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Ma perché a picchiarsi per la strada o sul pianerottolo di casa si finisce sulla pagine di cronaca nera e magari in questura mentre a menarsi davanti al pubblico pagante si diventa famosi? Perché strappare i capelli, sputare in faccia all’avversario, colpirlo in testa con una pentola e buttarlo giù dalle scale non suscita l’entusiasmo dei  vicini di casa e dei passanti, mentre gli stessi si emozionano e applaudono felici davanti alle botte che vengono date (e prese) sul ring?

Forse la differenza sta nel fatto che il pugilato, la lotta, il judo e il karate debbono seguire alcune regole, mentre le risse per la strada e sui pianerottoli rappresentano la spontaneità, la creatività, la genuinità dell’esistenza, tutte cose difficili da controllare. Invece sul ring le regole sono chiare: categorie, peso, dilettanti, professionisti.

Resta da definire il sesso, visto che, se in genere le donne si menano con le donne mentre i maschi picchiano altri maschi, la recente “evoluzione della specie” rende tutto più complicato.

Già, il sesso. Quello che, a differenza di quanto di crede, non è poi tanto semplice da definire visto che esiste quello genetico, quello fenotipico, quello psicologico. Se poi consideriamo anche quello variopinto, allora non ci resta che ricorrere all’autoerotismo, non si sa mai che l’oggetto del nostro desiderio ci riempia di botte.

 

OCTOPUS

Nella foto centrale la pugilessa algerina Imane Khelif

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Antonio Grassi

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