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GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI

Ecco serviti di barba e capelli tutti gli illusi che la globalizzazione di politica ed economia ci avrebbe riservato più rose che spine. Se il genio di Chaplin fosse ancora fra noi avrebbe di che  rivisitare la più iconica sequenza de ‘Il grande dittatore’ (1940): l’ometto, sosia del Fuhrer, che privatamente si abbandona a un piccolo delirio di onnipotenza giocando col mappamondo a mò di pallone. E’ ormai argomento del giorno la concentrazione di potere nelle mani di quattro o cinque ‘global player’, in grado di  incidere sugli equilibri geopolitici e pesantemente ridisegnare condizioni e orizzonti  materiali ed esistenziali delle nostre vite. E’ il caso di un paio di privati miliardari che intrecciando il più visionario idealismo al più spregiudicato affarismo, sono ormai in condizione di scavalcare le tradizionali procedure autodifensive delle nostre democrazie, mettendo le politiche interne e internazionali di fronte a complessi problemi di adattamento e capacità di risposta. Fra queste autentiche Super Entità, per dirla in linguaggio fantasy, le più discusse ed enigmatiche sono certamente gli statunitensi George Soros ed Elon Musk

Banchiere ungherese il primo, sudafricano il secondo, ormai universalmente noto come profeta ideologico e beneficiario economico delle tecnologie collegate all’intelligenza artificiale. I due, diversi anzi opposti nei rispettivi disegni – tant’é che uno è gradito alle sinistre e l’altro alle destre – risultano tuttavia molto simili quanto al resto: miliardi di dollari, impronta ideologica, un profetismo messianico che li fa sentire operatori di un futuro più libero e giusto. Insomma, ottimi moltiplicatori dei rispettivi profitti e, insieme, benemeriti dell’umanità.  Botte piena e moglie ubriaca. 

Soros. caso non unico di ebreo ostile al sionismo, è un abilissimo e non immacolato banchiere, clamorosamente indifferente agli enormi risvolti sociali e morali delle speculazioni messe a segno. L’attacco alla lira del 1992 ci costò lacrime e sangue. Ma eccolo, da mister Hyde, pronto a farsi il dottor Jekyll che investe consistenti quote di profitto a sostegno delle ong che scaricano migranti, con approdo notoriamente preferenziale sulle nostre coste. Più che generico istinto filantropico si direbbe che a muoverlo è una strutturata e dichiarata motivazione ideologica.  Allievo di Karl Popper, il teorico della ‘società aperta’, Soros utilizza la propria Fondazione per realizzarla, finanziando l’ininterrotto trasferimento di esseri umani in cui è difficile distinguere le autentiche scelte di fuga per disperazione dalle ‘deportazioni’ volte a modificare la composizione etnica delle società occidentale. Il disegno è una globalizzazione  ‘spinta’ risultante dalla progressiva cancellazione delle identità storiche e culturali di popoli e nazioni. Un dettaglio  non è chiaro: come un’Europa a dominante islamica -perché di questo, numeri alla mano, stiamo parlando- potrebbe realizzare quel che s’intende per ‘società aperta’ cioè liberale, tollerante e pluralista. Parliamo infatti di modelli lontani anni luce da quelli occidentali riguardo a nodi centrali come laicità delle istituzioni, diritti femminili, diritti civili, insomma l’insieme delle libertà e diversità che per noi sono normale fisiologia liberaldemocratica, mentre nella cultura islamica sono i tanti volti dell’infedele da eliminare. Islamizzare l’Occidente per farne una società più ‘aperta’ appare dunque, al momento, un allarmante paradosso, ovviamente facilitato dall’indulgente silenzio delle sinistre.

Ma veniamo all’altra e più nota Super Entità: quell’Elon Musk che in veste affaristico-intellettuale gira il mondo in lungo e in largo reggendo alta la prodigiosa fiaccola dell’intelligenza artificiale. Con inevitabile sconcerto abbiamo pertanto appreso il suo recente monito all’Umanità: fra due o tre anni la siccità più distruttiva che ci colpirà non riguarderà l’acqua bensì l’energia elettrica. Il tutto a causa del nostro eccessivo uso della tecnologia in assoluto più energivora: l’intelligenza artificiale. Caspita, da che pulpito viene la predica. Come interpretarla? Forse come invito a una collettiva pausa di riflessione sul modello di sviluppo e a perimetrare con più rigorosi paletti interni e internazionali una materia gravida di rischi etici, sociali, ambientali, di sicurezza e protezione di dati sensibili. Se riconosce che, male usata, l’intelligenza artificiale è più pericolosa dell’atomica, Musk si appresta forse a diventare l’Oppenheimer del terzo millennio? Non si direbbe, visto che in concreto sta indirizzando Trump a non aggiungere, anzi togliere, regole, riducendo al minimo l’interferenza istituzionale in materia digitale: libera pesca nel mare aperto delle opportunità di profittto. Il magnate non dubita che, giunta a piena maturità, l’intelligenza artificiale sarà “più intelligente del più  intelligente degli uomini”. Potrà dunque affrancarsi dal suo creatore e fare di testa propria? Ecco un archetipo biblico che rischia di rimbalzare dal remoto passato a un non lontano futuro: in quanto creatura ribellata al suo creatore, l’uomo già una volta perse il paradiso terrestre. A ruoli invertiti, ma nuovamente a nostre spese, il destino ci riserva una replica?

Orizzonti di raggelante tecnicismo avanzano desertificando ogni vecchia debolezza sentimentale: continuità della specie consegnata alla procreazione ‘in vitro’ che consente ai genitori “completo controllo del processo”. L’intelligenza artificiale, assicura Musk, sarà in grado di fare tutto, affrancandoci dalla necessità di lavorare.  Soros ci regala la società aperta. Musk provvede a farne un club del tempo libero. Per poi  ammettere, bontà sua, che nelle nuove condizioni (paradiso e inferno?) occorrerà “dare un senso alla vita”. Si potrebbe replicare che in quel vecchio continente che, impoverito e periferico, è oggi incapace di trovare la quadra su cose strategicamente vitali come appunto l’autonomia digitale, il ‘problemino’ del senso della vita è di casa da millenni.

Filosofia, scienza, letteratura, psicanalisi, arte, incessante domanda intorno a Dio, cos’altro sono se non ricerca del senso della vita? A giudicare dalla polveriera di contraddizioni e buchi neri su cui  siede, si direbbe casomai che, quanto a ricerca del senso della vita, a Musk converrebbe cominciare dal senso della propria.      

 

Ada Ferrari 

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