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Mal’aria: per battere l’inquinamento in Val Padana occorre affrontare anche le emissioni di agricoltura e allevamenti
I comitati Legambiente di Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte si appellano a Regioni e Arpa: ridurre e monitorare le emissioni da stalle, campi agricoli e risaie. Lo afferma Legambiente che ha presentato un nuovo dossier su due gas finora fuori dai rilevamenti: “includere le emissioni ammoniaca e metano nei piani regionali di risanamento dell’aria”. Intanto in campagna stanno per cominciare gli spandimenti di liquami zootecnici: rischio di picchi di inquinamento per febbraio.

Dopo un inizio d’anno piovoso e con pochi picchi di smog, siamo entrati nel periodo critico degli spandimenti dei liquami agricoli: finito il blocco nei mesi di dicembre e gennaio, infatti, gli allevatori si trovano a dover spandere sui campi vicini i contenuti dei serbatoi stracolmi di liquami. È anche per questo che, da diversi anni, il mese di febbraio è quello con i più alti picchi di inquinamento, soprattutto per quanto riguarda il particolato sottile. Una gran parte di esso infatti deriva dai composti dall’ammoniaca, gas che esala soprattutto dai liquami zootecnici.

Cio avviene in una valle del Po che resta una sacca di un inquinamento atmosferico che non lascia tregua. Anche se nel tempo le norme europee hanno elevato gli standard di qualita per le emissioni da industria, trasporto e riscaldamento domestico, consentendo una riduzione dei livelli atmosferici degli inquinanti primari, ovvero quelli immessi direttamente
da tubi di scarico e camini, la soluzione del problema è ancora lontana e di certo le regioni padane non saranno in grado di adeguarsi agli obblighi della nuova direttiva europea sulle concentrazioni di inquinanti, a meno di affrontare anche il nodo delle emissioni che derivano dalle attività agricole e, soprattutto, zootecniche, che vedono concentrarsi nelle
quattro regioni settentrionali l’85% dei suini e il 65% di tutti i bovini allevati in Italia, per non parlare di ovaiole e polli da carne, anch’essi concentrati soprattutto tra Lombardia e Nord-Èst.

L’intensità esasperata con cui la pratica dell’allevamento viene condotta in Pianura Padana e la prima causa delle emissioni di ammoniaca e metano, due sostanze che, combinandosi con i gas da traffico, sono precursori l’una della formazione di particolato secondario, responsabile dello smog invernale e l’altro della produzione atmosferica di
ozono, da cui dipende la formazione di smog fotochimico nella stagione estiva.

I dati sono contenuti in un policy brief, sviluppato da Legambiente nell’ambito di ‘Methane Matters’, la coalizione europea impegnata per il rispetto degli accordi globali, siglati anche dal nostro Paese, per la riduzione delle emissioni di metano. Il documento illustra il peso rilevante dei due gas nell’aggravare il quadro delle emissioni che affligge le quattro regioni del Nord e le soluzioni possibili, che devono includere misure di mitigazione dell’impatto degli allevamenti, come l’interramento dei liquami per limitare le esalazioni di ammoniaca, e il ricorso alla digestione anaerobica, in impianti ad alte prestazioni, per trasformare il problema delle emissioni di metano da scarti organici in risorsa energetica rinnovabile.

La buona gestione dei liquami richiede anche una strategia sovra-regionale per ridurre il numero di animali allevati in modo intensivo, puntando ad una densità accettabile in rapporto al territorio. Nessuno pensa di mettere in discussione la storica specializzazione zootecnica della Pianura Padana, che e all’origine delle eccellenze alimentari che il nostro
Paese esporta in tutto il mondo, ma oggi il carico di bestiame è eccessivo, molto superiore alla capacita di produrre i foraggi necessari, perche la terra coltivata non è sufficiente per nutrire così tanti animali né per ricevere le molte decine di milioni di tonnellate di liquami zootecnici prodotti in queste regioni: così l’agricoltura è diventata il primo settore
economico per quantità di inquinanti gassosi rilasciati in atmosfera.

“Non si puo affrontare il risanamento dell’aria in Pianura Padana senza fare i conti con tutti i settori responsabili di emissioni,” commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Per questo, abbiamo scritto al ministro dell’Ambiente e agli assessori all’ambiente delle regioni firmatarie dell’Accordo Aria, affinche includano il metano e l’ammoniaca tra gli inquinanti gassosi oggetto di monitoraggio e di misure di riduzione delle emissioni. Stando agli inventari regionali, questi due gas pesano quasi quanto la meta di tutte le emissioni inquinanti, eppure non ne esiste una rete di monitoraggio atmosferico né sono stati fissati obiettivi di riduzione coerenti con gli impegni europei di lotta all’inquinamento atmosferico. Chiediamo che i piani regionali di risanamento dell’aria si facciano carico anche
di questa fonte emissiva, sostenendo azioni di mitigazione ma anche programmi e strategie per la sostenibilita del settore zootecnico.”

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