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“Se vuoi la pace, preparati alla guerra” dicevano i romani. Erano tempi in cui la parola guerra era sinonimo di annientamento; si poteva solo  vincere  o  soccombere. I romani avevano ben presente il concetto, così come i popoli  appena assoggettati lo avrebbero recepito presto:  ubi solitudinem faciunt, pacem appellant (dove fanno il deserto, lo chiamano pace) (Tacito, Agricola)

Erano guerre “inevitabili” perché non contemplavano soluzioni mediate. La storia è andata ripetendosi anche dopo e a lungo:  i tartari  furono  fermati in Ungheria nel XIII secolo, gli ottomani furono respinti a Vienna  nel 1683, così l’Europa continuò a esistere. 

Se la Storia insegna, dovremmo avere ben presente che sia l’Ungheria che Vienna hanno potuto salvare il continente grazie al soccorso degli eserciti di altri Paesi europei. L’Occidente, nell’accezione ampia del termine,  è nato allora ed è morto dopo la prima Grande Guerra .

Oggi come in passato, gli Stati sono riottosi ad unirsi, ma la situazione geopolitica è completamente diversa  e la guerra che si combatte da tre anni ai nostri confini appare come un patetico anacronismo: il ricorso alle armi non è l’ultima ratio, ma esprime il  predominio di un’economia  furiosa, ingorda e che si sta rivelando  inadeguata.

Dopo aver distrutto il marxismo, il capitalismo divora sé stesso (non ricordo chi l’ha detto) e questa guerra che abbiamo iniziato, ma che non riusciamo a terminare,  conferma la tendenza all’“autofagia”

È inutile invocare la cultura europea perché questa è stata distrutta dall’Europa stessa che si è scordata del patrimonio intellettuale liberale, cattolico e socialista  che ne hanno plasmato  la crescita straordinaria e unica. 

Analogamente  alla medicina preventiva – anche questa non c’è più, sia chiaro – la politica dovrebbe saper  individuare e affrontare i mali e i disagi della società, ma ciò non avviene più da tempo perché se non c’è cultura non c’è politica; quest’ultima – l’ho già detto e ripetuto in altri interventi – oggigiorno sopravvive a sé stessa limitandosi a parlare alla pancia e non alla testa della gente.

Stupidità e Potenza celebrano, ancora una volta, la loro unione, inconsapevoli delle conseguenze scellerate che ne derivano.

La situazione attuale ricorda quanto diceva Karl Kraus nell’introduzione  della sua opera più famosa (Gli ultimi giorni dell’umanità): “...in quegli anni irreali, inconcepibili, irraggiungibili da qualsiasi vigile intelletto e conservati  soltanto in un sogno cruento di quegli anni in cui personaggi da operetta recitarono la tragedia dell’umanità”. 

 

Giuseppe Pigoli

L'Editoriale

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