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Leggendo il comunicato stampa dell’ospedale di Cremona relativo alla riorganizzazione in corso balza all’occhio la scelta di incrementare il numero dei reparti di Oncologia: è infatti assai raro vedere un ospedale di provincia dotato addirittura di due reparti di Oncologia, specie dopo avere assistito ad un precedente fuggi fuggi generale da parte di precedenti primari oncologi e aspiranti tali. Buon segno quindi, ma sarà poi vero che due è meglio di uno?

La risposta a questa domanda sarà il tempo a fornirla, anche se, citando le dichiarazioni ufficiali dell’ospedale, visto che “la sanità lombarda ha subito riduzione di personale e di risorse” la scelta di due primari al posto di uno non sembra proprio  “rispondere alla necessità di fare di più con meno” perlomeno in termine di figure apicali e strutture di supporto. Visto poi che l’attuale Amministrazione ospedaliera sostiene che “accorpare, specializzare e snellire è diventato essenziale per mantenere attivi i servizi in attesa di una nuova struttura più efficiente”, ci si chiede se le attuali scelte siano del tutto coerenti con quanto affermato. Accorpare significa fare due reparti quando ce n’era uno? Snellire significa mandare le pazienti di Cremona a Casalmaggiore e quelle di Casalmaggiore a Cremona? Specializzare vuole dire che magari in Ortopedia (solo per fare un esempio paradossale) si farà un reparto per i femori rotti e uno per le contusioni?  E se mi rompo un braccio, io che faccio, vado a Manerbio?

Appare anche interessante l’affermazione che la “creazione di un’unica Breast Unit tra Cremona e Casalmaggiore supera il vecchio schema di doppia sede autonoma” visto che comunque le due strutture distano tra di loro parecchi chilometri e che, se è vero che la chirurgia senologica di prima diagnosi viene fatta a Cremona mentre la ricostruttiva/recidive sono seguite all’Oglio Po, le due sedi e le due funzioni rimangono inalterate e distinte.  E chi ha necessità di terapia medica e radioterapia dove sarà costretta ad andare?

Andrebbe poi rammentato che la pratica corretta della Medicina è cosa ben diversa rispetto alle procedure amministrative/organizzative (aspetti certamente indispensabili, ma che con Thomas Bayes non hanno nulla da spartire) e che la Medicina, almeno sino ad oggi, è cosa molto differente dalla scienza delle costruzioni.

Tornando alle dichiarazioni ufficiali, la scelta di due primariati, due reparti, due organizzazioni, due stipendi non sembra corrispondere a “una logica simile a quella del nuovo ospedale: un’unica struttura moderna e centralizzata con funzioni ben distinte, evitando sprechi e sovrapposizione”. Sembra di riascoltare una vecchia e magnifica canzone di Mina, (Parole Parole) dove la luna ed i grilli (ma questi sono gratis) fanno il paio con una struttura che costerà a tutti noi una paccata di soldi (mezzo miliardo secondo alcune ragionevoli stime – vedi Cremona Sera del 9 marzo 2024) e che adesso viene definita “modulo funzionale decentrato”. Ma non si trattava di “una struttura centralizzata”?

Nel confessare una certa inquietudine ed una grande difficoltà a comprendere tali concetti, forse  sarebbe il caso di decidersi: il nuovo ospedale sarà decentrato oppure sarà una struttura centralizzata?  Per ora, stando a quanto dichiarato, avremo una struttura bellissima che, dal punto di vista funzionale, sarà tutte e due le cose: un po’ centro di riferimento e un po’ centro di smistamento.

Anche sforzandoci, pare difficile comprendere perché un privato, quando deve fare un grande investimento, verifica il contesto, esamina e analizza la situazione, le necessità, le richieste del mercato, ne prevede gli sviluppi, valuta il rapporto costo/beneficio, considera eventi favorevoli e sfavorevoli. In Sanità pubblica invece sembra di essere nel mondo delle fiabe, dove tutto ha un senso, anche Cenerentola e i tre porcellini. Comunque nessuna paura, il privato se sbaglia ne subisce le conseguenze, qui invece la programmazione e la verifica dei risultati sembrano aspetti del tutto secondari, tanto paga Pantalone, non i responsabili di scelte sbagliate.

Avremo quindi un ospedale centralizzato ma anche delocalizzato, accorpato ma anche separato nelle sue funzioni, di accesso facilitato ma anche a più di un’ora di strada dalla residenza del paziente. Tutto bene? Pare di sì, vista l’assoluta indifferenza della maggior parte di quelli che inevitabilmente ne avranno bisogno.

 

Pietro Cavalli

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