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Nella Roma antica i politici incapaci venivano condannati con la damnatio memoriae, la cancellazione completa del loro operato. Un reset totale per consegnare ai posteri un file vuoto e annullarne l’esistenza.

Nell’era dell’intelligenza artificiale e delle banche date digitali è punizione obsoleta. Superata. Comunque inefficace nel nostro territorio. Nella storia di politici e amministratori locali c’è poco da eliminare, per scarsa produzione e scadente qualità. 

Oggi va di moda la cancel culture, imposta dai rappresentanti del politicamente corretto estremo. Un caleidoscopio di contestatori di nicchia e avanguardie intellettuali. Un manipolo di pasdaran, spesso fighetti, che obbliga la narrazione mainstream a cassare argomenti e personaggi non in linea con il credo dei Robespierre del Martini con le olive. 

Mainstream essa stessa, la cancel culture non è pane per i denti delle ex mitiche masse, le quali più che al politicamente corretto estremo, alla richiesta di vietare la proiezione di Via col vento, perché film razzista, sono interessate alla salvaguardia del posto di lavoro, alla puntualità dei treni.  Alla possibilità di prenotare una visita specialistica senza attendere mesi. 

Questo non preclude la possibilità di una cancel culture meno massimalista e giacobina. Meno intransigente e più pragmatica.  Più fruibile per proteste locali. 

In passato, quando la cancel culture non si chiamava con questo nome, a Crema è stata contestata l’inaugurazione della statua di Vittorio Emanuele in piazza Aldo Moro.

Più recentemente, ancora nella Repubblica del Tortello, è scattata la protesta per una corona d’alloro posta dal Comune sulla lapide dei caduti della RSI.

Un modo assai diffuso per oscurare qualcosa o qualcuno, per imporre l’oblio mediatico è la sbianchettatura, impiegata per eliminare i rompicoglioni e le loro istanze da ogni strumento di comunicazione. Prassi consolidata dell’establishment locale, questo metodo viene quotidianamente utilizzato da quei mezzi d’informazione-cassa di risonanza, galoppini del vassallo di turno e dei suoi giannizzeri.  Ventriloqui del potente, o presunto tale, i garzoni di bottega scelgono essi stessi l’oppositore al padrone, il cui colore politico è irrilevante, coerenti con il guicciardiniano ”Franza o Spagna, purché se magna”.

La bonaccia è uno dei pilastri della politica di casa nostra.  L’altro, è lo scorrettissimo – ha radici fasciste – ”Taci che il nemico ti ascolta”, oppure il meno compromettente ”Stum schis”.

Il risultato? Sotto il Torrazzo, in riva al Serio e all’Adda, sul Listone, la critica, la dialettica, l’eterodossia occupano uno spazio marginale.  Le eccezioni non fanno testo. Confermano la regola. Un ruolo rilevante nell’uso dell’oblio, come strumento politico, lo gioca l’amnesia selettiva, forma soft di rimozione. Furbata a poco prezzo, è sottile presa per il culo di cittadini ed elettori.

L’amnesia selettiva fa dimenticare al politico di avere sparato ad alzo zero contro un avversario o un collega di partito e, tre mesi dopo, gli offre la possibilità di spendere parole al miele in loro favore. 

In provincia circola un eccellente pokerista della politica, un Cincinnati kid abile ad aprire, chiudere e vincere partite su più tavoli.  Alcuni lo esaltano, pochi lo sopportano, in tanti lo brucerebbero, ma lui è ancora lì. Come Vasco Rossi. E tutti si siedono al suo tavolo di gioco.  Dà le carte e detta le regole. Viene blandito e lisciato. Nel territorio non c’è un Lancey ‘The Man’ Howard che gli rammenti: «Lei è in gamba Kid, ma finché ci sono io, per lei c’è il secondo posto. Non le resta che adattarsi all’idea».  Sarà vero, ma intanto sono gli altri, i fenomeni, ad assecondarlo. A scordare i loro precedenti giudizi non esaltanti nei suoi confronti.

L’amnesia selettiva fa dimenticare ai parlamentari di avere proclamato parole di fuoco sulla necessità di riorganizzare gli organismi di partito e concede loro la possibilità di sparire dai radar e avanti tutta con la stessa truppa. 

«Occorre mettersi a un tavolo per rifare il coordinamento, che sia provinciale, che sia cittadino, o anche dei vari paesi dove si è perso. E bisogna che si metta a punto una strategia per il futuro» (Cremonaoggi, 28 giugno). Così tuonò il senatore di Fratelli d’Italia Renato Ancorotti, dopo la batosta del centrodestra alle elezioni amministrative di Cremona. 

Tre mesi dopo, il 29 settembre, il centrodestra incassò un’altra scoppola alle elezioni provinciali. Anche in questa occasione urla, stridor di denti e pugni sul tavolo.  Da Fratelli d’Italia a fratelli coltelli. Il tempo di un temporale e le acque del Mar Rosso si sono richiuse. Gli scazzi annegati. Il silenzio è calato sulla vicenda.

L’amnesia selettiva fa dimenticare a un amministratore pubblico di avere sostenuto un progetto contro tutti e tutto e poi, senza fare un plissé, gli permette d’innescare la retromarcia e di dichiararsi contrario e di gonfiare il petto per la coraggiosa giravolta. 

Da manuale, la polemica sulla costruzione dell’impianto di   biometano a San Rocco che ha visto l’attuale sindaco di Cremona Andrea Virgilio dichiararsi favorevole all’insediamento prima delle elezioni e contrario dopo la vittoria elettorale. 

L’amnesia selettiva fa dimenticare l’osceno ping pong sullo spegnimento dell’inceneritore. Promesso e rinviato. Promesso e rinviato. Promesso e rinviato. Senza arrossire.  Neppure un battito di ciglia.

L’amnesia selettiva fa dimenticare il duello all’Ok Corral tra centrodestra e centrosinistra, divisi anche al loro interno, per la nomina del consiglio di amministrazione di Padania Acque. Poi a pistole ancora fumanti, ha consentito  agli acerrimi nemici di lanciare l’idea di una lista unica per le elezioni provinciali.  Un frullato indigeribile. Un abbraccio pornografico e contro natura.  Un’arca di Noè sulla quale imbarcare oves et boves et universa pecora.  L’arca di Noè  è affondata. Il progetto è ancora vivo.

L’amnesia selettiva fa dimenticare le proteste sui metodi di selezione dei candidati destinati a sedersi sulle poltrone degli enti pubblici e lascia, senza un sussulto di chicchesia, che giovedì prossimo, 12 dicembre, i sindaci cremonesi, all’oscuro dei nomi dei papabili, siano chiamati a votare la composizione del nuovo Consiglio di Amministrazione dell’Ufficio d’Ambito.

L’amnesia selettiva fa dimenticare anche l’ideona delle Walk of Fame delle vacche, destinata ad entrare negli annali della storia di Cremona. Sono trascorsi due anni e nessuno più ne ha parlato.  Dove è finita?

«Una via lattea composta da lastre di cemento su cui, di anno in anno, saranno impresse le impronte dello zoccolo della vincitrice dell’annuale edizione della mostra per la fiera zootecnica Internazionale di Cremona, a fianco all’impronta della mano del suo allevatore così sigillando un patto tra uomini e animali antico millenni (Cremonaoggi, 6 dicembre 2022). Mica bruscolini. Tanta roba per Cremona.

L’amnesia selettiva è un distillato di damnatio memoriae, cancel culture, sbianchettatura. È un’incubatrice di populisti. Di disertori del voto. Di Rambo da tastiera. È il declino dei corpi intermedi e della rappresentanza politica. È sconforto. Forse è la memoria corta degli elettori. Non memoria selettiva, ma collettiva.

 

Antonio Grassi

 

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