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Caro direttore,

sono socio della Baldesio da generazioni e tuttora la frequento, quando posso, con la mia famiglia. Le scrivo perché mi duole assistere al degradare della discussione che la riguarda, sperando che non sia del tutto vana la speranza di riportare a maggior lucidità pensieri e opinioni inerenti a questa vicenda, dove vari soci oppongono le proprie ragioni, le quali rischiano talvolta di apparire viziate da scelte di parte e prese di posizione. Ne un’ulteriore via può essere quella del rifiuto o del disinteresse, dal momento che i problemi sono in piazza e chiamarsene fuori non produce alcun tipo di effetto.

E però, in questa discussione, occorre tenere costantemente presente come la parte pubblica di questa disputa nasca da un interpello del socio Corazzi, alla quale, con una scelta che a molti è sembrata poco lungimirante o superba, è stato opposto un diniego. E se può essere oggetto di discussione l’eventuale pretestuosità della domanda, non lo può però essere la certificata illiceità della risposta, un fatto che avrebbe potuto rappresentare per il consiglio l’incentivo per discutere in modo trasparente e aperto delle dette spese, potendole peraltro utilizzare per rivendicare il proprio operato o riconoscere le proprie eventuali mancanze, ma soprattutto dando a ciascun socio la possibilità di poter valutare la situazione su dati di fatto, incentrando la discussione su un oggetto più produttivo, senza che questa assumesse toni personalistici.

Le vicende conseguenti non hanno invece prodotto nulla di buono né per la società né per i soci; e nonostante il crescente imbarazzo che la situazione stava via via generando, il mancato abbandono del piglio iniziale ha finito per acuire ulteriormente la volontà di scontro, con poca o nessuna considerazione del fatto che la prima vittima di tale situazione sarebbe stata l’immagine pubblica della Baldesio. Chiedo, si sarebbe potuto operare con maggiore responsabilità? Non vi erano alternative? E se pure, nella buona fede, una reazione di pancia può certo considerarsi umana e sincera; come altresì può risultare accettabile che persone con ruoli di rappresentanza mostrino quelle magliette e che successivamente il collegio dei probi viri, non considerandolo un torto sufficiente, decida di sospendere e poi espellere il socio al quale erano presumibilmente dirette? Davvero non vi era altra destinazione adatta o migliore per il denaro che è stato e verrà speso per la diatriba legale? Si sarebbe potuto fare qualcosa di meglio? Ponderare meglio le scelte? Tutelare l’immagine della società tutta? Superato l’imbarazzo, sono queste le domande che ogni socio si pone o dovrebbe porsi. Ma soprattutto: nessuno trova statisticamente improbabile che nessun consigliere o proboviro abbia una mano da alzare e qualcosa da dire nel merito, magari pubblicamente? Nessuno che vuole smarcarsi, anche solo un po’, da come è stata gestita la questione, soprattutto ora che ha preso una piega giudiziaria? Il fatto stesso che la lettera inoltrata da cinquanta soci con l’obiettivo di riportare la discussione nell’alveo privato e con toni meno cafoni non riportasse le firme dei promotori non testimonia forse il loro timore di esporsi, di passare da elementi ragionevoli quali paiono essere, a dissidenti? È questa l’aria che si respira oggi?

E poi. Qualcuno è davvero in grado di sostenere che dieci anni fa la società non godesse di maggior prestigio rispetto ad oggi?

Continueremo ad essere i migliori per grazia ricevuta? Davvero si pensa che nessuno visiti altre società, in città o altrove, dove pranzi e cene sono serviti almeno nel weekend, dove i bambini hanno scivoli o fontane, dove le manutenzioni sono effettuate a regola d’arte, dove si fanno eventi di qualità, dove i ristoranti si usano anche per business meetings?

Tutta questa esposizione comunicativa non si sarebbe potuta indirizzare meglio per far comprendere ai soci quale sia la direzione che il consiglio vuole intraprendere per migliorare finalmente servizi e strutture a beneficio di tutti, radunando consensi col fare, e non rischiando di perderli col battibeccare? Come non comprendere come tale operato possa mettere in imbarazzo la società tutta e i suoi soci? Non sarebbe meglio che questi vengano maggiormente informati a proposito di ciò di cui il consiglio voglia e possa reputarsi orgoglioso, anziché vederlo coinvolto in simili toni e soccombere in tribunale? A nessuno è parso il caso di fornire alle critiche una risposta strutturata e completa, che fugasse le ambiguità che sembrano rimanere?

Comprendo perfettamente che sia soprattutto la parte sportiva ad attirare l’attenzione di chi è chiamato a gestire la società, perché oltre ad essere l’oggetto sociale, questa costituisce la gran parte della sua immagine pubblica. Ciò è corretto, ma non ne può conseguire il rischio di una minore considerazione per chi è fuori da questo o quel giro, per chi sfrutta le strutture più sporadicamente, o magari solo in estate. E questi sono la maggior parte dei soci della Baldesio.

Ora, il ruolo di un consiglio è di tutelare gli interessi dell’intera collettività dei tremila associati (non dei trenta della propria cerchia, non dei trecento di uno sport: di tutti i tremila) nella gestione della cosa comune. I consiglieri sono, di fatto, delegati.

Quanto agli attuali, o quantomeno una parte di essi, il riscontro di un grande numero di oppositori in sede di votazione (45%) avrebbe a maggior ragione dovuto condurne qualcuno a tenere in maggior considerazione l’espressa volontà globale dei soci, e dunque indurli a comprendere di risultare divisivi, e questo purtroppo già a prescindere dalla considerazione del loro operato. Soprattutto perché una simile opposizione, non avendo precedenti, non può che essere la testimonianza di un clima teso. Ma le votazioni di una società sportiva dilettantistica – questa è la Baldesio – dovrebbero puntare ad unire, non a dividere. E se divisiva è già la votazione, non dovrebbe altresì esserlo il conseguente operato del consiglio, il quale sarebbe opportuno operasse per rimarginare le ferite iniziali anziché acuire gli scontri. Tale è il peso della rappresentanza: oltre agli onori, gli oneri. Sembra però che tale non sia la direzione scelta, dal momento che una parte di esso è addirittura apparsa disposta a rendersi protagonista di uno sbeffeggio poi giunto nelle preposte aule: possa o meno configurarsi un reato, di certo le parole scelte nel testo dell’ordinanza non sono lusinghiere.

E tutto ciò non considerando, peraltro, che l’accentuarsi della sgradevolezza dei toni del conflitto e il conseguente faro puntato sulla vicende societarie non potranno che finire per portare più persone alle prossime votazioni, dove la volontà della maggior parte dei partecipanti sarà sicuramente quella di provare a far dimenticare questa incresciosa figuraccia pubblica che svilisce la società e con lei, purtroppo, i suoi soci. E questo perché i volti della Baldesio non sono solo quelli del suo consiglio, ma anche quelli di tutti i suoi soci.

Grazie dello spazio e complimenti per la sua iniziativa editoriale.

 

Giovanni Cervi Ciboldi

L'Editoriale

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