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Se, per assurdo, Giacomo Leopardi, il poeta di Recanati vissuto nell’Ottocento, facesse un viaggio in auto, si accorgerebbe che il sabato non è “di sette il più gradito giorno”, a causa dei rischi, dei pericoli e delle arrabbiature insiti nel traffico dell’ultimo giorno della settimana. Nella sua sensibilità di grande poeta, avendo a cuore la sicurezza di ognuno, finirebbe per modificare la parte finale della sua poesia “Il sabato del villaggio”. In quel giorno, statistica alla mano, aumenta considerevolmente il numero degli incidenti stradali con morti e feriti, e da anni le sciagure più gravi vengono definite “stragi del sabato sera”.

Ricco, oggi, è chi può trascorrere un sabato attraente, divertente e stimolante senza dover usare l’auto. Durante la settimana, nella tipologia del traffico, un giorno vale l’altro, ma c’è un’insinuante sensazione del sabato che affiora non appena ci si mette al volante. In questo giorno, infatti, scendono in strada i guidatori con scarsa esperienza e capacità di guida, i quali ignorano le più elementari norme del codice stradale, hanno poca dimestichezza con le normali manovre, ignorano la segnaletica orizzontale e verticale, se ne fregano degli altri automobilisti, si spostano di qua e di là lungo le vie a 20 all’ora, insistendo nel trovare un parcheggio libero pur vedendo che non c’è e pretendono di avvicinarsi alla porta del negozio o al portone di casa.  Quando poi finalmente li si può sorpassare, si notano i lineamenti tipici del rimbambito: occhio fisso, pappagorgia, collo rigido e braccio sinistro immobile incollato al finestrino. Nel traffico del sabato si contano non poche vecchie signore, speculari nell’aspetto e nel modo di guidare. 

Pur non avendo impegni dal lunedì al venerdì, scelgono il sabato per recarsi a fare la spesa o una visita a qualche conoscente con quella stessa auto che negli altri giorni della settimana resta in garage. Il loro viaggiare è costellato di trasgressioni dovute non all’esuberanza, ma al progressivo appannamento dei riflessi, oltre che, come detto, alla mancanza di rispetto per il prossimo. L’identikit si completa con il cappello in testa, con il cronico mancato uso della freccia direzionale, con il non dare la precedenza, con l’inserirsi nelle rotonde fregandosene di chi sopraggiunge. Il loro cervello è talmente “tardo” da non rendersi neppure conto degli errori che commettono. Il loro apparato uditivo non è più in grado di percepire la strombazzata imperiosa e neppure gli insulti.

Gli estremi si toccano anche nella guida: i neo-patentati, pur con iniziative diverse, rendono rischioso avventurarsi nel traffico del sabato. Senza una ragione, spingono sull’acceleratore con partenze brucianti o stanno fermi davanti al semaforo verde perché hanno dimenticato la manovra per far muovere l’auto o più spesso perché hanno gli occhi incollati al telefonino. Vecchi e giovani guidatori del sabato viaggiano sulla corsia di sorpasso, tallonano la macchina che li precede fino quasi a tamponarla, sorpassano perché non capiscono che le auto sono ferme in colonna e spesso procedono a zig zag, facendo sorpassi inutili perché il prossimo semaforo rosso blocca tutti.

Esiste anche un terzo tipo di guidatore pericoloso, che è quello che non ha mai imparato a parcheggiare. Lo stesso, prima di imboccare una via a destra allarga verso sinistra, senza alcuna necessità, incurante di chi arriva in direzione opposta. La manovra sarebbe giustificata se si guidasse un camion con rimorchio. Si tratta di guidatori che fanno danni per imprudenza e per incapacità, il tragico mix tipico del sabato. 

Perché il sabato torni a essere “di sette il più gradito giorno” vi è soltanto una condizione: isolarsi sulla cima di una montagna.

 

Sperangelo Bandera

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