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Egregio Direttore,
in replica al collega sindaco Antonio Grassi, noi cremonesi diremmo: “Te sèet füürbo apèena té”. Vista la sensibilità dell’autore mi spiace che questa sia l’unica citazione che userò, ma è certamente la più pertinente, in risposta a un armamentario di editoriali che hanno una sola costante: quanto per Grassi a Cremona si è per lo più cattivi e/o coglioni.

Una incontinenza verbale che proviene da chi non vive la città, da una narrazione a distanza, che difficilmente è frutto di relazioni con le persone di cui si parla, ma soprattutto sparla: Grassi, per esempio, esprime valutazioni su di me ma io nemmeno lo conosco. Lo fa con i mezzi che ha, con l’ipocrisia della critica a un dibattito pubblico, spesso avvelenato, che lui stesso nel suo piccolo alimenta, nello stile e nell’ansia da pagella. Lo fa servendosi di una cosa tanto comune quanto banale e gretta: il rancore.

Ma venendo a quel poco di merito presente nel suo articolo, Grassi scrive: “Vince la Cremonese e puoi entrare in Comune, saltare sui tavoli del palazzo, invadere con un trattore piazza Duomo”. Che senso ha questa frase? Probabilmente Antonio Grassi sarebbe stato in grado di scendere in piazza, spostare un trattore in mezzo a tremila persone in barba alle valutazioni delle forze dell’ordine. Ma cosa c’entrano l’arroganza, il panem et circenses, i sociologi, addirittura l’establishment cittadino e tutto il vaniloquio a seguire?  Nulla, sono solo chiacchiera supponente.

Le partite si giocano allo stadio fra calci, spallate, dribbling e fischi: io purtroppo non vedo mai la presenza di Grassi, non la vedo nemmeno in tribuna. Ma tant’è: me lo immagino a casa sua nel suo ufficio, dietro a una tastiera, muovendo solo le dita. Lo vedo come per l’appunto chi gioca a subbuteo e per prudenza lo fa in solitudine, per avere sempre in pugno la vittoria. E Grassi in quel contesto sì, non è una schiappa, è un top player.

 

Andrea Virgilio

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