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Tra i dèmoni della nostra epoca, assai più del cancro e della Russia di Putin, è il colesterolo a rappresentare il vero spauracchio. Ci sono persone che, terrorizzate da 230 di colesterolo, hanno eliminato dalla dieta formaggi, latticini, grassi, biscotti e si sono buttati per mesi su aglio nero, Omega-3 e yogurt ultraprocessati solo per verificare un calo del colesterolo a 218. Persone disperate, alle quali solo la terapia farmacologica ha ridato fiducia di vivere e un ritrovato equilibrio interiore.

Già, ma cos’è veramente il colesterolo? Perché se ne parla con così grande preoccupazione? In realtà si tratta di una sostanza che il nostro organismo produce quotidianamente per molte funzioni essenziali per la vita: il colesterolo è indispensabile per lo sviluppo dell’embrione e fondamentale per tutte le nostre cellule; costituisce le membrane cellulari ed è necessario per la sintesi di ormoni; è in grado di favorire l’assorbimento e la digestione degli alimenti. Il nostro organismo contiene in totale un etto e mezzo di colesterolo e ne produce più del doppio di quanto viene introdotto con gli alimenti. Non sappiamo se il colesterolo sia veramente il diavolo. Certamente senza colesterolo saremmo morti.

Nel sangue il colesterolo è presente in forme diverse, tra le quali è diventata popolare la distinzione tra “colesterolo buono” e “colesterolo cattivo”, dove quello cattivo è rappresentato da una sigla ormai tristemente nota come colesterolo-LDL, mentre, all’opposto, il colesterolo-HDL rappresenterebbe una sorta di angelo custode nei confronti delle malattie cardiovascolari.

E così la nostra vita da adulti è scandita dalle analisi del sangue per monitorare i livelli di colesterolo, dai consigli del medico e delle amiche, dai ricorrenti propositi di mettersi a dieta, dai tentativi di sottrarsi alle sataniche tentazioni alimentari. Quando, come spesso accade, sono queste ultime a prendere il sopravvento, la soluzione più facile diventa quella di ricorrere alle pillole/iniezioni per abbassare il colesterolo e mandare al diavolo tutti i buoni propositi.

Anche le recenti raccomandazioni mediche vanno in questa direzione, visto che dichiarano guerra al colesterolo tout court, colpevole “a prescindere” e proponendo la terapia farmacologica (alzi la mano chi non prende le statine…) per abbassare il colesterolo a più di un italiano su tre (il 34% degli uomini ed il 36% di tutte le donne di età compresa tra i 35 e i 79 anni).

Ci sono alternative? La raccomandazione di alimentarsi con spinaci bolliti e cavolfiori lessati non sembra riscuotere grande successo. Sarebbe comunque utile eliminare/ridurre il sale, l’alcol, i grassi, la carne, gli zuccheri, i dolci, i salumi, i latticini, il fumo. Anche col sesso è meglio essere prudenti, magari non fa alzare il colesterolo, però non si sa mai. Mancano studi e ricerche scientifiche sull’argomento.

Questa la situazione attuale. Da una parte il demonio (colesterolo), dall’altra la scelta tra prendere farmaci per tutta la vita per scacciare il diavolo, oppure vivere una vita ascetica, al di sopra delle tentazioni del mondo.

Alla maggioranza silenziosa, a tutti quelli che vorrebbero invece trovare una giusta via di mezzo tra le due posizioni, sembrano diretti numerosi studi pubblicati sul British Medical Journal e che introducono importanti elementi di riflessione sull’argomento “colesterolo”.

Una recente ricerca (doi: 10.1136/bmjopen-2023-077949) conferma numerose ipotesi precedenti , quelle che non rilevavano alcuna relazione tra elevati livelli di LDL e la mortalità dopo i 60 anni  (doi 10.1136/bmjebm-2020-111413). Questo vuol dire che i soggetti con il colesterolo “cattivo” più alto non solo non ne soffrono, ma anzi, dopo i 60 anni sembrano vivere più a lungo rispetto ai loro coetanei con il colesterolo ”cattivo” più basso.  Non è chiaro il perché. Magari il colesterolo “cattivo” ha un effetto protettivo nei confronti di alcune malattie infettive, magari livelli più alti di LDL potrebbero proteggere dal cancro.  Di fatto quest’ultimo studio, condotto su di una revisione di 177.869 individui, introduce alcuni elementi di riflessione. La più importante: è corretto basare una terapia e quindi una diagnosi sul risultato di un unico esame del sangue? I medici, quelli che di mestiere fanno il medico, parlano di “valore predittivo” di ogni analisi, volendo significare che un singolo esame del sangue molto difficilmente può dare certezze assolute.

Forse, alla luce di questo e di molti altri studi, varrebbe la pena di riflettere sul fatto che in un contesto molto complesso (definito multifattoriale) è l’insieme dei comportamenti, delle abitudini (non solo alimentari), dell’ambiente, della genetica, della storia familiare a definire una condizione di rischio/patologia e quindi non è detto che il tentativo di semplificare la complessità porti a buoni risultati.

Troppo spesso ci si scorda che il paziente non è un esame del sangue anche se, allargando lo sguardo oltre l’analisi del colesterolo, sembra proprio che ormai si vada in questa direzione. Esistono infatti medici e strutture sanitarie che promettono addirittura di commentare gli esiti degli esami del sangue senza aver mai visto in faccia il paziente (“refertazione scritta dopo la lettura degli esami di laboratorio”) e a pagamento (Cremona Sera, 6 giugno 2024).

Anche la proposta di “pacchetti di esami” che supera di fatto il normale ricorso al proprio medico curante meriterebbe maggiore attenzione. Forse sono io che non ho capito bene e di certo la progressiva privatizzazione della Sanità cammina molto veloce, ma continuo a pensare che il commercio e la medicina siano e debbano restare due cose molto differenti.

 

Pietro Cavalli

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