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È il 5 giugno a Cremona. Sono le cinque della sera in piazza del Duomo.  Il palco con le autorità è davanti al Battistero. Alla sua sinistra i sindaci della provincia con fasce tricolori. Si attende l’arrivo in piazza di un reparto in rappresentanza delle diverse articolazioni dell’Arma.  Completeranno il quadro i labari delle sezioni dell’Associazione Nazionale Carabinieri, del Nastro Azzurro e delle altre Associazioni Combattentistiche e d’Arma, i gonfaloni di Provincia e Comune.

La curiosità è molta. Il clima è da grande occasione. L’emozione palpabile.  L’Arma compie 211 anni.  

Sono le cinque della sera. La cerimonia per celebrare l’avvenimento sta per incominciare, è un privilegio essere presenti. Tutto è perfetto. Sfilano i carabinieri. La speaker, metronomo, scandisce con professionalità il tempo della manifestazione.

Viene cantato l’inno nazionale. Vengono letti il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e l’ordine del giorno del generale di Corpo d’Armata Salvatore Luongo, comandante generale dell’Arma dei carabinieri. 

Poi la relazione del comandante provinciale dell’Arma, colonnello Paolo Sambataro. Lunga, dettagliata, di notevole respiro. Parla di valori, di presidio e radicamento territoriale, di collaborazione istituzionale.  Pochi orpelli, tanti numeri e viene da pensare a un amministratore delegato che illustra il bilancio agli azionisti.  C’è tutto.  Merita applausi. 

Ma il colonnello è da standing ovation quando spiega in modo semplice e chiaro la questione della sicurezza in provincia e in città.  

L’analisi, lucida, fotografa   con precisione chirurgica la realtà locale. Strumento prezioso, andrebbe recapitata a coloro che concionano sulla sicurezza in modo superficiale. Che affrontano il problema sull’onda dell’emotività e in funzione della convenienza politica e del consenso.  Che credono di eliminare il disagio solo con i muscoli.

La relazione è un ottimo spunto di riflessione per quei consiglieri comunali che considerano la militarizzazione della stazione ferroviaria e dei bus il magico Salagadula magicabula bibbidi-bobbidi-bu della fata Smemorina, capace di rimettere Cremona in riga. Così come aveva trasformato seduta stante una zucca nella carrozza di Cenerentola.  

«Nei centri a maggiore aggregazione – sottolinea  il comandante – avanzano tensioni e paure che ingenerano una più marcata aspettativa di sicurezza rispetto a forme di inciviltà, arroganza verbale, degrado e delinquenza diffusa, emergenti da contesti di disagio e devianza in particolar modo giovanile, già stabilizzatesi ed impattanti in altre realtà similari per caratteristiche a quella cremonese, ove invece il fenomeno si sta affacciando attraverso l’agire sporadico di gruppi di limitata entità numerica, a composizione fluida e senza gerarchie definite e ripartizione dei ruoli, che traggono forza ed alimentazione dal senso di isolamento, dal distacco e dalle frizioni nel rapporto tra il centro e la periferia, i cui confini in questo Capoluogo, non così netti e separati come altrove bensì contenuti per dimensioni e connotati da aree di contiguità e sovrapposizione, dovrebbero rappresentare un’occasione di sviluppo su cui lavorare anziché un limite».

In questo contesto, che fare?  

«Senza volermi soffermare sulle puntuali risposte repressive offerte dall’Arma ai fatti occorsi – prosegue il colonnello Sambataro – taluni dei quali, per gravità, hanno a lungo riverberato nell’indignazione, nei dibattiti e nella perplessità della popolazione, è indubbio che sul piano preventivo l’operato delle forze di polizia debba essere necessariamente affiancato da un’azione mirata e condivisa tra le molteplici categorie di attori sociali, promossa da uno sguardo di più ampia prospettiva che non può e non deve rimettere e perimetrare la questione al solo ambito di polizia. Un’azione che partendo dalle famiglie e dal mondo scolastico ed occupazionale promuova l’educazione all’affettività e al rispetto dell’individuo e delle regole, che si adoperi per costruire sulle fragilità e ricerchi l’inclusione agevolando il dialogo tra differenti registri linguistici e codici culturali dei diversi contesti di provenienza/arrivo offrendo percorsi di socializzazione e pari opportunità di crescita e sviluppo, anche ricorrendo alla responsabilità sociale e di impresa e riducendo quelle situazioni di degrado e abbandono che incidono sulle aspettative di sicurezza, specie di determinate categorie a più elevato rischio».

Tanto di cappello. Elementare Watson, anche se agli Steven Seagal di casa nostra gireranno gli zebedei.  E complimenti al colonnello-sociologo che non si è limitato a leggere gli avvenimenti con l’occhio del gendarme, ma con uno sguardo più ampio, complessivo. Con il grandangolo, invece del teleobiettivo. Sambataro si è preoccupato non solo dei sintomi della malattia, ma anche della cura.  

Il 17 giugno, si è tenuta presso la Prefettura una riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, presieduta dal prefetto Antonio Giannelli

Ebbene, da ottobre 2024 a maggio 2025, la delittuosità è calata del 26% rispetto all’anno precedente. Alcuni episodi criminali con minori protagonisti sono aumentati, ma in misura non allarmante.

Cremona non è Gotham City, né l’avamposto della paura. E nemmeno la città dei guerrieri della notte di Walter Hill. Le misure adottate dalla prefettura funzionano. E dove sta la necessità di militarizzare la città?  

In questo scenario s’inserisce la recentissima polemica tra Arci Cremona e Luciano Maverick Pizzetti.

La prima, con un articolato documento (vittorianozanollli.it, 13 giugno), critica l’Amministrazione comunale per il sostegno alla militarizzazione della città.  «In questa narrazione – evidenzia l’Arci – per cui la sicurezza non è né di destra né di sinistra è abolita qualunque lettura dei fenomeni sociali. E non senza una certa dose di ipocrisia: mostrarsi più securitari dei securitari, salvo poi garantire alla propria base, magari legittimamente critica, che si tratta di annunci e che la vivibilità della città non cambierà».

Il secondo risponde «da persona di sinistra quale da sempre sono, ben prima del sopraggiungere di nuovi maestri» (Cremonaoggi, 17 giugno). Rispedisce le accuse al mittente. Usa un tono saccente, lui vecchio maestro. Lui depositario del verbo della sinistra storica, quella giusta.  Quella con il pedigree. 

La sinistra dei reduci che non ha cambiato il mondo, ma ha sostituito qualche culo sopra le sedie che contano, senza modificare i metodi di precedenti inquilini. La sinistra doc che in città flirta con la destra per spartirsi le poltrone. La sinistra della presunta superiorità culturale ed etica. 

Le parole di Pizzetti sono intrise di paternalismo, da nonno che parla ai nipoti, condito con il moralismo a buon mercato delle beghine del club del punto croce.

«Un tempo – rileva il vecchio maestro – la sinistra aderiva alle pieghe della società. Vale a dire che declinava valori per affermarli nell’interesse generale. Oggi invece parte di essa afferma principi, ma non si cura di quel che accade intorno a sé. Predica dal pulpito, ma tante parole non giungono alla piazza». 

Minchia, signor tenente. Ma lui da che parte sta? E non si è accorto che sul pulpito ci sta lui?  E ha dimenticato che i suoi interlocutori privilegiati non stanno in piazza, ma nel palazzo d’inverno. Per carità, non un peccato.  Ma così non si conquista lo stesso palazzo. Tuttalpiù si viene ospitati in esso.  E le regole le detta il proprietario.

«Dare l’idea – precisa Pizzetti – che si rincorra la destra sulle politiche securitarie è lontano anni luce dalla realtà. Si metta solo l’orecchio a terra per ascoltare la comunità. Ascoltare per capire. Non per giudicare». Come gli indiani. E magari leggere anche i segnali di fumo. Tutti Tiger Jack.  E lui dà il buon esempio: «L’Arci sbaglia mira e sbaglia anche bersaglio». Già, lui non giudica, sentenzia e ogni tanto incappa in qualche scivolone. Ed è poco di sinistra sottolineare «il numero eccessivo di minori stranieri presenti a Cremona». Probabilmente è vero, ma è più di destra rimarcarlo. Ma lui è ancora di sinistra? È ancora Maverick? O è diventato un pilota di ultraleggeri? 

Tra i due litiganti, il terzo gode. Chiara Capelletti, consigliere comunale di Fratelli d’Italia lo conferma. «Non intendo entrare nel vivace dibattito che agita la sinistra cremonese sul tema della sicurezza. Mi pare che se la stiano già cantando e suonando da soli, con una certa disinvoltura» (Cremonasera, 20 giugno). 

Non è una squaw e non mette l’orecchio a terra. Però ascolta e non giudica.  Impartisce una lezione a Pizzetti. «Vogliamo davvero parlare di sicurezza, dobbiamo cominciare ad affrontare anche il tema del fallimento di un certo modello di welfare. Perché sicurezza deve diventare anche una questione di cambiamento vero e profondo nella visione sociale e culturale che guida le scelte politiche» (Cremonasera, 20 giugno).

Il 5 giugno, io c’ero in piazza Duomo. Anche Pizzetti. Alle cinque della sera.

 

Antonio Grassi

 

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