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Una volta c’erano i sindacati e la classe operaia, mitica per la propaganda marxista. C’erano i padroni. C’erano le tute blu e i colletti bianchi. C’erano la coscienza e la lotta di classe. C’erano le masse operaie, le mobilitazioni e gli slogan. C’erano il proletariato e la borghesia. C’erano gli ideali. C’erano la speranza di cambiamento e la solidarietà per non rimanere soli nelle rivendicazioni.

I sindacati ci sono ancora, ma nella nostra provincia è alto il rischio di confonderli con il loro ologramma o di identificarli con l’araba fenice. Seguono l’esempio del Messia: per un po’ mi vedrete e per un altro po’ non mi vedrete. Poi ci sono le eccezioni: la Uil con Centropadane Engineering srl (Cremonasera, 29 luglio) e l’Usb con la Prosus di Vescovato.  (Vittorianozanolli.it 21 novembre 2023)

Vittima della globalizzazione anche nel lessico, la classe operaia è stata soppiantata dalla working class, che ha respiro internazionale e una confezione deluxe.  

Nell’era del make up, della chirurgia plastica, delle fake news, le aziende non cercano un venditore, ma un salesperson.  Non una segretaria ma un personal assistant.  Non un contabile, ma un accountant.

«Quelli che da tre anni fanno un lavoro d’équipe convinti d’essere stati assunti da un’altra ditta oh yeh». Così Enzo Jannacci nel 1975. Cinquant’anni fa aveva già capito il gioco di prestigio

L‘inglese non migliora né lo stipendio, né la posizione nella scala sociale, che rimane ferma al punto di partenza.  Ai primi gradini. I più bassi. Per il declino dell’antagonismo di classe e per la diminuita forza sindacale i padroni sono più padroni di ieri e anche loro hanno subito un aggiustamento lessicale.  Sono datori di lavoro, imprenditori, azionisti di maggioranza o di riferimento, fondi d’investimento. In una logica di massimo profitto delegano la gestione della ditta a dirigenti neoliberisti e tecnocrati. Si avvalgono dell’aiuto di società di consulenza, note anche per le parcelle da sballo e spietate nel proporre licenziamenti senza guardare in faccia nessuno. Compito delegato a cinici George Clooney, tagliatore di teste aziendali in Tra le nuvole.

I lavoratori sono materiale umano da utilizzare per ottenere il massimo dalle loro potenzialità.   In provincia, se la società è di grandi o discrete dimensioni, il datore di lavoro suggerisce la linea alla politica.

I sindacati sono una controparte con la quale concertare.  Concertazione, parola magica. Evita scontri e accontenta tutti i presenti al negoziato, meno i lavoratori destinatari degli accordi concertati. La concertazione è l’aspirazione del Pd di Cremona. 

Se il conflitto sindacale coinvolge società partecipate da Comuni e Province, i toni della trattativa sono ovattati.  Niente heavy metal, ma Zecchino d’oro. Invece dei Black Sabbath, Cristina D’Avena. Finte scaramucce e miele. Probabilmente, pragmatici, i sindacati sono a geometria variabile: utilizzano due pesi e due misure nell’affrontare un’emergenza lavorativa. 

Pace sociale: vince il capitale. Lotta di classe: vincono le masse è una bestemmia. Messo all’indice, lo slogan usufruisce del diritto dell’oblio. Se per errore qualche incauto lo ricorda viene tacitato con un annoiato altri tempi e redarguito con un che cazzo dici?

Oggi le tute blu sono una rarità, reperti archeologici e i colletti bianchi pure.  Intruppati nell’era digitale e omologati, percorrono, con la bussola dell’algoritmo, la medesima strada, In due tappe raggiungeranno, in un futuro non lontano, la destinazione: prima device umani e poi soldatini subalterni all’intelligenza artificiale. 

Coscienza e lotta di classe sopravvivono in un manipolo di immarcescibili radicali tout court, che pochi ascoltano, sopportati per spirito caritatevole. 

Coscienza e lotta di classe godono di una botta di vita negli anniversari e nelle commemorazioni di date significative della storia sindacale. Ma il primo maggio difficilmente si vedono sfilare memorabili cortei.

Documentari, fotografie, film certificano il delirio di chi gridava: «È ora, è ora, potere a chi lavora». Questo fatidico momento non è mai arrivato. Il potere non s’è schiodato dal posto dove è sempre stato. I sindacati, che avevano esondato, sono rientrati nell’alveo. Con le pile scariche, traccheggiano.                  

Gli ideali si sono affievoliti, spazzati via dai miti del successo e della notorietà. Dei soldi: tanti maledetti e subito.  Pecunia non olet e i quattrini in nero neppure hanno colore. 

L’egoismo domina, la solidarietà di classe latita.  Resiste quella pubblicizzata negli spot delle associazioni umanitarie. Quella che invita a versare pochi euro al mese a favore dei meno fortunati. Quella che è un’autostrada per tacitare la coscienza, sentirsi buoni e in pace con Dio e con il mondo. Quella che consente di archiviare la pratica dei sensi di colpa in fretta e senza fatica. L’obolo mensile è indulgenza plenaria. Cancella le manchevolezze del passato e del presente. È alibi per il futuro: già dato. 

Poi c’è la solidarietà a costo zero contro i licenziamenti, le chiusure di stabilimenti, le delocalizzazioni.  Una firma sotto pistolotti fotocopia di precedenti documenti per situazioni analoghe e ci si ritrova, virtualmente, a fianco dei lavoratori davanti alla fabbrica

Studenti, operai uniti nella lotta. Gli studenti non lottano più e gli operai nemmeno. I sindacati preferiscono dedicarsi al potenziamento dei Caf per la compilazione dei 730 e il disbrigo delle pratiche burocratiche. Dalle manifestazioni in piazza, alla routine impiegatizia. Dal sindacalista in missione per conto del lavoratore, al sindacalista lavoratore per guadagnarsi pane e companatico. Non che sia disdicevole. Anzi. Ma tra i due approcci esiste una piccola grande differenza. 

Lotta di classe, potere alle masse, occorre cercarla nelle emeroteche e nelle biblioteche. La si può ascoltare nei racconti di reduci di un periodo di illusioni.  Testimonianze di un’utopia e del suo fallimento. Di storia scomparsa dalla memoria collettiva.  Puff, evaporata come una bolla di sapone. 

Il confine tra proletari e piccola borghesia, quella del ceto medio, è meno marcato.

 I primi sono rimasti tali anche con la laurea e l’accesso al mutuo per la casa. Fottuti da un miraggio hanno riposto i sogni nel cassetto e si leccano le ferite. Messe in cantina le velleità rivoluzionarie, non vanno a votare e hanno stracciato la tessera del sindacato. 

I secondi stanno in bilico sul gradino prima del precipizio, hanno perso in immagine e il loro stato sociale è stato ridimensionato. Se alcuni anni fa  il direttore di banca e il quadro aziendale rappresentavano un buon partito da sposare, oggi lo sono un po’ meno.  Incolpano i sindacati del disastro e aspirano a una riabilitazione. Ma qui si apre un altro capitolo. 

Una volta c’erano i sindacati e la classe operaia. Ora la working class e l’ologramma del sindacato. A Cremona Pd e Fratelli d’Italia tubano. I tempi cambiano, ma la risposta non è più nel vento. E non si sa dove sia. La confusione detta legge. E i lavoratori sono più soli.

 

Antonio Grassi

 

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