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Il nome della rosa a dicembre.  Ero cresciuto nella prima adolescenza con l’attesa delle rose a maggio, il mese della Madonna, e dei  rosari in chiesa la sera, buona occasione per uscire di casa e poi ritrovarmi con gli amici. 

Ormai da lungo tempo la rosa, il più classico dei fiori, ha travalicato i limiti temporali di allora, per  crescere quasi tutto l’anno, anche a gennaio, il mese più ostile alle fioriture in cui ho rivisto la rosa  che vi presenterò, fotografata però lo scorso dicembre a Vescovato, in via Marchi. (foto centrale).

Ottima innanzitutto l’idea di piantumare arbusti o erbacee ornamentali in vie strette o a ridosso del  traffico, per il minor ostacolo alla circolazione e il minor rischio di danno in caso di caduta.  Vuoi anche per la loro bellezza, come i roseti, opportunamente compatti e di limitata espansione, a  costituire splendide aiuole di poco disturbo e poca manutenzione, con spine corte e poco esposte, fogliame ricco a lungo persistente, e con fiori medio piccoli in densi cespugli. 

Fiori molto resistenti alle avversità climatiche e alle malattie, ma più che altro la resistenza riguarda le piante in sé, e il fenomeno della rifiorenza che le caratterizza, e che garantisce una copertura  fiorale quasi tutto l’anno, perchè mentre i singoli fiori appassiscono, le nuove fioriture non si fanno  intimidire dal freddo.  Perciò possiamo vedere boccioli di rosa e i loro sepali, nei loro sfavillanti colori decorati dalla brina (foto 2), che fa risaltare anche le ragnatele che uniscono gli steli. (foto 3) 

Immagini che non mi sarei mai sognato di vedere al tempo dei rosari.  E tuttavia, rispetto a ciò, questa rosa ha un’altra caratteristica che la rende assolutamente speciale.  Vedendola spesso  transitando a Vescovato per lavoro, ho deciso dunque di occuparmene, ma le  iniziali ricerche mi hanno portato a scontrarmi con un primo ostacolo: il suo nome. 

In quanto a ibridi, la rosa è il fiore più riccamente nominato del pianeta, e non conoscendo il  nome di questa, l’ho chiesto ad amministratori locali vecchi e nuovi.  Ma nessuno ha saputo dirmelo con certezza. 

Mi è stata indicata la Fairy Queen, ma con mia grande sorpresa ho scoperto che non era quella la rosa, benché il nome fosse esatto ma riferito a un’altra rosa, di un rosso scuro persistente, che in  precedenza abbelliva questa via.  Chi, quando e perchè allora l’aveva sostituita con quest’altra? Nessuno ha saputo dirmelo anche perchè il vivaista di riferimento comunale era cambiato e chi c’era prima non si sa dove fosse andato a finire!

Cominciavo a temere di dover affrontare un arcano alla Umberto Eco, donde la frase iniziale  dell’articolo e quindi a pensare che forse era il caso di rinunciare alla ricerca. 

Ma quei fiori cangianti, ed era questo il valore aggiunto, che quasi per magia modificavano il loro  colore passando dal rosso esterno del bocciolo (foto 4) all’arancione e quindi al giallo nei petali  interni ancora raccolti; oppure arancioni nelle parti interne (foto 5) e quindi rosa in quelle esterne  con la brina che si scioglieva in rugiada, hanno costituito per me un richiamo ammaliante a continuare la ricerca. Quella rosa mi aveva stregato! 

E’ straordinario quanto la natura ha fatto con questo fiore, in sinergia con l’uomo, per questo ampio  viraggio cromatico che mi  ha fatto pensare alla metamorfosi autunnale delle foglie del Liquidambar  recentemente trattata, e tra le varietà di rosa alla Tequila, un incrocio tra una Paesaggistica ed una  Minirosa, che ha nella sua fantasia cromatica la principale peculiarità. 

Dal vivaista comunale, però, ho ricevuto altre indicazioni, per quanto simili. Dalla Cubana, presto  scartata, alla Peach Drift, la cui differenza fondamentale sembra essere la più bassa altezza delle  siepi, 40/50 centimetri, la metà rispetto a quelle della Tequila. 

Ed effettivamente queste siepi sono di bassa altezza. 

Dunque risolto il dilemma del nome? Può darsi. 

Ma il vero arcano non è tanto capire chi, come, quando e perchè avesse sostituito la rosa, e quale sia  il suo nome reale, ma come si riesca a produrre questa meravigliosa molteplicità di colori e di  combinazioni/ sfumature cromatiche su petali numerosi che tendono a sbiancare alle estremità, vuoi anche per il contributo della brina che conferisce un aspetto fiabesco, che “rapisce” per tanta  bellezza, e con quel rosa pallido che man mano aumenta perifericamente, contornando prima il  giallo (foto 6) e poi l’arancione (foto 7) , fino a diventare il colore predominante (foto 8), col  giallo che si perde nel profondo dei petali. 

Una suggestione sublime! 

Non a caso il rosa è il colore che ha dato il nome a questo fiore, che tra l’altro è il fiore più mistico,  vista l’usanza antica di mettere una corona di rose sulle statue della Vergine, chiamata dunque  rosario, simbolo delle preghiere devozionali a lei dedicate e citando le quali ho iniziato non a caso l’articolo. 

Quale misterioso libro avevo dunque aperto?  Quello della natura che non finisce mai di stupire, che  richiama il divino e che non avvelena col suo fascino, neppure a toccarne i petali, a differenza del  manoscritto di Eco, sebbene sia consigliabile tenersi tutti lontano, animali compresi, dalle bacche  della rosa (i rossi cinorroidi ) (foto 9) per un consumo alimentare anche occasionale. 

Non è mai detta! 

 

Stefano Araldi

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