Durante la seduta, il Sindaco ha dichiarato che la diffida sarebbe da considerarsi un “atto unilaterale e irrituale“, non comportando quindi alcun obbligo di risposta da parte dell’Amministrazione. Ha inoltre sostenuto che, per ottenere effetti giuridici, il Comitato avrebbe dovuto presentare un ricorso al TAR, ribadendo che la parte politica non deve interferire con l’iter tecnico-amministrativo in corso.
Come Comitato, riteniamo tali affermazioni l’ennesimo modo per nascondersi dietro la burocrazia.
Inoltre, va ricordato al Sindaco che è autorità sanitaria e pertanto è direttamente implicato nella procedura: la responsabilità non è solo degli uffici, ma anche direttamente sua. Il mancato parere sanitario da parte di Ats avrebbe dovuto allertarlo e metterlo sin da subito dalla parte dei cittadini.
In secondo luogo, la mancata risposta alla diffida appare come una scelta deliberata, probabilmente volta ad evitare la riapertura del procedimento, che renderebbe di nuovo possibile un ricorso al Tar.
Ciò che più preoccupa è il principio espresso dal Sindaco secondo cui la parte politica non dovrebbe intervenire sulle questioni tecnico-amministrative. Un Sindaco, in quanto rappresentante di tutti i cittadini, ha il dovere di vigilare, tutelare e pretendere la trasparenza degli atti amministrativi, soprattutto quando la cittadinanza segnala possibili criticità o incongruenze, e il primo a dover pretendere chiarezza dovrebbe essere proprio lui (oltre al “dovere” in quanto autorità sanitaria).
Per questo, ci chiediamo nuovamente: da che parte sta il Sindaco? Un primo cittadino non può limitarsi ad essere un semplice garante delle procedure burocratiche (che nella fattispecie in oggetto, a nostro avviso, non è comunque riuscito nel suo dovere): deve essere la voce e la tutela della propria comunità.
Altrimenti, basterebbe un commissario prefettizio.
Chiediamo risposte, chiarezza e ascolto.

































