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Ore 12.26. Alle spalle dell’equipaggio olandese, il quattro di coppia maschile italiano conquista l’argento. Siamo davanti alla tv . Giacomo Gentili è capovoga; Andrea Panizza, Luca Rambaldi e Luca Chiumento completano l’armo. Anche a Tokyo Gentili era capovoga, ma quella si è rivelata una disavventura e una delusione enorme tanto che il campione cremonese subito dopo la gara che aveva visto la barca azzurra classificarsi al quinto posto, non sembrava  lui. ”L’ho conosciuto quando frequentava la terza media alla scuola Vida – racconta la professoressa Margherita Rodope – e Giacomo era già appassionatissimo di canottaggio, che praticava alla Bissolati con quel “mago” di Gigi Arrigoni,  forse non ancora del tutto consapevole del suo potenziale. Era un ragazzino alto e sottile, vivacissimo e pronto ad applicarsi con impegno in ogni proposta motoria. Gli piaceva soprattutto giocare a pallacanestro. Sembrava che non avesse un futuro come studente perchè l’esuberanza gli toglieva quella capacità di attenzione e concentrazione che gli insegnanti richiedevano nelle materie che si svolgono in classe. Una storia purtroppo fin troppo conosciuta. Lo sport è spesso visto come tempo sottratto allo studio. Ora, invece, Giacomo ha la responsabilità di essere capovoga di una barca: non può mancare la capacità di concentrarsi e tirare fuori le unghie e il carattere”.

Le barche sono fortissime, ma le più temibili sono l’Olanda e la Polonia. Si sa fin dall’inizio. Parte bene l’Italia. Ai 500 metri è seconda dietro l’Olanda e davanti alla Polonia. Ma la realtà è  che tutte le barche sono lì, distanziate di pochissimo. E’ un’emozione vedere questo ragazzo cremonese impegnato in un’impresa grandissima. Anche ai 1000 metri l’Olanda è in testa seguita dall’Italia, ma il timore è rappresentato dalle enormi risorse su cui può contare la barca che insegue da vicino. E’ necessario aumentare il ritmo. La Polonia passa seconda ai 1500 metri e la battaglia è serratissima. Finalmente la zampata vincente, il carattere dei nostri portacolori viene fuori,  quando mancano solo 100 metri al traguardo, ed è il cambio di ritmo decisivo per salire sul podio. Dopo 16 anni da Pechino 2008 ritorna al collo dei canottieri italiani la medaglia d’argento. Allora c’era un altro cremonese, Simone Raineri. ”Avevo conosciuto anche lui, ma non così bene – ricorda Rodope -. Era ai regionali di Atletica come campione provinciale degli 80 metri con ostacoli e, sapendo che era promettente come canottiere, alla domanda su quale dei due sport avrebbe scelto, non aveva avuto esitazioni: il canottaggio”.

”Grande Giacomo! Quando lo incontro è ancora quel ragazzino simpatico – conclude la sua ex professoressa -. Sa che con l’insegnante di Educazione Fisica il rapporto è diverso e resta un’affinità che unisce. Bravi anche i compagni di barca, Panizza , Rambaldi e Chiumento. Onore al coraggio e alla voglia di riscatto che tutti hanno dimostrato per cancellare la precedente esperienza sfortunata. Con una dedica speciale al compagno Filippo Mondelli. che non c’è più”.

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