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Per circa trent’anni il cremonese Lucio Ferrari, appassionato fotografo, ha documentato il tradizionale Grande Falò di Pescarolo. Un’accurata selezione delle centinaia di istantanee scattate nell’arco di sei lustri ha dato vita a un libro stampato da Fanti Grafica che celebra le ultime 25 edizioni della tradizionale manifestazione. Il volume sarà presentato, a ingresso libero, il 21 febbraio alle ore 21 nella Sala Camozzi del Comune di Pescarolo ed Uniti, in piazza Garibaldi 12. Interverrà il giornalista Vittoriano Zanolli.

Lucio Ferrari, specialista in Microbiologia e Virologia Clinica presso l’ospedale maggiore di Cremona, dal 2005 è docente presso l’Università di Brescia per le discipline di Microbiologia Clinica ed Igiene. Appassionato di musica e di poesia, si è dedicato in passato allo studio del flauto traverso e della chitarra classica, sperimentando l’impiego di tali strumenti nell’ambito della musica rock. Fotografo da sempre, si occupa attivamente di questa disciplina, utilizzando prinicipalmente strumentazione digitale. Si dedica saltuariamente alla fotografia analogica e alla stampa in camera oscura. Ama particolarmente il ritratto e la documentazione sociale. Lavora rigorosamente per progetti.

Ecco il testo introduttivo del libro ”Il Grande Falò di Pescarolo”

Questa è la storia di un falò frutto di tradizioni e usanze millenarie. Un rituale antico che rimanda le sue origini al popolo celtico. La sua semplice spettacolarità unisce e ha unito nel tempo culture diverse, popoli antichi che si sono avvicendati e insediati sulle nostre terre. 

Prima conquista dell’uomo primitivo, il fuoco ha presieduto agli albori della civiltà. Lo si produceva mediante l’energico sfregamento di pezzi di legno, gesto che nei racconti, leggende e folclore di molti paesi, simboleggia l’atto sessuale. 

Il rito del fuoco permanente rimanda ad una antichissima utilità pratica (sostituire il sole e tener lontani gli animali feroci durante la notte). 

Nelle liturgie pagane, l’elemento fuoco oltre a costituire un rito magico-religioso era destinato a impedire la morte del sole, a rafforzare la sua energia vitale e ad assicurare la sua resurrezione perpetua: il fuoco eterno delle Vestali romane, i Riti di Mazda, legati al culto del sole. Il falò è sempre e comunque associato alla purificazione, alla consacrazione e quindi all’allontanamento degli influssi malefici dal luogo in cui si vive, fondendo tradizioni pagane e cristiane. Generatore, purificatore, distruttore ritroviamo riti della stessa natura in tutta Europa, dalla Scandinavia al Mediterraneo, sempre con le stesse caratteristiche e con significati molteplici ma sostanzialmente simili. 

Il fuoco era il mezzo con cui l’uomo esprimeva il bisogno di dominare le forze della natura ed esorcizzare l’ignoto e la malasorte.  Aveva anche il significato d’interrompere il freddo della notte invernale. O altro ancora, diveniva un rituale di fertilità: i figli maschi, al di là della componente affettiva, rappresentavano una forza-lavoro da impiegare nei campi. Le figlie femmine, invece, accudivano i fratelli più piccoli e si dedicavano alle attività domestiche. 

Nelle campagne, in particolare, i contadini accendevano i falò in determinati periodi dell’anno per propiziare un’annata di buoni raccolti. Venivano raccolte sterpaglie e rami secchi, ne veniva fatto un rogo e poi se ne spargevano le ceneri sui campi. Talvolta era di buon auspicio raccogliere la cenere rimasta e spargerla sui capelli o sul corpo come protezione contro la malasorte. 

Nel medioevo i bisogni primari della civiltà contadina erano decisamente essenziali: i buoni raccolti significavano una vita migliore. Un buon raccolto poteva fare la differenza tra un’esistenza dura, ma accettabile ed una caratterizzata da miseria e stenti, cioè fame, malattie e morte. Queste tradizioni, originariamente pagane, sono sempre state profondamente radicate nei popoli. Il fuoco è simbolo archetipo insito nell’inconscio collettivo, elemento alchemico fondamentale, per questo tali riti si sono diffusi senza soluzione di continuità fino alle tradizioni cristiane anche se mutandone il significato. Lo legarono soprattutto alla celebrazione di feste religiose come Sant’Antonio Abate, San Giovanni, San Lorenzo ed altri santi protettori. Per le festività più importanti, i fuochi si richiamano da una parte all’altra delle colline o dei fiumi, sia per rendere “visibile” la condivisione del culto, sia come sfida tra fazioni rivali. A seconda delle zone geografiche è possibile assistere a falò di ogni dimensione il cui significato primario è sempre e comunque l’aggregazione, il momento di festa, un modo per riappropriarsi dell’identità personale e di appartenenza alla collettività, quale dono sociale.

Pescarolo (Lombardia – Italia). E’ un paese di circa 1500 abitanti, posizionato a ridosso dell’ex strada statale 10 che collega la città di Cremona a quella di Mantova. E’ posizionato a circa 15 chilometri da Cremona. A Pescarolo sfilano i tradizionali carri allegorici carnascialeschi e arde il famoso, grande falò che si tiene ogni anno nella piazza centrale del paese, lateralmente alla Cattedrale. In Europa, è probabilmente il falò ad albero integro di maggiori dimensioni, più grande anche del falò che si tiene ogni anno a Castelleone (provincia di Cremona), che è costituito però da un imponente cumulo di fascine e ramaglie. Quando l’inverno è quasi al termine, la campagna è prossima al risveglio primaverile, il carnevale sta ormai per concludersi, si tiene il falò, E’ martedì delle Ceneri, si esce del periodo carnevalesco dedicato all’allegria e al divertimento, per entrare, l’indomani, nella Quaresima, tempo di austerità. 

Si rimanda il significato dei rituali del fuoco nel nord Italia, e quindi in quel di Pescarolo, anche all’influenza di numerosi altri eventi. 

Siamo nei primi decenni del XVII secolo, 1629 – 1631 la guerra ebbe inizio a causa di contrasti nati a seguito di disaccordi relativi alle successioni nei ducati di Mantova e del Monferrato. Il nord Italia fu attraversato da eserciti di varie nazionalità: italiani, spagnoli, francesi, tedeschi che combattevano ferocemente gli uni contro gli altri coinvolgendo le indifese popolazioni locali in razzie, massacri e diffondendo terribili epidemie. 

​La siccità, le violenze ed i continui saccheggi operati dai combattenti furono causa di un inesorabile impoverimento delle popolazioni rurali. La carestia determinò un progressivo allontanamento dei contadini dalla loro terra. Probabilmente, portato dalle orde dei lanzichenecchi, crudeli mercenari tedeschi, arrivò anche il “terribile morbo”: la peste. L’epidemia, descritta da Alessandro Manzoni ne “I promessi sposi”, si diffuse velocemente in tutto il nord Italia, decimando le popolazioni già ridotte allo stremo dalla guerra. La peste del ‘600 determinò un calo demografico importante, uccidendo più di un quinto della popolazione del nord Italia e circa la metà degli abitanti di Milano. 

In quegli anni, il fuoco purificatore bruciò ogni cosa che fosse sospettata essere veicolo di pestilenza. La popolazione decimata rimasta isolata nelle campagne, vide i falò come un’occasione per ritrovarsi tra sopravvissuti e provare momenti di ludica speranza. 

A Pescarolo, ogni anno, il Grande Falò rappresenta l’ultimo atto di una lunga serie di avvenimenti. La tradizione vuole che si sviluppi nei quattro giorni che precedono l’inizio della Quaresima e che culminano appunto con l’avvento del Martedì Grasso, Le Ceneri, ultimo giorno di carnevale. 

L’allestimento e la gestione della manifestazione viene curata da un gruppo di volontari: gli “Amici del Falò”. A questo gruppo aderiscono numerosi abitanti di ogni età, uniti nella condivisione di un progetto comune: “l’allestimento dello storico falò annuale”. Le giornate sono caratterizzate da momenti di duro lavoro, immersi nel freddo clima invernale, ai quali si alternano momenti ludici di meritato ristoro, a goliardica attività di socializzazione unita a corali canti tradizionali.

Come un antico viandante sono giunto a Pescarolo nei giorni che precedono la Quaresima, testimone straniero del fermento paesano: dapprima incuriosito e poi coinvolto dall’entusiasmo, dall’impegno e dall’euforia che si respirano in quei giorni. Il racconto fotografico è frutto di una passione durata nel tempo. Una raccolta documentativa che, come un mosaico, è costituito da immagini collezionate in più di venti anni di assidua presenza alla manifestazione. 

E’ stato un privilegio essere accolto nel gruppo e poter assistere direttamente all’attiva cooperazione della popolazione di un intero paese, tesa alla realizzazione di un progetto comune. 

La tradizione vuole che l’evento si sviluppi in quattro giorni consecutivi. Ogni giornata viene così rappresentata come un esclusivo capitolo dell’evento. 

*I° Capitolo (Sabato): accensione del Trattore 

* II° Capitolo (Domenica): abbattimento dell’albero sacrificale 

* III° Capitolo (Lunedì): corteo per le strade del paese e collocazione della quercia  nella piazza centrale di Pescarolo 

* IV° Capitolo (Martedì): il falò 

Lucio Ferrari

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