, e Valeria Patelli, sindaco di Calvatone, applaudono e non nascondono la possibilità che il Casalasco segua le orme cremasche. 

Ma al traguardo finale manca una tappa. Serve l’approvazione del Regolamento. Per ottenerla è un calvario, con momenti di tensione-scontro-confronto con la Provincia.  Le verifiche del testo, delle virgole, dei puntini sulle i prendono circa un anno. Uno stop and go esasperante, con stop reali e go virtuali. Le doti diplomatiche e la pazienza di Silver fox-Gianni Rossoni, il presidente-tessitore dei cremaschi, la spuntano. 

Il 19 febbraio 2024 nell’aula magna dell’Istituto Torriani di Cremona, viene approvato all’unanimità il regolamento per le aree omogenee della provincia, nulla osta, successivamente ratificato dal consiglio provinciale. Habemus papam e un potente strumento per rilanciare la provincia e rafforzare l’unità. Per sfruttare meglio le potenzialità della periferia. Per evitare che un altro Streptococcus  doverensis spacchi il territorio e inneschi una guerra tra i poveri. Combattuta a colpi di documenti e dichiarazioni stizzite e alcune al vetriolo, non è stato un momento edificante. Non un esempio di unità. Non una storia da ripetere. 

L’incidente è però servito a  dimostrare la compattezza dell’Area omogenea cremasca e il ruolo di leader di Crema. Coraggiosa, non ha esitato, in consiglio comunale, ad approvare all’unanimità un ordine del giorno in favore di Dovera, senza dimenticare di proporre di lottare anche per Casalmaggiore.

I Comuni che si sono riuniti il 5 marzo a Pessina Cremonese posseggono tutti gli elementi   per ambire a strutturarsi in Area omogenea Cremona est. Posseggono storia, caratteristiche geografiche, culturali, sociali ed economiche richieste dall’articolo 9 dello statuto provinciale. Posseggono la frustrazione di essere troppe volte soli ad affrontare le difficoltà.

«Ci siamo resi conto – ha sottolineato Leni – di un dato di fatto: le unioni tra Comuni stanno soffrendo. I fondi statali tradizionali scarseggiano, ma allo stesso tempo vengono stanziate nuove risorse a livello nazionale e regionale per incentivare la nascita di aree omogenee. Questo significa che dobbiamo collaborare mettendo in comune personale, strutture e risorse per offrire servizi migliori e più sostenibili ai cittadini». (La Provincia, 7 marzo)

L’area omogenea è il catalizzatore positivo che può favorire e accelerare  il raggiungimento di  questo obiettivo. L’esperienza di Crema insegna. Coraggio. È L’arte di vincere. Quella di Brad Pitt, manager di una squadra di baseball. Pensa fuori dagli schemi e utilizza strumenti innovativi. Fa la differenza.

 Il 5 marzo è nata Rosa Luxemburg. Una rivoluzionaria. Forse un segno del destino. Forse l’inizio di un cambiamento per la nostra provincia. Già, forse data da ricordare.

 

Antonio Grassi

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