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L’uovo di Pasqua: tramonta l’ambizioso progetto del nuovo Policlinico di Pavia in cantiere da 10 anni e si riqualificherà il vecchio ospedale. Intanto a Milano si archivia l’idea di demolire il San Carlo e il San Paolo per una maxiriqualificazione del San Paolo. Maxiriqualificazioni pure per i maggiori nosocomi milanesi e il Civile di Brescia ed è in forse il progetto di abbattere e ricollocare il presidio di Desenzano.                                                                                                                             

Solo a Cremona vince il partito del cemento col sostegno incondizionato di politici, sindacati, ordini professionali. Se a Brescia, Gallarate, Busto ecc. partiti, sindaci, sindacati, associazioni appoggiano i comitati, Cremona vede la saldatura (non una voce dissonante) di sinistra, destra, sindaci, sindacati, ordini professionali. Anche 10 associazioni di volontariato sposano il progetto come “motore di innovazione e opportunità unica per ripensare un modello centrato sulle case di comunità, connesso alla rete della cronicità, ai servizi domiciliari”.                                                                                       

Ma le 10 associazioni hanno letto il progetto funzionale del nuovo ospedale? Sanno che si scaricano 25.000 giornate di degenza per acuti dell’area medica e chirurgica su un territorio sguarnito di strutture?

Sanno che le case di comunità già inaugurate mancano di personale?

Sanno che le risorse previste (FSN-Manovra ‘25) non consentono l’assunzione del personale sanitario necessario al funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale, case di comunità comprese (7°Rp. Gimbe)?

Sanno che Roma ha chiesto e ottenuto (24/11/23) di espungere dal finanziamento PNRR 2334 case di comunità, centrale operativa territoriale, ospedali di comunità, presidi di area critica?

Sanno che la casa/ ospedale di comunità di viale Trento Trieste dal ‘22 è fuori dalla lista delle case di comunità finanziate col PNRR e si opterà per la formula del parternariato pubblico privato, una iattura per il funzionamento delle strutture sanitarie?

Sanno che su un territorio carente di servizi, personale sanitario, risorse in conto spesa corrente nulla possono i muri nuovi dell’ospedale-parco?                                                                                                                      

Le associazioni di volontariato si affidano alle narrazioni di Azienda socio sanitaria territoriale e politici (Cremonaoggi 5/03/25) o hanno studiato il progetto funzionale del nuovo ospedale che scarica cronicità, prevenzione e assistenza con un assist senza ritorno al privato avanzante?                                                                                                                                   

Prima ancora dell’erogazione di servizi, compito di un’associazione di volontariato è fare informazione per un’utenza privata del diritto di conoscere e pronunciarsi su una scelta che impatterà sul suo futuro, diritto negato per i cittadini e onere disatteso per sindaci e Regione, sindaci che (l’abbiamo verificato) hanno detto sì a un progetto, quello funzionale, che non conoscono. Sindaci, sindacati, associazioni, ordini professionali con il loro sì corale delineano una società che respira all’unisono coi decisori politici.                                                                                              

Se la democrazia è confronto aperto, quello negato da istituzioni e corpi intermedi a 200.000 cittadini, che senso ha per i sindaci onorare col tricolore il 25 aprile, festa della democrazia che muore se mancano dialogo e confronto?

Che senso ha per le associazioni di volontariato abbracciare un progetto che ha eletto gli stakeholders a primi interlocutori ed è stato gestito all’ombra del rifiuto del confronto con la base e,  al contempo, indicare, ora ex post, come prioritario che “i cittadini abbiano voce nella definizione di servizi calibrati sulle reali necessità”?             

Urge potenziare la medicina territoriale e il servizio ospedaliero, ma chi ha detto sì al progetto non spiega perché l’”unica opportunità per ripensare il modello di cura” passi per l’inchino al partito del cemento e non per una riqualificazione seria come Pavia, Milano, Brescia, Padova, Bologna fanno e non in spregio ai modelli di cura, come attesta la Direzione generale del San Paolo (16/04/25): “Puntiamo a un modello di cura che coniughi efficienza, sostenibilità, accoglienza con una riqualificazione a 360° che ne farà un ospedale a dimensione d’uomo e insieme ad alta integrazione tecnologica, dotato di sistemi digitali d’avanguardia di automazione dei processi e di monitoraggio in tempo reale delle prestazioni per potenziarne efficienza gestionale e qualità assistenziale in stretta connessione con i servizi territoriali locali e l’intero sistema pubblico lombardo.”

 

Rosella Vacchelli  

Comitato per la difesa della sanità pubblica e dell’ospedale di Cremona

 

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