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Riceviamo e pubblichiamo il sottostante intervento sulla produzione di energia elettrica dall’atomo. L’autore dell’articolo chiede riservatezza perché è un ricercatore tenuto a mantenere il riserbo sugli studi in corso.

 

La disponibilità di energia elettrica in quantità sufficiente e in modalità sicura è condizione imprescindibile per la crescita e lo sviluppo del Paese. Attualmente l’Italia copre il fabbisogno di elettricità in tre modalità: 1) utilizzando come combustibile il gas importato via gasdotto o in forma liquefatta via metaniera 2) acquistando direttamente energia elettrica da paesi confinanti (Francia, Svizzera,…) 3) producendo da energie rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico,…). 

Il quadro geopolitico deteriorato degli ultimi anni ha comportato la cancellazione dell’importazione storica di gas russo obbligando il nostro Paese ad incrementare le quote di importazione sia per assicurare la produzione di elettricità sia per gli usi civili. 

Tuttavia, anche se la copertura del fabbisogno oggi appare sotto controllo, è il futuro che ci deve preoccupare perché i rischi geopolitici sono dietro l’angolo e la dipendenza dall’estero di cui ai precedenti punti 1 e 2 ci espone in modo rilevante a improvvisi aumenti del prezzo delle forniture o addirittura al blocco delle stesse. La modalità 3 va naturalmente mantenuta e se possibile incrementata ricordando tuttavia che anche le rinnovabili possono presentare criticità dipendenti dal clima visto che anche il clima, come la geopolitica, sta attraversando un complesso periodo di transizione.

Allora che fare? A chi affidarsi per il futuro energetico del Paese? Non rimane che il nucleare. I paesi che hanno in funzione centrali nucleari sono certamente meno esposti ai rischi geopolitici e riescono a produrre energia elettrica meno costosa per il proprio fabbisogno e addirittura a vendere a Paesi vicini l’eccesso di produzione.

Le centrali nucleari oggi esistenti si basano sul principio della fissione che molto sinteticamente può essere definito così: si ricava energia dalla rottura di nuclei pesanti (ad esempio Uranio 235) mantenendo sotto controllo la reazione a catena che si sviluppa. Le centrali nucleari oggi in funzione in Paesi a noi vicini (Francia, Svizzera, Slovenia) non sono più quelle degli anni ’50 poiché sono stati enormemente potenziati i sistemi di sicurezza e si può persino immaginare che l’arrivo dell’intelligenza artificiale possa portare un ulteriore miglioramento in tal senso.

Quindi avrebbe senso pensare di realizzare nuove centrali nucleari nel nostro Paese, magari pensando di riutilizzare siti come Caorso? 

La risposta a mio parere è no per due motivi. Innanzitutto passerebbero molti anni prima di arrivare ad una decisione positiva e poi servirebbero non meno di cinque anni per la realizzazione e quindi passerebbero tra i dieci e dodici anni prima di avere energia elettrica dal nucleare tradizionale basato sul processo di fissione.

Il secondo motivo è che in realtà la ricerca internazionale da molti anni si è concentrata sul processo di fusione che sostanzialmente consiste in questo: si ricava energia dalla fusione di nuclei leggeri (tipicamente isotopi dell’Idrogeno 1H quali Deuterio 2H e Trizio 3H) mantenuti in forma di plasma a temperature estremamente elevate (milioni di gradi). A differenza della fissione si tratta di un processo presente da sempre in natura e che è tutti i giorni davanti ai nostri occhi: il sole è esattamente una grande centrale nucleare a fusione che trasforma isotopi dell’Idrogeno in Elio producendo energia che ci arriva in forma di radiazione elettromagnetica. E’ il cosiddetto nucleare “pulito” dove a monte non c’è l’Uranio e a valle non ci sono scorie problematiche da gestire. Dunque conviene puntare sulla fusione.  Ma con i tempi come siamo messi? 

Proprio in questi giorni una notizia di stampa (Panorama 30/04/2025, pagina 31)  ci informa che ENI e la inglese United Kingdom Atomic Energy Authority realizzeranno il più grande impianto per la gestione del Trizio che è appunto il combustibile chiave per il processo di fusione. 

I dieci-dodici anni di cui abbiamo parlato prima sembrano coincidere a pennello con il tempo necessario per disporre di una tecnologia di fusione proprietaria che metterebbe il nostro Paese in grado di produrre energia elettrica in modo sicuro, ambientalmente pulito e al riparo dai rischi dell’instabilità geopolitica. 

 

Lettera firmata

 

L'Editoriale

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