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In occasione della ricorrenza dei trent’anni dal tradimento da parte dell’amministrazione comunale di allora della volontà popolare espressa tramite il referendum consultivo contro la localizzazione dell’inceneritore nella zona di San Rocco, vorrei condividere una mia testimonianza di quel periodo ritenendo che possa essere utile conservare la memoria di una storia che non può essere rimossa, a maggior ragione oggi che torna ad essere di cocente attualità con la bocciatura del progetto dell’impianto di biometano proposto da A2A nello stesso sito.

Il referendum svoltosi il 18 giugno 1994 rappresentò uno dei più alti momenti di partecipazione mai visti a Cremona. Il suo tradimento fu uno sfregio che aprì nella comunità locale una ferita che ancora oggi fatica a rimarginarsi.

Per una coincidenza che suona come una sorta di beffarda nemesi della storia, proprio il 18 giugno 2024 si è svolta in Provincia la Conferenza dei Servizi che ha portato alla bocciatura del progetto del nuovo impianto di biometano.

Stavolta i cittadini hanno scelto la strada della valutazione tecnica del progetto ed è interessantissimo osservare come tra i rilievi effettuati oggi dagli enti preposti si ritrovino, oltre a numerosi nuovi elementi, criticità tecniche già rilevate nei primi anni 90 in una relazione commissionata all’Enea dal Comune di Cremona, che si concludeva precisamente con una valutazione di non idoneità del sito prescelto per la costruzione dell’inceneritore.

Nel 1994 il movimento popolare rappresentato da “Cremona Pulita” e dal “Comitato Contro l’inceneritore” ottenne una limpida vittoria politica. Il Comitato BiometaNO Cremona riscontra oggi una schiacciante vittoria sotto il profilo tecnico e amministrativo. Peraltro, benché il Comitato abbia scelto di non confrontarsi direttamente nell’agone elettorale appena conclusosi ritenendo che i temi ambientali debbano essere patrimonio di tutti, non può sfuggire che più del 50% degli elettori che hanno votato al primo turno delle recenti amministrative abbiano premiato candidati dichiaratamente contrari alla localizzazione dell’impianto di biometano in quel comparto. Il tutto senza contare i consensi ottenuti dai candidati contrari all’impianto che si sono presentati nelle liste a sostegno del neoeletto sindaco Virgilio. È lampante, inoltre, che in un clima generale di dilagante astensionismo, nonostante l’assenza di competizione tra liste contrapposte nei due Comuni di Gerre de Caprioli e Bonemerse i cittadini hanno confermato con affluenza plebiscitaria i due Sindaci uscenti che coraggiosamente si erano contrapposti al progetto.

Oggi come allora, siamo testimoni di una vittoria popolare manifesta, frutto di partecipazione attiva, impegno, serietà, competenza e sacrificio. Oggi come allora siamo portatori di una visione di futuro sostenibile alternativa a quella delle amministrazioni che hanno supportato progetti industriali inadatti al contesto. Oggi come allora serpeggia in città la paura che la vecchia ferita si infetti a causa di un nuovo tradimento per miopia e incapacità di visione e di ascolto del territorio e per sudditanza verso l’interesse speculativo del grande gruppo di turno. In definitiva, per immobilismo e incapacità di sondare nuovi scenari che consentano a questo territorio di uscire dallo stato di emergenza ambientale perenne in cui versa.

Ed è per questo che mi pare importante conservare la memoria dello strappo democratico avvenuto il 28 giugno 1994, giorno in cui il Consiglio comunale allora in carica consumò quel tradimento. Ricordo ancora l’emozione mia e di tanti altri giovani attivisti che, vocianti e pieni di entusiasmo, avanzavamo verso il centro città tenendo in pugno lo striscione su cui campeggiava la scritta “Blocchiamo la costruzione dell’inceneritore”

Mentre un piccolo gruppo dirigente imponeva alla città letture surreali dell’esito referendario fondate sul “calcolo di democrazia virtuale che ci consente di sommare gli astenuti ai contrari” (così si espresse l’allora vicesindaco!), sullo scalone che accede alla sala consiliare dei Quadri sciamava una folla di cittadini provenienti da culture politiche lontanissime tra loro. Accanto ad Autonomia Operaia si potevano trovare socialisti, democristiani, comunisti, ambientalisti, uomini di destra, moderati, liberali, artigiani e commercianti, operai, impiegati e studenti, raffinati intellettuali borghesi e artisti.

In sintesi, l’anima della città. 

E il segno di quanto fosse intensa l’energia di quella stagione sta in alcuni aneddoti che vale la pena ricordare perché ci aiutino oggi a comprendere il valore della partecipazione e l’importanza dell’ascolto di quel respiro.

Tra la folla c’era un uomo colto e barbuto che raccolse da terra un cartello preparato dagli autonomi che però si erano poi vergognati di esporlo, temendo forse di essere espulsi dalla sala. Sopra c’era scritto con variopinti caratteri cubitali Inceneritevi i coglioni. Quell’uomo mite e così distante dagli ambienti della contestazione antagonista ebbe il coraggio di difendere le idee comuni facendosi carico della rabbia dei più giovani ed assumendosi per loro la responsabilità di un gesto così forte. Altri tempi si dirà; in effetti per certi aspetti è così, se si pensa che con i 20.000 voti traditi del Referendum oggi si potrebbe eleggere un sindaco al primo turno.

Eppure da quella stagione un insegnamento collettivo si può trarre anche oggi. A patto, però, che non se ne perpetui la mistificazione del ricordo come qualcuno, per convinzione o per imbarazzo, per molti anni ha cercato di fare.

Solo chi ricorda quanto erano fredde le notti a Forte Apache può realmente testimoniare il valore di quella battaglia sulla quale un manipolo di dirigenti di partito pose un coperchio di ghisa, armeggiando in sala rossa abbarbicato a pregiudizi ideologici che ancora oggi condizionano alcuni ambienti politici cittadini. Sono passati trent’anni e in molti non sono ancora riusciti a capire quanta visione e quanta idealità ci fossero dentro a quel fenomeno; quanta energia. Quanto autentico civismo messo in pratica nei piccoli gesti di una comunità fiera.

Ricordo gli sguardi di gratitudine degli agenti della Digos che con garbo rifiutarono il tè caldo che offrii loro mentre di notte ci scrutavano intirizziti dalla loro auto parcheggiata in via San Rocco per capire se stessimo tramando rappresaglie contro i fascistelli che avevano dato fuoco alla baracca del presidio avanzato, posta proprio nel terreno oggi occupato dall’inceneritore.

Ricordo anche che una sera qualcuno portò Gino Paoli al bar del presidio. Mi parve un marziano atterrato nel bel mezzo della lotta. Gli chiesi come fosse finito lì e lui con ammirazione inaspettata mi rispose che si trovava a Cremona da amici e che aveva chiesto loro di essere portato nel luogo ‘più vero della città per bere qualcosa’. Questo aneddoto mi torna sempre in mente ogni volta che qualcuno cerca di screditare quella stagione.

Ricordo che un pomeriggio, mentre noi distribuivamo volantini in un blocco stradale morbido in via San Rocco, un ragazzotto che si faceva chiamare ‘Fabo’ aveva teso un cavo in una via del centro. Un atto assurdo e pericoloso da cui ci dissociammo tutti. Il primo a prenderlo a sberle fu proprio Mario Bini, il leader degli autonomi. Non abbiamo mai saputo se quella testa calda avesse imparato la lezione di come si conduce una lotta rispettosa del prossimo perché quel ragazzo morì qualche mese più tardi tuffandosi da uno scoglio. Piangemmo in tanti. Anche chi non ne sopportava i modi sempre un po’ sopra le righe. Perché avevamo imparato a lottare assieme nel rispetto delle differenze ideologiche. 

La stroncatura del biometano da parte degli enti preposti ha riproposto oggi la centralità del tema della tutela dell’ambiente e dei beni comuni nello sviluppo del territorio e ha smascherato la persistenza di un tratto di arroganza politica nel rifiuto del confronto opposto dall’uscente amministrazione. Oggi siamo consapevoli che ancora una volta la partecipazione ha vinto e che da qui si può ancora partire nel confronto con la nuova Amministrazione.

Questa città vuole aprirsi al futuro e non è disposta ad accettare altri tradimenti. Noi ci siamo!

 

Luigi Lipara

presidente Comitato BiometaNO Cremona

 

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