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Nei giorni scorsi, dopo un mese privo di guida, il circolo di Fratelli d’Italia di Crema è stato preso in carico dal parlamentare Carlo Maccari, coordinatore regionale del partito. Chiamato al capezzale dell’ammalato, il neo commissario non ha perso tempo. Ha annusato l’aria di via Monte di Pietà e, con la velocità della luce, ha nominato suo braccio destro e plenipotenziario il parlamentare Renato Ancorotti

Icona della cosmetica locale, della bellezza a pagamento e un po’ tarocca, mito della società di oggi, l’imprenditore è sulla carta il politico più indicato per iniziare il make up di un partito ipertrofico di consensi, ma con un pessimo aspetto. Compito non facile per chiunque, per Ancorotti potrebbe diventare improbo e conflittuale, missione difficile da gestire per i rapporti non sempre idilliaci tra lui e Marcello Ventura, coordinatore provinciale del partito e consigliere regionale. Non un buon viatico per chi è impegnato nella pacificazione del partito.

A febbraio, su circa quattrocento tesserati di Crema, solo venti o poco più avevano partecipato al congresso del circolo cittadino. Ad essere maligni, si potrebbe ipotizzare che una parte consistente degli assenti fosse costituita dai furbastri che antepongono il proprio sostentamento al sostegno al partito, con la tessera di Fratelli d’Italia, usata come taxi per raggiungere questo obiettivo.

Ad essere cinici e machiavellici, la massiccia defezione potrebbe essere interpretata come un messaggio a Ventura. Un avviso ai naviganti. 

Il coordinatore provinciale non entra nella top ten dei politici molto applauditi in riva al Serio.  E non è un segreto.  Così come è probabile che la Repubblica del Tortello non sia in cima ai suoi interessi.

Se queste due ipotesi, che si incastrano tra loro, venissero confermate, la pace in Fratelli d’Italia potrebbe trasformarsi in una missione impossibile.  

Al netto di tutto questo, i partecipanti all’assemblea congressuale avevano eletto coordinatore del circolo Alberto Bonetti, incoronato a febbraio, il neo ammiraglio è sceso dalla plancia a ottobre, dopo un viaggio durato quanto un giro delle mura venete.

Ventura è uno dei tre Qui, Quo, Qua che rappresentano la nostra provincia in Regione. Gli altri due sono Matteo Piloni (Pd) e Riccardo Vitari (Lega), che non mancano mai agli appuntamenti pubblici cremaschi.  Al contrario, il loro collega di Fratelli d’Italia, spesso li bigia. 

Ancorotti è gentile ed educato ma in più occasioni, dopo le elezioni comunali di Cremona e quelle provinciali dell’anno scorso, non è stato tenero con Ventura. Nei suoi confronti ha mosso critiche feroci e usato parole forti e taglienti. Poi restano ancora senza risposta alcune domande: quali responsabilità sono da addebitare a Ventura per queste due sconfitte, oltre a quelle insite nel suo ruolo di comandante dell’esercito locale? Piaccia o meno, lui è il coordinatore provinciale, il capo politico di Fratelli d’Italia nel territorio. È suo il compito di mediare, cucire, smussare e di stringere alleanze.

È lui che ha un dialogo preferenziale con il presidente del Consiglio comunale di Cremona, il piddino Luciano Pizzetti. Un rapporto emerso in maniera evidente e incontestabile in occasione della nomina dell’attuale Consiglio di amministrazione di Padania Acque e confermato successivamente in altre circostanze.

È lui, che si suppone abbia avallato la scissione del gruppo di centrodestra in consiglio provinciale con la creazione di quello di Fratelli d’Italia e l’altro di Forza Italia e Lega insieme.  E si potrebbe continuare. Quanto sopra basta e avanza per alcune riflessioni generali ed estese a tutti i partiti presenti nel territorio provinciale. 

Si dice che il pesce puzzi dalla testa e con questa espressione la classe dirigente viene bocciata senza se e senza ma. Tranchant, la metafora-condanna non concede né repliche, né scappatoie per giustificazioni.  Sentenza definitiva, è avviso di sfratto per generali in difficoltà e per i loro attendenti e portaborse. 

Nel privato, l’avvertimento porta spesso alla risoluzione del contratto del manager inadeguato, con un generoso bonus che trasforma l’amaro addio in dolce rosolio.  

Nel pubblico, si preferisce l’aggiustamento diplomatico. Poco rumore e nessun accenno di dissidio. Il giubilato passa da un incarico di alto livello a uno di gradino inferiore, senza perdere un euro della retribuzione acquisita. 

In politica, si temporeggia. Si discute. Si tratta. La resistenza dei morituri diventa logoramento per i giurati. Evolve in baratto tra le due parti, entrambe consapevoli di trovarsi sulla stessa barca. Coscienti che un colpo di vento può ribaltare i ruoli. La soluzione viene cercata con una pausa di riflessione. Con la ricognizione sulle poltrone disponibili, per concludersi con un’oculata risistemazione degli attori sugli strapuntini delle prebende. Il generale claudicante sarà riciclato in un ruolo di prestigio, ma di poca sostanza e in linea con il vecchio e collaudato promoveatur ut amoveatur. La rottamazione non sarà più tale. Virerà in un attestato di stima, enfatizzato pubblicamente e gratificato con la ricompensa prevista dalla legge. L’unità di facciata sarà salvaguardata.

L’accortezza di non toccare i mammasantissima del partito e l’abilità di evitare lo scontento delle figurine di contorno producono la differenza tra un brillante risultato politico e il suo fallimento. 

Il mutuo soccorso tra politici, politicanti e pulcinella inciderà un’altra tacca sulla propria cintura delle vittorie.  Una medaglia verrà appesa sul palmares dell’ipocrisia.  I sepolcri imbiancati esulteranno. Il gattopardo, evergreen e inossidabile, brinderà per l’ennesima volta. Tutto va bene madama la marchesa e chissenefrega se il castello crolla.

Nella nostra provincia la testa del pesce non puzza ancora, ma la possibilità che accada non è remota. I prodromi del decadimento sono intelligibili da tempo.

I politici provinciali si trovano su un piano inclinato.  Rotolano verso il basso. Non riescono a fermarsi e a invertire la rotta. Se ci provano toppano. Fanno molto fumo, ma l’arrosto è poco. Smarrita la bussola, privi di strategia e lungimiranza, si muovono come palline di flipper.  Abbandonata la prudenza, si lasciano guidare dalla direzione del vento, che cambia in un attimo. La truppa è sconcertata, ma li segue. E questo è il guaio maggiore.

Troppi ufficiali cresciuti nella bambagia, poco avvezzi allo scontro, convinti d’essere unti del signore, ignorano o fingono di ignorare che ‘la politica è sangue e merda‘ (Rino Formica).

Troppi generali Custer in miniatura, ingolfano i partiti provinciali.  Sicuri di sconfiggere gli indiani di Toro Seduto, si affidano a una narrazione distante dalla realtà e amplificata da un’informazione accondiscendente e scodinzolante, prona ai loro piedi. Mistificazione che non li aiuta. «Cca nisciuno è fesso» direbbe Totò, ma i pochi e determinanti, Cetto La Qualunque di casa nostra se ne fottono. 

Troppi politici presuntuosi s’illudono che il nostro territorio sia vaccinato contro il virus del pensiero critico e dei bastian contrari. 

Troppi Richelieu da mercato dell’usato sottovalutano l’esistenza di pokeristi capaci di sparigliare le carte, rovesciare il tavolo e vanificare progetti dati per certi.

Sotto la cenere sono in agguato braci pronte a scatenare un incendio. Il commissariamento del circolo di Fratelli d’Italia è un segnale di questo malessere.  Non è il solo. Il pastrocchio di Centro Padane Engineering Srl  è un altro. I comitati di protesta sono il segnale d’allarme.  L’indifferenza della politica, il mantice che può attizzare il fuoco. E non sempre l’incendio è catartico. 

 

Antonio Grassi 

 

 

 

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