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Pubblichiamo la seguente lettera aperta dei soci inviata al Consiglio direttivo della Baldesio, riportata sul sito internet della società. La lettera è firmata da 50 iscritti alla Canottieri dei quali non è resa nota l’identità.

Allo spettabile Consiglio direttivo della società Canottieri Baldesio – Cremona

La vicenda che da mesi trascina quasi quotidianamente la Baldesio come società e singoli soci sui media della provincia di Cremona, anziché di un contenzioso, ha assunto l’aspetto di una diatriba, in cui le parti in causa, più che voler raggiungere una conciliazione, sembrano tese solo a danneggiarsi vicendevolmente, con un livore e una pervicacia che non danno alcun segnale di una possibile ragionevole ricomposizione.

Sembra che per qualcuno valga solo il motto ‘chi non è con me è contro di me’, in una sorta di gara al cupio dissolvi cui ha assistito, finora passivamente, amareggiata e stupita, la gran parte dei soci che non desiderano altro che frequentare la Canottieri per rilassarsi, godere della compagnia e della bellezza del verde e della funzionalità delle attrezzature.

Noi soci e socie sottoscritti desideriamo esternare alcune considerazioni e anche alcuni stati d’animo che condividiamo riguardo a questa incresciosa situazione.

Non si capisce il senso profondo di quanto succede, mai capitato a memoria di tutti i soci, da quelli ordinari ai patroni. Il nome della società è divenuto famoso per episodi che nulla hanno a che vedere con le questioni pratiche e la vita reale della Baldesio e i suoi risultati sportivi, e questi, che dovrebbero essere il vero obiettivo e vanto della società, ormai sembrano non contare più niente.

I soci, tutti, sono prima di tutto persone che hanno famiglie, attività, contatti e relazioni sociali che inevitabilmente risentono di questi risvolti, sia sul piano della fatica fisica sia soprattutto di quella psicologica, e questo non è affatto un bene per chi deve amministrare la società.

Chiediamo quindi A TUTTE LE PARTI IN CAUSA di dirimere le controversie (se di ciò si tratta) in atto in modo definitivo, civile, costruttivo, sereno e degno del nome che questa nostra associazione, nata e cresciuta con il contributo onesto di tutti i soci, passati e presenti, ha costruito nei decenni, costituendo un esempio, anche morale, per le società canottieri nate successivamente.

In un contesto ormai non solo locale ma globale in cui, rovesciando qualsiasi forma di buon senso, ha ragione non chi argomenta pacatamente ma chi urla di più, chiediamo che sia restituito il rispetto dovuto alle persone che costituiscono questa comunità e credono davvero nei valori dichiarati delle associazioni. Senza contare che, anche sul piano finanziario, i costi delle spese legali finora e in futuro sostenute per questioni che ci appaiono sempre più legate a dissapori e rancori personali potrebbero essere meglio destinate, ad esempio ai futuri fruitori della Canottieri, ai quali dobbiamo consegnare anche degli esempi di correttezza e sobrietà.

I seguenti firmatari si sentono inoltre di offrire il loro sostegno a tutti coloro che stanno lavorando in modo volontario, ma scrupoloso e professionale, per il bene reale della società Canottieri Baldesio.

 

Ed ecco la replica di Alberto Corazzi, socio radiato dalla Baldesio con provvedimento firmato dal Collegio dei probiviri.

Sotto le apparenze di una “lettera aperta” equilibrata e costruttiva, si cela in realtà un’operazione mediatica che capovolge i ruoli, cercando di trasformare chi ha subito un’ingiustizia nel problema da zittire, e chi ha commesso le violazioni nella parte da proteggere.

I 50 firmatari – che chiedono di abbassare i toni – dove erano prima della mia radiazione?
Dove erano quando i consiglieri indossavano magliette con scritte diffamatorie verso altri soci?
Dove erano quando il bilancio non veniva allegato alla convocazione dell’assemblea, in palese violazione dello Statuto?
Dove erano quando il Consiglio veniva condannato in tribunale per avermi negato l’accesso agli atti?
Erano in silenzio.

E oggi, dopo aver taciuto di fronte a tutto questo, tornano a farsi vivi con una lettera che definiscono “aperta” ma che non hanno nemmeno il coraggio di firmare pubblicamente. E allora la domanda è inevitabile: perché non volete che si sappia chi siete? Se credete davvero in ciò che avete scritto, se pensate di difendere la Baldesio, perché vi nascondete? Chi lancia un messaggio pubblico a tremila soci deve essere disposto a metterci la faccia. Altrimenti non si tratta di buon senso, ma di ambiguità. E lo dico con chiarezza: chi non ha il coraggio delle proprie azioni, non potrà mai avere la mia stima.

E adesso che tutto è accaduto, che la Baldesio è finita sui giornali nazionali, che il Corriere della Sera ha dedicato una pagina intera alla vicenda – riportando fatti, nomi e responsabilità – arriva una lettera “per il buon senso”?
Tardiva, fuori luogo e francamente ridicola.

C’è chi è stato espulso senza essere mai ascoltato – io – e chi ha esercitato un potere disciplinare per sopprimere il dissenso – il Collegio dei probiviri.

L’unico danneggiato sono io. E, insieme a me, la Baldesio.

Non è una contesa personale. È una questione di diritto. Non è “con me o contro di me”. È: con lo Statuto, o contro lo Statuto.

Perché questo Consiglio – in carica da meno di due anni – ha fatto ciò che nessun altro aveva mai fatto prima:

– ha violato lo Statuto, convocando un’assemblea senza allegare i conti economici e senza depositare i bilanci;

– ha negato l’accesso agli atti, fino a che il tribunale non lo ha costretto a consegnarli;

–ha indossato magliette con scritte offensive;

– ha avviato 4 esposti contro un solo socio (il sottoscritto), culminate con una espulsione senza contraddittorio.

Dopo la mia diffida, 150 soci hanno firmato un documento di solidarietà. Ho proposto ai Probiviri di rivedere la decisione per evitare un nuovo contenzioso. Silenzio.

Non è il “tono” il problema.
Il problema sono le azioni.
Chi oggi parla di “buon senso” dovrebbe avere il coraggio di guardare in faccia la verità.
Il Consiglio ha perso il 45% dei voti in assemblea.
Ha ignorato 150 firme di soci.
Ha spaccato la società come mai prima.
Ha accumulato 30.000 euro di spese legali per atti difensivi e giudiziari mai visti in 140 anni di storia.

E allora non serve un “invito alla calma”.
Serve un’assunzione di responsabilità.

Alberto Corazzi

 

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