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L’ospedale di Cremona è un disastro. E il problema non sono i muri, non sono i medici, gli infermieri o il personale in generale – peraltro carente stando a quanto riferiscono da anni i sindacati -. No, il problema è la testa. E’ all’ultimo piano, dove si nascondono i dirigenti, i vertici, i manager in giacca e cravatta. Loro, che con il cittadino non hanno niente a che fare. Loro che il cittadino nemmeno lo vedono. Loro che dovrebbero – almeno questo – organizzare. Esaminare. Valutare. Ascoltare. Provvedere laddove è necessario. A partire dall’organizzazione.

I reparti non comunicano fra di loro. Di chi è la colpa? Dei medici? No, dei manager in giacca e cravatta. Quelli che intascano stipendi d’oro e se ne fregano dell’organizzazione. Pensano al nuovo ospedale, loro. Si sfregano le mani pensando a quanto sarà bello. Nel frattempo, le liste d’attesa le conosciamo tutti – anche al CUP ti consigliano apertamente di andare in privato. Nel frattempo l’organizzazione latita.

Accuse? Me ne assumo la responsabilità. Ieri mattina saliamo in un reparto che fa da “centro nevralgico” per individuare la patologia che affligge la persona che è con me. Era in programma da giorni, una visita presso un altro reparto. Dicono: seguite l’infermiera, vi porta lei.

L’infermiera confabula con una collega, apprende in quale reparto dobbiamo andare e si incammina. La seguiamo. Ci porta all’ascensore. Esita. Sale a un piano (della stessa ala dell’ospedale), cerca il reparto. Non è indicato. Chiede a una collega. Parlano. Ci vogliono cinque minuti prima che torni da noi per dirci che “forse” è al piano superiore. Forse. Saliamo. Il reparto è lì. Si scusa. Dice che pur lavorando nell’ospedale (non è una ragazzina) non sa bene dove siano i vari reparti.

Mi cadono le braccia, per non dire altro.

Entriamo nel reparto. E’ vuoto. Attendiamo 40 minuti. Niente. Incrocio un’infermiera. Chiedo. Dico che la persona che è con me ha una visita programmata. L’infermiera dice che la dottoressa sta visitando, arriva a minuti. Mi chiedo: perché darci un orario se poi la dottoressa non è disponibile.

Passano altri 40 minuti, stiamo per andarcene quando incontriamo la dottoressa casualmente. Non sa niente della visita. Dice che non è stata informata.

Procede comunque. Effettua la visita in sala d’attesa. Sì, in sala d’attesa. La visita consiste in una serie di domande. E ancora buona che la sala d’attesa è vuota, alla faccia della privacy. Mi chiedo se la dottoressa non abbia il beneficio di usufruire di un suo ufficio. Scopro che forse ce l’ha, perché a fine “visita” chiede di aspettarla. Si chiude da qualche parte e mezz’ora dopo ne esce con un referto stampato.

Torniamo al reparto di partenza. Sono nervoso, alzo la voce e faccio presente l’accaduto. Dicono che loro la visita l’hanno prenotata, la colpa è dell’altro reparto. Scaricabarile. Dicono che me la sto prendendo con le persone sbagliate. Chiedo di parlare col direttore generale o con qualcuno dei dirigenti. Non è possibile, mi dicono. Nemmeno prendono in considerazione la cosa.

Mi allontano per evitare di sfogare la mia rabbia sul posto e per il bene della persona che accompagno.

Mi fanno chiamare dopo mezz’ora: la dottoressa deve dire alla persona che ho accompagnato cosa la aspetta e vuole che io senta. Mi lascio convincere, ma sono stanco. E’ un mese che andiamo per esami e stamattina abbiamo toccato il fondo. Dicono che dovranno fare un intervento invasivo, peraltro già preso in considerazione sin dall’inizio. Solo che nel frattempo hanno voluto far fare altri accertamenti alla persona che è con me. Obietto che potevano farlo subito, questo esame. Dicono che prima volevano vedere i referti di un altro esame. Li avete, chiediamo? No. Non sono ancora pronti ma procediamo lo stesso con l’esame.

Mi sento preso in giro. Mando giù il boccone. Amaro come il fiele.

Si può sapere come è organizzato l’ospedale di Cremona? Si può sapere perché in qualsiasi reparto siamo stati abbiamo raccolto lamentele sulla carenza di personale, di attrezzature e di organizzazione?

La Regione, a parte fotterci con il nuovo ospedale, cosa fa? Come sceglie i manager, come segue l’organizzazione della sanità?

Poi si domandino, i politici, perché l’unico partito vincente è quello dell’astensionismo. Vedete, non servono grandi analisi: la realtà – che voi politici non vivete – è questa. Quella di tutti i giorni. Ma a voi non frega niente. A voi basta la poltrona, un taglio di nastro. A qualcuno qualcosa in più.

Dei cittadini ve ne fottete. Il meccanismo è sempre quello: regala qualcosa, ti vorranno bene. La stessa cosa che fecero i greci con il cavallo di Troia. Un inganno.

 

Federico Centenari

L'Editoriale

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